Massime della Corte Costituzionale in materia di Immigrazione

Ordinanza 124/2012 Massima numero 36325
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente QUARANTA Redattore SILVESTRI
Camera di Consiglio del 04/04/2012 Decisione del 07/05/2012
Deposito del 10/05/2012 Pubblicazione in G. U. 16/05/2012

Titolo
Straniero – Reati e pene – Reato di indebito reingresso nel territorio dello Stato dello straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione – Arresto obbligatorio – Asserita irragionevolezza – Asserita violazione della libertà personale – Direttiva europea sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, direttamente efficace nell’ordinamento nazionale per scadenza del termine per la trasposizione in legge – Sopravvenute sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea che interpretano la direttiva – Sopravvenuto mutamento del quadro normativo nazionale di riferimento – Necessità di nuova valutazione da parte del giudice rimettente circa la perdurante rilevanza delle questioni – Restituzione degli atti.

Testo
Va disposta la restituzione degli atti al giudice rimettente in ordine alla questione di legittimità costituzionale, sollevata in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione, dell’art. 13, comma 13- ter , del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ove è prescritto l’arresto obbligatorio per i delitti di cui ai precedenti commi 13 e 13- bis (indebito reingresso nel territorio dello Stato dello straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione). Invero, la disciplina dell’espulsione degli stranieri in condizione di soggiorno irregolare è stata profondamente incisa, in primo luogo, dalla direttiva n. 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008 (recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare), il termine per la cui trasposizione è scaduto il 24 dicembre 2010, con assunzione conseguente, nella ricorrenza delle ulteriori condizioni, di diretta efficacia nell’ordinamento nazionale: la citata direttiva disciplina, soprattutto all’art. 11, l’imposizione del divieto agli stranieri espulsi di fare rientro nel territorio dello Stato procedente, stabilendo che tale divieto sia disposto obbligatoriamente o facoltativamente, con valutazione da adottarsi caso per caso, per una durata variabile e normalmente non superiore ai cinque anni, mediante un provvedimento motivato in forma scritta, tradotto in una lingua comprensibile all’interessato e suscettibile di ricorso. Inoltre, successivamente alle ordinanze di rimessione, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza 28 aprile 2011, C-61/11 PPU, ha stabilito che la direttiva in questione (avuto riguardo agli artt. 15 e 16) osta ad una normativa nazionale che preveda l’irrogazione di pene detentive nei confronti di stranieri in condizione di soggiorno irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio dello Stato, si trattengano nel territorio stesso senza un giustificato motivo e, successivamente, la stessa Corte di giustizia (Grande sezione), con la sentenza 6 dicembre 2011, C-329/11, ha stabilito che la direttiva n. 2008/115/CE osta alla previsione di sanzioni detentive nei confronti dello straniero espulso, non disposto ad allontanarsi volontariamente dal territorio dello Stato procedente, prima che siano state interamente sperimentate le procedure coercitive previste dall’art. 8 della direttiva medesima. Infine, nelle more dei giudizi incidentali, è intervenuto il decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89 (Disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 agosto 2011, n. 129, in esito al quale – pur rimanendo invariato il comma 13- ter dell’art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, cioè la norma processuale in materia di arresto che costituisce l’oggetto delle odierne censure – ha subito profonde modifiche il comma 14 del citato art. 13, in punto di durata del divieto di reingresso, di criteri della relativa determinazione ad opera dell’autorità procedente, di condizioni per l’eventuale revoca del provvedimento impositivo, così mutando la disciplina del provvedimento amministrativo presupposto alla condotta cui si riferiscono le norme penali sostanziali per la cui violazione è previsto l’arresto dello straniero interessato. In esito agli evidenziati mutamenti del quadro normativo nel quale si colloca la disposizione oggetto di censura, spetta al giudice rimettente la valutazione degli effetti della successione di leggi nella disciplina del caso concreto sottoposto al suo giudizio. In particolare, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha pronunciato la sentenza 28 aprile 2011, causa C-61/11 PPU – avente ad oggetto la domanda di rinvio pregiudiziale per l’interpretazione delle norme contenute nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, n. 2008/115/CE, recante «Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare», il cui termine di attuazione è inutilmente scaduto in data 24 dicembre 2010 – , affermando che gli artt. 15 e 16 della citata direttiva ostano all’applicazione negli Stati membri di disposizioni che prevedano «l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo» ed, ancora, che è compito del giudice nazionale «disapplicare ogni disposizione del decreto legislativo n. 286 del 1998 contraria al risultato della direttiva 2008/115, segnatamente l’art. 14, comma 5- ter , di tale decreto legislativo», tenendo altresì in debito conto il principio «dell’applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri». Inoltre, la norma incriminatrice contenuta nell’art. 14, comma 5- ter , del d.lgs. n. 286 del 1998, è stata sostituita dall’art. 3, comma 1, lett. d ), numero 5, del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89 (Disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari), in vigore dal 24 giugno 2011, sicché, secondo il testo vigente, la condotta di inottemperanza all’ordine di allontanamento del questore è sanzionata mediante la sola pena della multa. Infine, anche la disposizione processuale contenuta nell’art. 14, comma 5- quinquies , è stata sostituita dall’art. 3, comma 1, lett. d ), numero 8, del citato d.l. n. 89 del 2011, con l’effetto di sottoporre i procedimenti per i reati di cui agli articoli 14, commi 5- ter e 5- quater alla disciplina contenuta negli artt. 20- bis , 20- ter e 32- bis , del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 24 della legge 24 novembre 1999, n. 468). Pertanto, a fronte del richiamato ius superveniens , anche alla luce dei principi che governano la successione di leggi penali nel tempo, spetta al giudice rimettente la valutazione circa la perdurante rilevanza delle questioni aventi ad oggetto la legittimità della misura precautelare sottoposta al suo giudizio.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 13 co. 13

