Sentenza Corte Europea dei diritti (sentenza Mannai)

Provvedimento del 27/03/2012 Seconda Sezione
Caso: MANNAI contro ITALIA.
Numero del Ricorso: 9961/10
Presidente: Françoise Tulkens.
Caso di Rilievo
Sentenza
Riferimento al file originario – 301rc2010 Mannai c. Italia.doc

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), costituita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 6 marzo 2012,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. All’origine della causa vi è un ricorso (no 9961/10) proposto contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino tunisino, sig. Mohamed Ben Mohamed Mannai (“il ricorrente”), ha adito la Corte il 18 febbraio 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il ricorrente è rappresentato dall’avvocato G. de Carlo, del foro di Milano. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, sig.ra E. Spatafora.
3. Il ricorrente sostiene che la sua espulsione verso la Tunisia lo ha esposto al rischio di tortura e ha violato il diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Ritiene anche che l’esecuzione della decisione di espulsione abbia violato il suo diritto di ricorso individuale.
4. Il 22 giugno 2010 il ricorso è stato comunicato al Governo. Come consentito dall’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente su ricevibilità e merito della causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
5. Il ricorrente è nato nel 1978 e attualmente risiede in Tunisia.
1. La procedura penale a carico del ricorrente e la decisione di espulsione
6. Nel maggio 2005, le autorità italiane emisero un mandato di arresto a carico del ricorrente, sospettato di appartenere ad una associazione per delinquere legata a gruppi fondamentalisti islamici.
7. Il 20 maggio 2005 il ricorrente fu arrestato in Austria e, il 20 luglio 2005, fu estradato verso l’Italia.
8. Con sentenza del 5 ottobre 2006, il giudice dell’udienza preliminare di Milano ritenne il ricorrente colpevole e lo condannò alla pena di cinque anni e quattro mesi di reclusione. La sentenza disponeva che il ricorrente, una volta scontata la pena, sarebbe stato espulso dal territorio italiano conformemente all’articolo 235 del codice penale.
9. La condanna del ricorrente passò in giudicato il 28 settembre 2008. Il sig. Mannai fu rinchiuso nel carcere di Benevento.
10. Il 19 febbraio 2010, su richiesta del ricorrente e in applicazione dell’articolo 39 del regolamento della Corte, il presidente della seconda sezione decise di indicare al governo italiano che nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura innanzi alla Corte, era auspicabile non espellere il ricorrente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. L’attenzione del Governo fu richiamata sul fatto che, quando uno Stato contraente non si conforma ad una misura indicata ai sensi dell’articolo 39 del regolamento, ciò può comportare una violazione dell’articolo 34 della Convenzione (vedere Mamatkulov e Askarov c. Turchia [GC], nn. 46827/99 e 46951/99, §§ 128-129 e punto 5 del dispositivo, CEDH 2005-I).
11. Avendo beneficiato di un condono, il ricorrente finì di scontare la sua pena il 20 febbraio 2010.
Lo stesso giorno, il prefetto di Benevento adottò un decreto di espulsione nei suoi confronti. Il ricorrente fu immediatamente condotto in un centro di detenzione temporanea di Roma in vista dell’esecuzione della sua espulsione.
12. Il 24 febbraio 2010 il giudice di pace di Roma autorizzò l’espulsione del ricorrente verso l’Austria, paese in cui risiedeva prima di essere estradato in Italia. Tuttavia, il 5 marzo 2010, le autorità austriache rifiutarono di accogliere il ricorrente sostenendo che quest’ultimo non aveva alcun legame con l’Austria. Questo rifiuto fu in seguito reiterato il 26 aprile 2010.
13. Con decisione dell’8 aprile 2010, il giudice di pace di Roma precisò che la sua decisione del 24 febbraio 2010, che autorizzava l’espulsione del ricorrente, era valida anche in caso di espulsione verso la Tunisia.
14. Il 23 aprile 2010 il ricorrente adì il giudice di pace di Benevento, deducendo l’illegittimità del decreto di espulsione e chiedendo la sospensione della sua esecuzione.
15. L’espulsione del ricorrente verso la Tunisia fu eseguita il 1° maggio 2010.
Lo stesso giorno, l’avvocato del ricorrente informò la Corte che il suo cliente era stato espulso.
