Ordinanza sull’incostituzionalità dell’art.51 c.p.c. del Gdp di Milano

N. RG. 74137/11
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MILANO
Sez. Civ. VII

Il Giudice di Pace, Dr. Mario Piscitello, ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nella causa promossa da
…………………………………………………..con Avv. …………………. Opponente

contro

………………………………………………………………………Opposta

FATTO

La……………………., con sede in Milano, corso………………………, in persona del suo legale rappresentante e amministratore unico sig. …………………………..(successivamente rappresentata e difesa giusta procura speciale dall’Avv…………………… ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, via………………….) in data 21 settembre 2011 proponeva ricorso contro l’Ordinanza Ingiunzione n. 2011/66003611 –emessa in data 31 maggio 2011 e notificata in data 25 agosto 2011- con la quale la …………………………..le ingiungeva il pagamento di € 2.065,00, oltre ad € 25,00 per diritti e spese, “per aver presentato, in data 29.09.2006, l’atto relativo alla comunicazione di socio unico di s.r.l./ricostituzione pluralità dei soci con effetto dal 03.11.1992, oltre il termine prescritto dalle vigenti disposizioni di legge.”
La ricorrente chiedeva l’annullamento dell’impugnata Ordinanza sostenendo di non aver violato alcun obbligo di legge.
La ………………………………si costituiva in Cancelleria in data 10 febbraio 2012 con una comparsa con la quale “in via preliminare” eccepiva l’incompetenza del giudice adito (giudice di pace) sostenendo invece la competenza per materia del Tribunale (art. 22 bis della L. 24 novembre 1981, n. 689 e art. 36 D.L.vo 1 settembre 2011, n. 150, entrato in vigore il 06/10/2011).
L’Amministrazione opposta, a sostegno del suo provvedimento, richiamava le disposizioni di cui agli artt. 2630 e 2470, comma 4, cod. civ. e, nel merito, concludeva chiedendo il rigetto del ricorso con la vittoria delle spese processuali.
Nel corso della prima udienza il giudice autorizzava il deposito di memorie difensive. Ciascuna delle parti presentava una propria memoria con la quale insisteva nelle proprie domande e/o eccezioni.
L’Amministrazione opposta, in particolare, insisteva per l’incompetenza “per materia” del giudice di pace in favore della competenza del Tribunale di Milano e la ricorrente – “nella denegata ipotesi in cui venisse accolta l’avversa eccezione di incompetenza per materia” – chiedeva di poter riassumere la causa davanti al giudice competente ratione materiae o di poter –previa rimessione in termini- proporre valida opposizione davanti al Tribunale.
All’udienza del 27 aprile 2012 il giudice si riservava di decidere.

DIRITTO

Questo giudice, per le considerazioni che seguono, ritiene che la decisione sull’eccezione di incompetenza per materia sollevata dall’Amministrazione opposta, debba essere preceduta dalla soluzione di una questione di legittimità costituzionale concernente la possibilità per il giudice di astenersi anche senza l’autorizzazione del capo dell’ufficio, quando, a parere del giudice, non sussistono le condizioni che possano garantire al giudice di essere imparziale e/o di apparire imparziale.

L’indipendenza e l’imparzialità del giudice –sempre ritenute essenziali per l’esercizio di qualsiasi funzione giurisdizionale- con la Legge costituzionale 23 novembre 1992, n.2, sono state anche formalmente e solennemente riaffermate e al secondo comma dell’art. 111 della Costituzione è previsto che “Ogni processo deve svolgersi …davanti ad un giudice terzo ed imparziale”.

Il giudice, un qualsiasi giudice e quindi anche un giudice di pace -in base a quanto ha insegnato la Corte costituzionale e, in diverse occasioni, ha anche affermato il Presidente della Repubblica- deve non solo essere obiettivo ed imparziale, ma deve anche apparire o poter apparire obiettivo ed imparziale.

La Corte costituzionale, in una Sua non recente Sentenza, dalla quale non si è mai discostata, ha affermato che “Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere, e deve esigersi che la legge garantisca l’assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi, come di timori di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a tutelare l’obiettività della decisione” (Sent. n. 60/1969).

Invece, per i giudici di pace (ma anche per i giudici tributari) la legge prevede un sistema retributivo fondato sul “cottimo” (un certo compenso per ogni procedimento definito o cancellato dal ruolo o per ogni ricorso deciso) che nuoce all’obiettività della decisione e alla credibilità del giudice.

