Comitato nazionale di Bioetica:«Bisogna chiudere i centri»

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“Il richiamo arriva, questa volta, dal Comitato nazionale di Bioetica, che ha appena presentato un dossier sulle condizioni psico-fisiche dei migranti reclusi.
Chiudere i centri di identificazione ed espulsione. O quanto meno ridurli a misura eccezionale, con prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale. Questa la raccomandazione contenuta nel rapporto La salute dentro le mura, presentato nei giorni scorsi dal Comitato nazionale di bioetica. Un documento che dedica ampio spazio al problema della salute dei migranti nelle carceri e nei Cie.

Non è la prima volta che il Comitato si occupa delle carceri: già nel 2010 aveva pubblicato un documento in cui analizzava il fenomeno dei suicidi in carcere e gli episodi di autolesionismo.

Nei Cie, si legge nel documento, «il diritto alla salute degli internati è soggetto a tali limitazioni da rendere dubbio l’uso del termine stesso di diritto». In primo luogo perché i centri di detenzione per i migranti sono collocati in «contenitori impropri» e che presentano forti carenze dal punto di vista igienico. Il Comitato, inoltre, stigmatizza il fatto che l’assistenza sanitaria non sia a carico del Sistema sanitario nazionale «bensì è fornita dall’ente gestore del Centro. Nella generalità dei casi si tratta di un’assistenza elementare, tarata sulla precedente normativa che permetteva il trattenimento non oltre i trenta giorni».

«Non c’è nessun controllo pubblico sui servizi che vengono forniti all’interno dei centri. Di fatto tutto viene un po’ affidato all’improvvisazione – sottolinea Gloria Zuffa, psicologa e psicoterapeuta, coordinatrice del gruppo di lavoro del Comitato nazionale di bioetica. -. Ora i migranti stanno nei centri fino a 18 mesi: il problema è molto serio soprattutto per chi soffre di patologie croniche o che si possono aggravare». Per questo motivo il Comitato chiede (in subordine rispetto alla chiusura dei Cie) la stipula di convenzioni con il SSN che garantisca quanto meno cure mediche adeguate: «Durante le audizioni ci sono stati presentati casi molto gravi – sottolinea Zuffa – in cui la possibilità di curarsi era affidata alla buona volontà degli enti gestori».

«La richiesta di chiusura dei Cie risponde a quello che prevede la direttiva dell’Unione Europea: queste dovrebbero essere strutture residuali, ma in realtà sono diventati la norma nella gestione delle politiche migratorie – sottolinea Gloria Zuffa -. Sono strutture detentive in cui, paradossalmente, mancano le norme di garanzia che ci sono nelle carceri. E per chi viene rinchiuso non ci sono garanzie di poter esercitare i propri diritti»

Altro elemento che viene stigmatizzato dal documento del Comitato nazionale di bioetica è la mancata identificazione dei migranti che vengono trasferiti nei Cie dopo aver scontato la pena in carcere. «È molto grave che l’identificazione non avvenga durante la detenzione. Ed è ingiusto che, oltre alla detenzione, si sconti un surplus di pena nei Cie – conclude Gloria Zuffa – Ci sarebbe tutto il tempo per svolgere questi accertamenti».(fonte:Ilaria Sesana-www.corriereimmigrazione.it)

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