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3

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Ordinanza 65/2012 Massima numero 36166
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente QUARANTA Redattore FRIGO
Camera di Consiglio del 15/02/2012 Decisione del 07/03/2012
Deposito del 21/03/2012 Pubblicazione in G. U. 28/03/2012

Titolo
Straniero – Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato – Configurazione della fattispecie come reato – Asserita violazione del principio di offensività e dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Omessa descrizione della fattispecie concreta – Omessa motivazione in ordine alla rilevanza – Motivazione per relationem – Manifesta inammissibilità della questione.

Testo
E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 3, 13, 25 e 27 della Costituzione, degli articoli 10- bis e 16, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), rispettivamente aggiunto e modificato dall’art. 1, comma 16, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), e dell’articolo 62- bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto dall’art. 1, comma 17, lettera d ), della citata legge n. 94 del 2009. L’ordinanza di rimessione presenta evidenti carenze, tali da precludere l’esame del merito della questione, atteso che il giudice a quo omette totalmente di descrivere la fattispecie concreta e di motivare in ordine alla rilevanza della questione, nonché di esporre le ragioni per le quali, a suo avviso, le norme denunciate violerebbero i parametri costituzionali evocati.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 10 bis
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1 co. 16
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 16 co. 1
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1 co. 16
decreto legislativo 28/08/2000 n. 274 art. 62 bis
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1 co. 17

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3
Costituzione art. 13
Costituzione art. 25
Costituzione art. 27

Piazza del Quirinale, 41 00187 Roma
tel. 0646981 – fax 064698916 – info@cortecostituzionale.it
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Sentenza 331/2011 Massima numero 35996
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente QUARANTA Redattore FRIGO
Camera di Consiglio del 09/11/2011 Decisione del 12/12/2011
Deposito del 16/12/2011 Pubblicazione in G. U. 21/12/2011

Titolo
Reati e pene – Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – Misure cautelari – Obbligatorietà della custodia cautelare in carcere quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – Omessa salvezza, altresì, dell’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure – Violazione dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza e del minore sacrificio necessario della libertà personale nell’applicazione delle misure cautelari – Contrasto con la presunzione di non colpevolezza dell’imputato sino alla condanna definitiva – Illegittimità costituzionale in parte qua .