16. Il 3 maggio 2010, il cancelliere della seconda sezione ha inviato alla rappresentanza permanente dell’Italia a Strasburgo la seguente lettera:
«In riferimento alla precedente lettera riguardante il ricorso citato in oggetto, vi informo che la Corte ha appreso che il ricorrente è stato espulso verso la Tunisia. L’avvocato De Carlo, rappresentante del ricorrente, ha dichiarato in un messaggio pervenuto via fax alla cancelleria il 1° maggio 2010 che il suo cliente era stato espulso verso la Tunisia alle ore 9:20 dello stesso giorno.
Con lettera del 19 febbraio 2010 (qui allegata), il vostro Governo era stato informato che il presidente della seconda sezione della Corte aveva deciso di indicare, in applicazione dell’articolo 39 del regolamento della Corte, che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura innanzi alla Corte, non espellere il ricorrente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. Questa misura provvisoria non è mai stata revocata. Il presidente, informato delle nuove circostanze, ha confermato che tale indicazione era sempre in vigore. Di conseguenza, invito il vostro Governo a comunicare alla cancelleria nel più breve tempo possibile ogni informazione utile sulla sorte del ricorrente.
Richiamo la vostra attenzione, da una parte, sulla sentenza Saadi c. Italia del 28 febbraio 2008 nella quale, in una causa simile, la Grande Camera aveva deciso che, nell’eventualità fosse stata data esecuzione alla decisione di espellere il ricorrente verso la Tunisia, vi sarebbe stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione e, dall’altra parte, sui precedenti creati dall’espulsione verso la Tunisia dei sigg. Ben Khemais (no 246/07) e Trabelsi (no 50163/08) ».
17. Il 14 maggio 2010, il Governo italiano inviò alla Corte la sua risposta con la quale dichiarava che il ricorrente era stato espulso in quanto rappresentava una minaccia per la sicurezza dello Stato. Inoltre, le decisioni del 24 febbraio e dell’8 aprile 2010, con le quali il giudice di pace di Roma aveva convalidato il decreto di espulsione del ricorrente, “erano state prese in seguito all’applicazione dell’articolo 39 del regolamento della Corte e in piena cognizione di causa della misura provvisoria indicata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
18. Nel frattempo, con un decreto del 3 maggio 2010, il giudice di pace di Benevento respinse il ricorso del ricorrente. Il 18 maggio 2010 il rappresentante di quest’ultimo introdusse un ricorso per cassazione. Dalle ultime informazioni pervenute alla Corte risulta che il procedimento era ancora pendente innanzi all’alta giurisdizione.
2. Le informazioni riguardanti la situazione del ricorrente dopo la sua espulsione
19. Il ricorrente afferma di essere stato arrestato subito dopo il suo arrivo a Tunisi, il 1° maggio 2010, e di essere stato detenuto nei locali del Ministero dell’Interno per dieci giorni. Durante la sua detenzione sarebbe stato torturato dalla polizia. Il ricorrente sostiene di esser oggetto di continue minacce da parte dei servizi di sicurezza tunisini.
20. Secondo il Governo, il ricorrente non è mai stato detenuto a Tunisi ed è sempre stato libero di muoversi.
II. TESTI E DOCUMENTI INTERNAZIONALI
21. I principali documenti internazionali che riguardano la situazione in Tunisia all’epoca dei fatti del caso di specie, sono riportati nelle cause Saadi c. Italia (prima citata, §§ 65-93) e Toumi c. Italia (no 25716/09, §§ 27-29, 5 aprile 2011).
22. La Corte ha esaminato la situazione in Tunisia dopo il recente cambiamento di regime nella sentenza Al Hanchi c. Bosnia-Erzegovina (no 48205/09, §§ 26-28, 15 novembre 2011).
IN DIRITTO
I. SULLA ADDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
23. Il ricorrente sostiene che la sua espulsione verso la Tunisia lo ha esposto al rischio di essere torturato. Invoca l’articolo 3 della Convenzione.
Questa disposizione recita:
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.»
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sulla ricevibilità
1. L’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo
25. Il Governo eccepisce innanzitutto il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne in quanto il ricorso opposto dal rappresentate del ricorrente avverso il decreto del giudice di pace di Benevento è tuttora pendente innanzi alla Corte di cassazione.
26. Il ricorrente vi si oppone e fa valere il carattere non effettivo del ricorso in opposizione avverso il decreto di espulsione.