La retribuzione a cottimo, indubbiamente ha il pregio, ma al tempo stesso il difetto (di gran lunga più rilevante del pregio), di far sorgere un interesse personale (incompatibile con la funzione giurisdizionale) a decidere e a decidere nel minor tempo possibile il maggior numero di cause.

I giudici retribuiti a cottimo, obiettivamente, non di rado sono condizionati nelle loro decisioni ed emettono provvedimenti che ad almeno una delle parti possono apparire “inquinati” da interessi personali.
Non può peraltro escludersi che alcuni giudici, probabilmente pochi, per non apparire “interessati”, possano emettere o emettano provvedimenti in contrasto con il loro personale interesse ma che non emetterebbero se non fossero retribuiti a cottimo.

Sulla retribuzione a cottimo per i giudici di pace, alcuni anni fa (25 ottobre 2005), alcuni membri del Consiglio superiore della Magistratura –aderenti al Movimento per la Giustizia- hanno lanciato un allarme: “Gli effetti anomali del sistema di retribuzione (prevalentemente a “cottimo”) dei giudici di pace costituiscono costante e prevalente causale dei rilievi deontologici che interessano i magistrati onorari, di cui il plenum è giudice disciplinare. Nonostante il limite previsto di recente per le indennità dei giudici di pace (72.000 euro annui), continuano a pervenire segnalazioni di condotte finalizzate ad incrementare l’utile economico attraverso autentiche distorsioni della giurisdizione. Si tratta di condotte che… imporrebbero una seria revisione normativa delle modalità di compenso delle attività della magistratura di pace.”
Non risulta, o almeno non risulta allo scrivente, che la situazione sia cambiata in meglio o che gli aderenti al Movimento per la Giustizia abbiano cambiato opinione.

Alcuni giudici ordinari (sia pure onorari) e alcuni giudici tributari, ritenendo la retribuzione a cottimo incompatibile con l’esercizio di una qualsiasi funzione giurisdizionale, hanno più volte richiamato l’attenzione della Corte costituzionale sulle norme che prevedono tale sistema retributivo ma la Corte non si è mai pronunciata nel merito per mancanza di “rilevanza” nel giudizio a quo della relativa questione.
Sarebbe auspicabile, però, a parere di questo giudice, che la Corte si pronunziasse per rimuovere una situazione di incertezza ma, ovviamente, debbono sussistere i presupposti perche la Corte possa e debba pronunziarsi.
Nel caso oggetto d’esame, in base a quanto il Giudice delle leggi ha affermato in una Sua non recente Sentenza, forse però sussistono i presupposti perché la Corte sollevi d’ufficio davanti a se stessa questione di legittimità costituzionale della norma che prevede la retribuzione a cottimo per i giudici di pace (art. 11, comma 2, L. n. 374/91).

In passato la Corte costituzionale ha affermato infatti che “La Corte può sollevare davanti a se stessa in via incidentale una questione di legittimità Costituzionale solo allorchè dubiti dell’incostituzionalità di una norma, diversa da quelle impugnata, ma che essa è chiamata necessariamente ad applicare nell’iter logico per arrivare alla decisione sulla questione che le è stata proposta: in altri termini, deve trattarsi di norma che si presenti pregiudiziale alla definizione della questione principale e come strumentale rispetto alla emananda decisione” (Sent. n. 122/76).

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L’art. 11, comma 2, della L. n.374/91 prevede che al giudice di pace venga corrisposto il compenso di “€ 56,81 per ogni processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo”.

Questo giudice deve pronunziarsi sull’eccezione di incompetenza per materia sollevata dall’Amministrazione opposta e potrebbe emettere o un’Ordinanza di accoglimento e quindi dichiarasi incompetente oppure un’Ordinanza di rigetto per poi passare al merito della causa.

Per il giudice le due Ordinanze, obiettivamente, non sono equivalenti.
Per l’Ordinanza di accoglimento –in base al citato art. 11 della L. n. 374/91- infatti il giudice riceverebbe un “congruo” compenso (€ 56,81) e il compenso sarebbe ancora più “congruo” se i ricorsi da decidere (come non di rado succede) fossero dieci o cento … mentre per l’Ordinanza di rigetto non riceverebbe alcun compenso.

