Petizione Cie

A Ministro dell’Interno
Abolizione dei Cie in quattro mosse

Luigi Manconi
Lanciata da
Luigi Manconi
Italy

I Centri di identificazione ed espulsione (Cie), istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, sono strutture di trattenimento per gli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all’espulsione.

In Italia i Cie sono 11 di cui solo 5 sono attualmente in funzione (Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani).

I tempi di permanenza inizialmente di 30 giorni prorogabili di altri 30, sono diventati, negli ultimi anni, prima di 6 e poi di 18 mesi.

Nel 2013 sono stati 6.016 (5.431 uomini e 585 donne) i migranti trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. E in quello stesso anno, sul totale dei trattenuti, ne sono stati rimpatriati solo il 45,7 %. Questa percentuale rappresenta appena lo 0,9 % degli immigrati irregolari stimati nel nostro paese. Attualmente sono ristrette in questi centri circa 460 persone a fronte di costi molto alti per il mantenimento in funzione delle strutture. E in esse gli standard essenziali di tutela dei diritti fondamentali della persona sono costantemente violati.

Ciò ha indotto la Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato a visitare i Cie, ricavandone un giudizio estremamente severo sulle condizioni di vita dei trattenuti e ottenendo la chiusura temporanea di quello di Gradisca (Gorizia); e ha determinato il consiglio comunale di Torino ad approvare, lo scorso 18 febbraio, una mozione in cui si “impegna il sindaco e la giunta comunale a chiedere ufficialmente al Governo di chiudere nel più breve tempo possibile” il centro di identificazione e di espulsione della città.

In estrema sintesi, il Cie è un carcere che non è un carcere, un orribile non luogo, immerso nel non tempo: una sorta di oscena e feroce matrioska, dove una gabbia contiene un’altra gabbia al cui interno si trova una successione di gabbie, cancelli, serrature.

Il risultato è uno solo: si tratta di “strutture sempre più inutili e afflittive” (Medu, Rapporto 2014).

Considerato tutto ciò

Chiediamo che, come previsto da una norma del “Decreto Cancellieri”, sia resa effettiva e realizzabile in tempi rapidi, l’identificazione in carcere dei detenuti stranieri passibili di espulsione affinché, una volta usciti, sia risparmiato loro l’ingresso nei Cie per una “pena accessoria”, non prevista e non inflitta da alcun tribunale. Con l’ordinamento vigente si deve almeno ottenere che, in caso di espulsioni, queste si attuino direttamente dal carcere. Modificando poi il Testo unico sull’immigrazione, si deve prevedere che, qualora non sia stato possibile effettuare l’identificazione in carcere, lo straniero, avendo interamente saldato il proprio debito con la giustizia italiana, venga rimesso in libertà.

Inoltre, accade spesso che al momento del loro ingresso in carcere gli stranieri siano in possesso di un permesso di soggiorno o un passaporto valido, documenti, tuttavia, che scadono durante la detenzione, per l’impossibilità pratica di rinnovarli. Chiediamo che venga resa effettiva la possibilità del rinnovo del titolo di soggiorno anche in carcere.

Chiediamo di aumentare il periodo di validità del permesso di soggiorno per attesa occupazione, da uno a due anni, vista l’attuale difficoltà a conservare il titolo per ragioni di lavoro. Ciò permetterebbe di allungare il periodo della presenza regolare, evitando che una volta scaduto ogni termine utile al rinnovo, la persona venga reclusa nel Cie.

Chiediamo che il richiedente asilo che ha presentato domanda all’interno del Cie, possa attendere fuori dal centro la risposta da parte della Commissione Territoriale Asilo.

Chiediamo che siano adottate tutte le misure alternative al trattenimento nel Cie: nel caso di pericolo di fuga, la persona venga sottoposta a misure che consentano di vigilare sui suoi movimenti. Misure quali l’obbligo di firma o l’obbligo di dimora, vincoli e limiti alle possibilità di allontanamento (peraltro già previste ma applicate solo in casi eccezionali). Ciò al fine di verificare che l’irregolare, soggetto a identificazione, o che ha contestato un provvedimento di espulsione, sia reperibile dalle forze di polizia. Domandiamo, inoltre, che vengano rafforzati gli strumenti della partenza volontaria e del rimpatrio volontario assistito. E di considerare il trattenimento degli stranieri nei centri solo come una misura eccezionale, o comunque del tutto residuale, finalizzata esclusivamente al rimpatrio.