27. La Corte ricorda che, secondo la regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, un ricorrente deve avvalersi dei ricorsi normalmente disponibili e sufficienti nell’ordinamento giuridico interno per permettere di ottenere la riparazione delle violazioni allegate. Nulla impone di usare ricorsi che non sono né adeguati né effettivi (vedere, tra altre Akdivar e altri c. Turchia, sentenza del 16 settembre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV, p. 1210, § 67; Andronicou e Constantinou c. Cipro, sentenza del 9 ottobre 1997, Recueil 1997-VI, pp. 2094-2095, § 159). Inoltre, in materia di espulsione, la nozione di ricorso effettivo richiede la possibilità di sospendere l’esecuzione della misura controversa quando esistono validi motivi per temere un rischio reale di trattamenti contrari all’articolo 3 (vedere, tra altre, M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], no 30696/09, §§ 387 e 388, 21 gennaio 2011).
28. Nel caso di specie la Corte si limita a constatare che il ricorrente è stato espulso mentre la procedura di opposizione instaurata avverso il decreto di espulsione era ancora pendente innanzi al giudice di pace di Benevento. La Corte fatica a comprendere come la via di ricorso imboccata dal ricorrente, mancando di effetto sospensivo, possa essere considerata una via di ricorso effettiva ai sensi della Convenzione.
29. Ne consegue che il ricorrente non era tenuto ad attendere l’esito del ricorso per cassazione prima di adire la Corte. Pertanto, l’eccezione preliminare del Governo non può essere presa in considerazione.
2. Altri motivi di irricevibilità
30. La Corte constata che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 paragrafo 3 della Convenzione e che non incorre in altri motivi di irricevibilità. È dunque opportuno dichiararlo ricevibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
31. Il ricorrente afferma di essere stato detenuto dieci giorni nei locali del Ministero dell’Interno tunisino in condizioni inumane. Le sue affermazioni sarebbero peraltro corroborate dalle inchieste condotte da Amnesty International e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America che dimostrerebbero che in Tunisia è praticata la tortura.
Il ricorrente sostiene che la tesi del Governo secondo la quale la situazione dei diritti dell’uomo in Tunisia è migliorata non si basa su alcun elemento oggettivo. E’ prassi delle autorità tunisine minacciare e maltrattare i prigionieri, i loro famigliari e i loro avvocati. I familiari dei detenuti temono di essere accusati di non voler cooperare e di subire ritorsioni. Il fatto che la Tunisia non voglia autorizzare le visite dell’avvocato italiano del ricorrente dimostrerebbe che desidera evitare la presenza di una persona indipendente che non potrebbe intimidire.
Infine, come la Corte ha rilevato nella causa Saadi prima citata, la Croce Rossa non può divulgare ciò che constata nel corso delle sue visite nelle carceri.
32. Il Governo sottolinea che le asserzioni relative al rischio di essere esposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti devono essere sostenute da adeguati elementi di prova, e ritiene che nel caso di specie ciò non sia stato fatto. Inoltre, la valutazione di un tale rischio deve essere effettuata sulla base di fatti seri e accertati riguardanti la situazione personale del ricorrente e non alla luce della situazione generale esistente in un paese.
33. Il Governo sostiene peraltro che la situazione dei diritti dell’uomo in Tunisia è migliorata e non corrisponde a quella descritta nei rapporti internazionali ai quali la Corte ha fatto riferimento nella causa Saadi prima citata e in altre cause simili. Esso nota che la Tunisia ha ratificato numerosi strumenti internazionali in materia di protezione dei diritti dell’uomo, compreso un accordo di collaborazione con l’Unione europea, organizzazione internazionale che, secondo la giurisprudenza della Corte, si presume offra una protezione dei diritti fondamentali “equivalente” a quella assicurata dalla Convenzione. Le autorità tunisine permetterebbero peraltro alla Croce Rossa Internazionale e ad “altri organismi internazionali” di visitare le carceri, le unità di detenzione temporanea e i locali adibiti ai fermi di polizia. Secondo il parere del Governo, si può presumere che la Tunisia non si sottrarrà agli obblighi che le incombono in virtù dei trattati internazionali.