Testo
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 12, comma 4- bis , del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dall’art. 1, comma 26, lettera f ), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3 del medesimo articolo, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. La norma denunciata assoggetta i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da essa considerati a uno speciale regime cautelare, omologo a quello prefigurato, in rapporto a un complesso di altre figure delittuose, dall’art. 275, comma 3, secondo e terzo periodo, del codice di procedura penale, come modificato: norma, quest’ultima, già dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui configura una presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura carceraria nei confronti degli indiziati di taluni delitti a sfondo sessuale (sentenza n. 265 del 2010), di omicidio volontario (sentenza n. 164 del 2011) e di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (sentenza n. 231 del 2011). Nelle decisioni citate, è stato ribadito come, alla luce dei principi costituzionali di riferimento, la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del «minore sacrificio necessario», dovendo la compressione della libertà personale essere contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto, secondo il modello della «pluralità graduata» e predisponendo una gamma di misure alternative, connotate da differenti gradi di incidenza sulla libertà personale. Da ciò consegue che le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell’ id quod plerumque accidit . Questa Corte ha ritenuto, quindi, che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., con riferimento alle ipotesi delittuose specificate, violasse, in parte qua , sia l’art. 3 Cost., per l’ingiustificata parificazione dei procedimenti relativi ai delitti considerati a quelli concernenti i delitti di mafia, nonché per l’irrazionale assoggettamento a un medesimo regime cautelare delle diverse ipotesi concrete riconducibili ai relativi paradigmi punitivi; sia l’art. 13, primo comma, Cost., quale referente fondamentale del regime ordinario delle misure cautelari privative della libertà personale; sia, infine, l’art. 27, secondo comma, Cost., per essere attribuiti alla coercizione processuale tratti funzionali tipici della pena. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche in rapporto alle figure di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, cui il regime cautelare speciale è esteso dal censurato art. 12, comma 4- bis , del d.lgs. n. 286 del 1998. La norma censurata – che contempla ipotesi alternative e ricomprende fattispecie concrete marcatamente differenziate tra loro – configura un reato a consumazione anticipata, che si perfeziona con il solo compimento di «atti diretti a procurare» l’ingresso illegale di stranieri «nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente», in tal modo conferendo alla fattispecie un’ampia latitudine applicativa, che abbraccia qualunque apporto efficiente e causalmente orientato a produrre il risultato finale. Peraltro, dal paradigma legale tipico esula, in ogni caso, il necessario collegamento dell’agente con una struttura associativa permanente, posto che il reato può bene costituire frutto di iniziativa meramente individuale. Ne discende che l’eterogeneità delle fattispecie concrete riferibili al paradigma punitivo astratto non consente di enucleare una regola generale, ricollegabile ragionevolmente a tutte le «connotazioni criminologiche» del fenomeno, secondo la quale, come per i delitti di mafia, la custodia cautelare in carcere sarebbe l’unico strumento idoneo a fronteggiare le esigenze cautelari. Né la presunzione assoluta censurata può giustificarsi con la gravità astratta del reato di favoreggiamento dell’immigrazione o con l’esigenza di eliminare o ridurre le situazioni di allarme sociale correlate all’incremento del fenomeno della migrazione clandestina: trattasi di profili rilevanti in rapporto alla misura della pena o alla natura dell’interesse protetto e significativi ai fini della determinazione della sanzione, ma inidonei a fungere da elemento preclusivo alla verifica del grado delle esigenze cautelari e all’individuazione della misura concretamente idonea a farvi fronte. Infine, come già chiarito dalla citata giurisprudenza di questa Corte, ciò che vulnera i valori costituzionali non è la presunzione in sé, ma il suo carattere assoluto, che implica una indiscriminata e totale negazione di rilievo al principio del «minore sacrificio necessario»: di contro, la previsione di una presunzione solo relativa di adeguatezza della custodia carceraria non eccede i limiti di compatibilità costituzionale, rimanendo per tale verso non censurabile l’apprezzamento legislativo circa la ordinaria configurabilità di esigenze cautelari nel grado più intenso. Per i precedenti specifici in ordine alla presunzione cautelare assoluta di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., v. le citate sentenze n. 265 del 2010 e nn.164 e 231 del 2011. Per la ratio giustificativa della deroga relativa ai delitti di mafia, v. la citata ordinanza n. 450 del 1995.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 12 co. 4
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1 co. 26

