Ordinanze della Corte Costituzionale sul contributo unificato per le Opposizioni alle sanzioni amministrative

L’ ORDINANZA N. 284 DEL 2011

Ritenuto:

1.      che, nel corso di un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, il Gdp di Bari, con ordinanza iscritta al n. 61 del ruolo  2011, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, questione di legittimità dell’art. 2, c.  212, lettera b), n. 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), che ha introdotto il c.  6-bis nell’art. 10 del dpr 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), nella parte in cui dispone, anche con riferimento ai giudizi previsti dall’art. 204-bis del dlgs 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), che, “nei procedimenti di cui all’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, gli atti del processo sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, nonché delle spese forfetizzate secondo l’importo fissato nell’art. 30 del presente testo unico”;
2.      che il rimettente deduce che il ricorrente nel giudizio a quo, nell’impugnare il verbale con cui gli era stata contestata la violazione dell’art. 146, c.  3, dlgs. n. 285 del 1992 ed irrogata la sanzione pecuniaria di euro 163,86, in via preliminare ha eccepito l’incostituzionalità della norma che impone il pagamento del c.u. nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa;
3.      che il Gdp di Bari rileva che, a tale onere, non è soggetto il ricorso gerarchico al Prefetto che, però, non è sovrapponibile al ricorso giurisdizionale sia per la posizione non terza dell’organo chiamato a deciderlo, sia perché non assicura la completezza degli accertamenti; pertanto la gratuità del procedimento potrebbe spingere il trasgressore ad affidarsi al Prefetto, soprattutto nei casi in cui non vi è proporzionalità tra la misura della sanzione pecuniaria ed il costo del ricorso al Giudice, sicché l’interessato sarebbe indotto a ricorrere alla tutela minore, rinunciando a quella giurisdizionale assicurata dall’art. 24 Cost. a tutti i cittadini;
4.      che, ad avviso del Giudice a quo, la norma censurata non è coerente con l’esenzione prevista per i procedimenti penali, poiché le sanzioni amministrative hanno il medesimo carattere sanzionatorio di quelle penali e, talora, possono produrre conseguenze più gravi delle seconde;
5.      che il rimettente aggiunge che la disposizione impugnata non assicura l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge rispetto a tutti gli atti rinvenienti da sanzioni amministrative illegittime, lasciando al trasgressore, specialmente di fronte a “multe” minime, la scelta di rinunciare alla tutela dinanzi all’autorità giurisdizionale oppure di affidarsi al Prefetto, organo non terzo;
6.      che, pertanto, la norma censurata comprometterebbe la facoltà dei cittadini di agire in giudizio (con conseguente lesione dell’art. 24 Cost.) per far valere i loro diritti contro gli atti della P.a. (contrastando così anche con l’art. 113 Cost.);
7.      che nel giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il PCM, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che  chiede che la questione sia dichiarata inammissibile, irrilevante e non fondata;
8.      che, ad avviso dell’interveniente, la questione sarebbe inammissibile per difetto di motivazione, quanto al rapporto tra la norma denunciata e gli artt. 24 e 113 Cost., e per difetto di motivazione in ordine alla sua rilevanza, quanto al parametro di cui all’art. 3 Cost., poiché il rimettente non ha specificato quali siano le conseguenze pregiudizievoli derivanti a carico della parte privata a causa del mancato pagamento del c.u. e, in particolare, non ha chiarito perché tale omissione precluderebbe al cittadino l’accesso alla tutela giurisdizionale;
9.      che la questione sarebbe, poi, irrilevante, poiché il Giudice a quo non ha specificato come le asserite conseguenze discriminatorie e lesive del diritto di difesa si atteggino rispetto al caso oggetto del suo esame, prospettando così la questione in termini puramente astratti;
10.    che la difesa dello Stato sostiene, infine, che la questione sarebbe infondata, poiché – considerato che la disposizione censurata non prevede la conseguenza dell’inammissibilità del ricorso in caso di mancato pagamento del contributo unificato – non possono profilarsi neppure ricadute sul piano della tutela giurisdizionale assicurata dall’art. 24 della Costituzione;

Considerato:

·        che il Gdp di Bari, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dubita della legittimità dell’art. 2, c. 212, lettera b), n. 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che ha introdotto il c. 6-bis nell’art. 10 del dpr. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui, anche con riferimento ai giudizi previsti dall’art. 204-bis del dlgs 30 aprile 1992, n. 285, dispone che “nei procedimenti di  cui all’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, gli atti del processo sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, nonché delle spese forfetizzate secondo l’importo fissato nell’art. 30 del presente t.u.”;
·        che il rimettente non ha precisato nella propria ordinanza se il c.u. sia stato o meno pagato da parte ricorrente;
·        che, conseguentemente, la questione è manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, non essendo la Corte in condizione di verificare se effettivamente il Giudice a quo debba fare applicazione della norma censurata;
·        che, infatti, come già affermato da questa Corte, se il contributo fosse già stato pagato spontaneamente dalla parte, l’asserito vulnus ai principi costituzionali invocati sarebbe, in ipotesi, determinato da una disposizione che il rimettente non deve applicare nel giudizio principale (ordinanze n. 195 e n. 143 del 2011); se, invece, il contributo non fosse stato versato, la questione potrebbe essere rilevante solamente se il pagamento del contributo unificato costituisse condizione di ammissibilità o di procedibilità della domanda (ordinanza n. 143 del 2011), ma il rimettente non ha indicato le norme che possano giustificare una simile conclusione.

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità dell’art. 2, c. 212, lettera b), n. 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal Giudice di pace di Bari con l’ordinanza in epigrafe.

(Pubblicato il 27/12/2011)

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