34. Quanto alla situazione personale del ricorrente, il Governo ribadisce che quest’ultimo, dopo la sua espulsione, non è stato privato della sua libertà, né è stato sottoposto a trattamenti contrari alla Convenzione. Afferma che queste informazioni non dovrebbero essere ignorate dalla Corte e dovrebbero essere tenute debitamente in conto nell’esame della causa.
2. Valutazione della Corte
35. I principi generali relativi alla responsabilità degli Stati contraenti in caso di espulsione, agli elementi da tenere in considerazione per valutare il rischio di esposizione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione e alla nozione di “tortura” e di “trattamenti inumani e degradanti” sono riassunti nella sentenza Saadi (prima citata, §§ 124-136), nella quale la Corte ha anche riaffermato l’impossibilità di valutare il rischio di maltrattamenti e i motivi invocati per l’espulsione al fine di stabilire se è coinvolta la responsabilità di uno Stato sotto il profilo dell’articolo 3 (§§ 137-141).
36. Per quanto riguarda il momento da prendere in considerazione per valutare il rischio di maltrattamenti, la Corte ricorda che è necessario fare riferimento in primo luogo alle circostanze di cui lo Stato in causa aveva o doveva aver conoscenza al momento dell’espulsione (Saadi, prima citata, § 133). Nel caso di specie, la Corte deve quindi verificare se il ricorrente sia stato esposto al rischio di subire maltrattamenti alla luce della situazione esistente in Tunisia all’epoca della sua espulsione, ossia alla data del 1° maggio 2010, a prescindere dal cambiamento di regime successivamente intervenuto in questo paese (vedere paragrafo 22 supra).
37. La Corte ricorda le conclusioni alle quali è pervenuta nella causa Saadi prima citata (§§ 143-146) in merito alla situazione in Tunisia all’epoca dei fatti, che erano le seguenti:
– i testi internazionali pertinenti riguardanti il periodo in questione documentavano numerosi e regolari casi di tortura e maltrattamenti inflitti in Tunisia a persone sospettate o riconosciute colpevoli di atti di terrorismo;
– questi testi descrivevano una situazione preoccupante;
– le visite del Comitato internazionale della Croce Rossa nei luoghi di detenzione tunisini non potevano eliminare il rischio che queste persone fossero sottoposte a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione.
Queste constatazioni sono peraltro confermate dal rapporto 2008 di Amnesty International relativo alla Tunisia e dalla dichiarazione del Relatore speciale delle Nazioni Unite del 26 gennaio 2010 (vedere Toumi c. Italia, prima citata, §§ 27-29).
38. La Corte non vede nel caso di specie alcuna ragione per ritornare su queste conclusioni circa l’esistenza di un rischio per il ricorrente di essere sottoposto a trattamenti contrari alla Convenzione. Al riguardo la Corte ricorda che il ricorrente è stato perseguito e condannato in Italia per partecipazione al terrorismo internazionale.
39. In queste condizioni, la Corte ritiene che, nel caso di specie, fatti seri e accertati giustifichino la conclusione secondo cui esiste il rischio reale che il ricorrente subisca trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione a seguito della sua espulsione in Tunisia.
40. Per quanto riguarda gli argomenti del Governo in merito alla situazione del ricorrente in Tunisia, è opportuno ricordare che per controllare l’esistenza di un rischio di maltrattamenti, è necessario in primo luogo fare riferimento alle circostanze di cui lo Stato in causa aveva o doveva aver conoscenza al momento dell’espulsione (vedere paragrafo 36 supra) benché ciò non impedisca alla Corte di tener conto di informazioni successive che possono essere utili per confermare o invalidare il modo in cui la Parte contraente interessata ha giudicato la fondatezza dei timori di un ricorrente (Mamatkulov e Askarov, prima citata, § 69; Trabelsi c. Italia, no 50163/08, § 49, 13 aprile 2010).
41. Innanzitutto la Corte rileva che le versioni delle parti sono divergenti per quanto riguarda gli avvenimenti successivi all’espulsione del ricorrente. Ad ogni modo, tenuto conto di tutti gli elementi in suo possesso, la Corte ritiene che le informazioni fornite dal Governo non sono in grado di rassicurarla sul modo in cui l’Italia ha giudicato la fondatezza dei timori del ricorrente al momento dell’espulsione (vedere, mutatis mutandis, Toumi, prima citata, § 58).