Quindi nel decidere sull’eccezione di incompetenza per materia sollevata dall’Amministrazione opposta questo giudice, obiettivamente, non può essere o quanto meno non può apparire “imparziale”.

La norma di cui all’art. 11, comma 2, della L. n. 374/91 probabilmente è costituzionalmente illegittima perché impedisce al giudice di essere o di apparire obiettivo ed imparziale ma, ovviamente, non è una norma applicabile nel presente giudizio e quindi non può incidere almeno in modo diretto sulla decisione. Tuttavia – come ha riconosciuto la stessa Avvocatura dello Stato intervenuta in un recente giudizio di legittimità costituzionale- la citata norma può incidere (solo !) “sulla serenità di giudizio del giudicante”.

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Questo giudice non intende sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma che regola il trattamento economico del giudice di pace “certo di una pronuncia di inammissibilità per irrilevanza”, ma auspica che la Corte costituzionale voglia farlo, ma dovendo e volendo essere imparziale e dovendo e volendo apparire imparziale, ritiene (o riterrebbe) doveroso astenersi.

L’astensione del giudice è regolata dall’art. 51 cod. proc. civ., che, a parere dello scrivente, però, nel testo attuale, non consente al giudice, al di fuori dei casi espressamente previsti dal primo comma, di astenersi senza autorizzazione del capo dell’ufficio, il quale con suo provvedimento assolutamente discrezionale potrebbe negarla.

L’autorizzazione, infatti, non è un atto dovuto e questo giudice, peraltro, ha motivo di ritenere che una sua eventuale istanza di autorizzazione verrebbe rigettata dal suo capo ufficio quanto meno perché, probabilmente a torto, sarebbe considerata “tardiva”.

Questo giudice invece sottopone al giudizio della Corte costituzionale l’art. 51 cod. proc. civ. –nella parte in cui detto articolo non prevede che il giudice di pace, che ritiene di non poter essere o di non poter apparire imparziale a causa del sistema retributivo fondato sul cottimo (art. 11, comma 2, L. n. 374/91), possa astenersi senza autorizzazione del capo dell’ufficio- in relazione all’art. 111, comma 2, “Ogni processo si svolge…davanti a giudice terzo e imparziale” e all’art. 54, comma 2, “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…” e all’art. 3 (ragionevolezza) della Costituzione.
Ed infine appare opportuno evidenziare che i giudici di pace, in quanto retribuiti a cottimo e quindi soltanto per i procedimenti definiti o cancellati dal ruolo, non astenendosi possono trarre qualche vantaggio mentre astenendosi “limitano” i loro compensi.

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Trattasi di questione, per quanto esposto, “non manifestamente infondata” ed anche “rilevante” ai fini della decisione della presente causa ed in particolare ai fini della decisione sull’eccezione di incompetenza per materia sollevata dall’Amministrazione opposta.

Infatti se il citato art. 51 cod. proc. civ. –del quale, a parere di questo giudice, non può essere data una diversa interpretazione- fosse costituzionalmente illegittimo questo giudice potrebbe legittimamente astenersi e la presente causa verrebbe assegnata ad altro giudice.
Se invece il citato art. 51 cod. proc. civ. dovesse essere costituzionalmente legittimo questo giudice potrebbe e dovrebbe pronunciarsi sull’eccezione di incompetenza per materia, pur avendo, obiettivamente, un interesse personale ad emettere un’Ordinanza di accoglimento e quindi di incompetenza per materia e a non emettere un’Ordinanza di rigetto.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Milano,
Visto l’art. 23 della Legge 11 marzo 1953, n. 87;

Dichiara, d’ufficio, «non manifestamente infondata» e «rilevante» per quanto in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell’art. 51 cod. proc. civ. –nella parte in cui detto articolo non prevede che il giudice di pace, che ritiene di non poter essere o di non poter apparire imparziale a causa del sistema retributivo fondato sul cottimo, possa astenersi senza autorizzazione del capo dell’ufficio- in relazione all’art. 111, comma 2, (imparzialità del giudice), all’art. 54, comma 2, (modalità di svolgimento delle funzioni pubbliche), e all’art. 3 (ragionevolezza) della Costituzione.
Ordina che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso;
Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della Cancelleria alle parti (…………………………………………….. ………….) nonché al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere.

Milano, 30 aprile 2012

Il Giudice di Pace,
Dr. Mario Piscitello

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