A:
Ministro dell’Interno, Angelino Alfano
Abolizione dei Cie in quattro mosse

I Centri di identificazione ed espulsione (Cie), istituiti dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, sono strutture di trattenimento per gli stranieri in condizione di irregolarità, destinati all’espulsione.

In Italia i Cie sono 11 di cui solo 5 sono attualmente in funzione (Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani).

I tempi di permanenza inizialmente di 30 giorni prorogabili di altri 30, sono diventati, negli ultimi anni, prima di 6 e poi di 18 mesi.

Nel 2013 sono stati 6.016 (5.431 uomini e 585 donne) i migranti trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. E in quello stesso anno, sul totale dei trattenuti, ne sono stati rimpatriati solo il 45,7 %. Questa percentuale rappresenta appena lo 0,9 % degli immigrati irregolari stimati nel nostro paese. Attualmente sono ristrette in questi centri circa 460 persone a fronte di costi molto alti per il mantenimento in funzione delle strutture. E in esse gli standard essenziali di tutela dei diritti fondamentali della persona sono costantemente violati.

Ciò ha indotto la Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato a visitare i Cie, ricavandone un giudizio estremamente severo sulle condizioni di vita dei trattenuti e ottenendo la chiusura temporanea di quello di Gradisca (Gorizia); e ha determinato il consiglio comunale di Torino ad approvare, lo scorso 18 febbraio, una mozione in cui si “impegna il sindaco e la giunta comunale a chiedere ufficialmente al Governo di chiudere nel più breve tempo possibile” il centro di identificazione e di espulsione della città.

In estrema sintesi, il Cie è un carcere che non è un carcere, un orribile non luogo, immerso nel non tempo: una sorta di oscena e feroce matrioska, dove una gabbia contiene un’altra gabbia al cui interno si trova una successione di gabbie, cancelli, serrature.

Il risultato è uno solo: si tratta di “strutture sempre più inutili e afflittive” (Medu, Rapporto 2014).

Considerato tutto ciò

Chiediamo che, come previsto da una norma del “Decreto Cancellieri”, sia resa effettiva e realizzabile in tempi rapidi, l’identificazione in carcere dei detenuti stranieri passibili di espulsione affinché, una volta usciti, sia risparmiato loro l’ingresso nei Cie per una “pena accessoria”, non prevista e non inflitta da alcun tribunale. Con l’ordinamento vigente si deve almeno ottenere che, in caso di espulsioni, queste si attuino direttamente dal carcere. Modificando poi il Testo unico sull’immigrazione, si deve prevedere che, qualora non sia stato possibile effettuare l’identificazione in carcere, lo straniero, avendo interamente saldato il proprio debito con la giustizia italiana, venga rimesso in libertà.

Inoltre, accade spesso che al momento del loro ingresso in carcere gli stranieri siano in possesso di un permesso di soggiorno o un passaporto valido, documenti, tuttavia, che scadono durante la detenzione, per l’impossibilità pratica di rinnovarli. Chiediamo che venga resa effettiva la possibilità del rinnovo del titolo di soggiorno anche in carcere.

Chiediamo di aumentare il periodo di validità del permesso di soggiorno per attesa occupazione, da uno a due anni, vista l’attuale difficoltà a conservare il titolo per ragioni di lavoro. Ciò permetterebbe di allungare il periodo della presenza regolare, evitando che una volta scaduto ogni termine utile al rinnovo, la persona venga reclusa nel Cie.

Chiediamo che il richiedente asilo che ha presentato domanda all’interno del Cie, possa attendere fuori dal centro la risposta da parte della Commissione Territoriale Asilo.

Chiediamo che siano adottate tutte le misure alternative al trattenimento nel Cie: nel caso di pericolo di fuga, la persona venga sottoposta a misure che consentano di vigilare sui suoi movimenti. Misure quali l’obbligo di firma o l’obbligo di dimora, vincoli e limiti alle possibilità di allontanamento (peraltro già previste ma applicate solo in casi eccezionali). Ciò al fine di verificare che l’irregolare, soggetto a identificazione, o che ha contestato un provvedimento di espulsione, sia reperibile dalle forze di polizia. Domandiamo, inoltre, che vengano rafforzati gli strumenti della partenza volontaria e del rimpatrio volontario assistito. E di considerare il trattenimento degli stranieri nei centri solo come una misura eccezionale, o comunque del tutto residuale, finalizzata esclusivamente al rimpatrio.
Cordiali saluti,
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