42. Pertanto, l’esecuzione dell’espulsione del ricorrente verso la Tunisia ha violato l’articolo 3 della convenzione.
II. SULLA ADDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 34 DELLA CONVENZIONE
43. Il ricorrente denuncia il mancato rispetto da parte del Governo italiano della misura provvisoria indicata in virtù dell’articolo 39 del regolamento della Corte dal presidente della seconda sezione.
44. Il Governo ritiene di non essere venuto meno ai suoi obblighi.
45. La Corte ritiene che questo motivo di ricorso si presti ad essere esaminato sotto il profilo dell’articolo 34 della Convenzione, che recita:
« La Corte può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga di essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto»
A. Sulla ricevibilità
46. La Corte constata che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incorre in nessun altro motivo di irricevibilità. E’ dunque opportuno dichiararlo ricevibile.
B. Sul merito
47. Il ricorrente afferma che la sua espulsione ha ostacolato l’esercizio del suo diritto ad un ricorso individuale come garantito dall’articolo 34 della Convenzione.
48. Il Governo ritiene che il mancato rispetto della misura provvisoria indicata dalla Corte non abbia ostacolato l’esercizio del diritto ad un ricorso individuale del ricorrente tenuto conto delle circostanze del caso di specie. Il Governo sostiene che l’interessato è sempre stato libero di muoversi e ha potuto mantenere i contatti con il suo legale.
Valutazione della Corte
49. La Corte ricorda che l’articolo 39 del regolamento abilita le camere o, eventualmente, il loro presidente ad indicare misure provvisorie. Tali misure sono state indicate solo quando ciò era strettamente necessario e in limitati ambiti, in linea di principio in presenza di un rischio imminente di danno irreparabile. Nella maggior parte dei casi, si trattava di cause relative a espulsioni ed estradizioni. I casi in cui gli Stati non si sono conformati alle misure indicate sono rari (Mamatkulov e Askarov c. Turchia [GC], nn. 46827/99 e 46951/99, §§ 103-105, CEDU 2005-I).
50. Nelle cause come la presente, dove il ricorrente allega in maniera plausibile l’esistenza di un rischio di danno irreparabile al godimento di uno dei diritti che fanno parte dei diritti fondamentali tutelati dalla Convenzione, una misura provvisoria ha lo scopo di mantenere lo statu quo nell’attesa che la Corte si pronunci sulla giustificazione della misura stessa. Dal momento che la misura provvisoria ha lo scopo di prolungare l’esistenza della questione oggetto del ricorso, essa riguarda il merito del motivo di ricorso basato sulla Convenzione. Con il suo ricorso, il ricorrente cerca di proteggere da un danno irreparabile il diritto sancito dalla Convenzione da lui invocato. Di conseguenza, il ricorrente domanda una misura provvisoria e la Corte la concede al fine di facilitare “l’esercizio efficace” del diritto di ricorso individuale garantito dall’articolo 34 della Convenzione, ossia di preservare l’oggetto del ricorso quando ritiene che vi sia il rischio che quest’ultimo subisca un danno irreparabile a causa di un’azione o di una omissione dello Stato convenuto (Mamatkulov e Askarov, prima citata, § 108).
51. Nell’ambito del contenzioso internazionale, le misure provvisorie hanno lo scopo di preservare i diritti delle parti, permettendo alla giurisdizione di dare effetto alle conseguenze della responsabilità derivata dal procedimento in contraddittorio. In particolare, nel sistema della Convenzione, le misure provvisorie, così come sono state costantemente applicate nella pratica, risultano essere di fondamentale importanza per evitare situazioni irreversibili che impedirebbero alla Corte di eseguire in buone condizioni un esame del ricorso e, eventualmente, per assicurare al ricorrente la possibilità di fruire praticamente ed effettivamente del diritto tutelato dalla Convenzione da lui invocato. Pertanto, in queste condizioni, il fatto che uno Stato convenuto non osservi le misure provvisorie mette in pericolo l’efficacia del diritto di ricorso individuale, come garantito dall’articolo 34, nonché l’impegno formale dello Stato, in virtù dell’articolo 1, di salvaguardare i diritti e le libertà sanciti dalla Convenzione. Tali misure permettono anche allo Stato interessato di adempiere al suo obbligo di conformarsi alla sentenza definitiva della Corte, la quale è giuridicamente vincolante in virtù dell’articolo 46 della Convenzione (Mamatkulov e Askarov, prima citata, §§ 113 e 125). Ne consegue che l’inosservanza di misure provvisorie da parte di uno Stato contraente deve essere considerata come un fatto che impedisce alla Corte di esaminare efficacemente il motivo di ricorso del ricorrente e ostacola l’esercizio efficace del suo diritto e pertanto come una violazione dell’articolo 34 (Mamatkulov e Askarov, prima citata, § 128).
52. Nel caso specifico, poiché l’Italia ha espulso il ricorrente verso la Tunisia, il livello di protezione dei diritti enunciati all’articolo 3 della Convenzione che la Corte poteva garantire all’interessato è stato ridotto in modo irreversibile. Essa ha quantomeno privato di qualsiasi utilità l’eventuale constatazione di violazione della Convenzione in quanto il ricorrente è stato allontanato verso un paese che non è parte a tale strumento, dove sosteneva che avrebbe corso il rischio di essere sottoposto a trattamenti contrari alla Convenzione.
53. Inoltre, l’efficacia dell’esercizio del diritto di ricorso implica anche che la Corte possa, nel corso del procedimento instaurato innanzi ad essa, continuare ad esaminare il ricorso secondo la sua consueta procedura.
54. Nella fattispecie, la Corte nota che il ricorrente è attualmente libero di muoversi ed ha potuto mantenere i contatti con il suo avvocato. Tuttavia, il fatto che l’interessato sia giunto a proseguire la procedura non impedisce che si ponga un problema dal punto di vista dell’articolo 34: dal momento che è più difficile per il ricorrente esercitare il suo diritto di ricorso a causa delle azioni del Governo, l’esercizio dei diritti garantiti da questo articolo è ostacolato (Chtoukatourov c. Russia, no 44009/05, § 147, 27 marzo 2008).
55. Inoltre, la Corte osserva che il Governo convenuto, prima di espellere il ricorrente, non ha chiesto la revoca della misura provvisoria adottata ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte, che sapeva essere sempre in vigore.
56. I fatti della causa, così come sopra esposti, mostrano che la sentenza della Corte rischia di essere privata di ogni effetto utile. In particolare, il fatto che il ricorrente sia stato sottratto alla giurisdizione dell’Italia costituisce un serio ostacolo che potrebbe impedire al Governo di adempiere ai suoi obblighi (derivanti dagli articoli 1 e 46 della Convenzione) di salvaguardare i diritti dell’interessato e di eliminare le conseguenze delle violazioni constatate dalla Corte. Questa situazione ha costituito un ostacolo all’effettivo esercizio da parte del ricorrente del suo diritto di ricorso individuale garantito dall’articolo 34 della Convenzione.
57. Tenuto conto degli elementi in suo possesso, la Corte conclude che non conformandosi alla misura provvisoria indicata in virtù dell’articolo 39 del suo regolamento, l’Italia non ha rispettato gli obblighi che a lei incombevano nella fattispecie riguardo l’articolo 34 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
58. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. »
A. Danno
59. Il ricorrente domanda 50.000 EURO per il danno morale che ritiene di aver subito.
60. Il Governo ritiene questo importo eccessivo.
61. La Corte ritiene che il ricorrente abbia subito un torto morale certo a causa della esecuzione della decisione di espulsione. Decidendo secondo equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, gli concede 15.000 EURO a questo titolo.
B. Spese
62. Producendo i documenti giustificativi, il ricorrente domanda anche 4.501,62 EURO per le spese legali affrontate dinanzi ai giudici italiani e 12.429,28 EURO per quelle affrontate dinanzi alla Corte.
63. Il Governo vi si oppone.
64. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri summenzionati, la Corte giudica ragionevole la somma complessiva di 6.500 EURO
C. Interessi moratori
65. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ
1. Dichiara il ricorso ricevibile;
2. Dichiara che l’esecuzione della decisione di espellere il ricorrente verso la Tunisia ha violato l’articolo 3 della Convenzione;
3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 34 della Convenzione;
4. Dichiara
a) che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i) 15.000 EURO (quindicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii) 6.500 EURO (seimilacinquecento euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dal ricorrente per spese;
b) che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso pari a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuali;
5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione nel resto.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 27 marzo 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Cancelliere aggiunto Presidente

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