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3
Costituzione art. 13 co. 1
Costituzione art. 27 co. 2
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Sentenza 329/2011 Massima numero 35993
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente QUARANTA Redattore GROSSI
Udienza Pubblica del 08/11/2011 Decisione del 12/12/2011
Deposito del 16/12/2011 Pubblicazione in G. U. 21/12/2011

Titolo
Straniero – Indennità di frequenza – Riconoscimento del beneficio al minore extracomunitario subordinato al requisito della titolarità della carta di soggiorno – Violazione del principio di uguaglianza e dei diritti all’istruzione, alla salute ed al lavoro – Violazione della garanzia assistenziale – Lesione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU – Illegittimità costituzionale in parte qua .

Testo
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione ai minori extracomunitari legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della indennità di frequenza di cui all’art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289, in quanto il contesto in cui si iscrive la indennità di frequenza è costellato di finalità sociali che coinvolgono beni e valori, tutti, di primario risalto nel quadro dei diritti fondamentali della persona. Si va, infatti, dalla tutela della infanzia e della salute alle garanzie che devono essere assicurate, in situazioni di parità, ai portatori di handicap, nonché alla salvaguardia di condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui il minore disabile si trova inserito, coinvolgendo al tempo stesso l’esigenza di agevolare il futuro ingresso del minore nel mondo del lavoro e la partecipazione attiva alla vita sociale. La normativa di cui qui si discute risulta, dunque, in contrasto, non solo con l’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento al principio di non discriminazione di cui all’art. 14 della CEDU, ma anche con altri parametri, posto che il trattamento irragionevolmente differenziato che essa impone – basato sulla semplice condizione di straniero regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato, ma non ancora in possesso dei requisiti di permanenza utili per conseguire la carta di soggiorno – vìola, ad un tempo, il principio di uguaglianza e i diritti alla istruzione, alla salute ed al lavoro, tanto più gravemente in quanto essi si riferiscano a minori in condizione di disabilità. – In senso analogo v. citata sentenza n. 187 del 2010.

Atti oggetto del giudizio
legge 23/12/2000 n. 388 art. 80 co. 19

Parametri costituzionali
Costituzione art. 2
Costituzione art. 3
Costituzione art. 32
Costituzione art. 34
Costituzione art. 38
Costituzione art. 117

Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950) art. 14

Piazza del Quirinale, 41 00187 Roma
tel. 0646981 – fax 064698916 – info@cortecostituzionale.it
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Ordinanza 165/2010 Massima numero 34627
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente DE SIERVO Redattore SAULLE
Camera di Consiglio del 24/03/2010 Decisione del 28/04/2010
Deposito del 06/05/2010 Pubblicazione in G. U. 12/05/2010

Titolo
Straniero – Condanna definitiva per taluni reati – Conseguente automaticità della revoca del permesso di soggiorno – Denunciata irragionevole equiparazione di fattispecie delittuose eterogenee in termini di gravità della condotta e della pena prevista – Insufficiente descrizione della fattispecie con conseguente carenza di motivazione sulla rilevanza della questione – Manifesta inammissibilità.

Testo
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, comma 7- bis , del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, impugnato, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui prevede l’automatica revoca del permesso di soggiorno del cittadino straniero, condannato con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633 e dagli artt. 473 e 474 cod. pen. Il rimettente ha, infatti, fornito una carente descrizione della fattispecie sottoposta al suo esame, omettendo, in particolare, di specificare se risulti o meno fondata la circostanza dedotta dal ricorrente concernente l’asserito possesso dei requisiti prescritti per il rilascio del «permesso CE per soggiornanti di lungo periodo», nonché se il ricorrente abbia o meno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero se sia un familiare ricongiunto. L’insufficiente descrizione della fattispecie, impedendo di vagliare l’effettiva applicabilità della norma al caso dedotto, si risolve in carenza della motivazione sulla rilevanza della questione. In materia di espulsione, revoca automatica o impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero, in conseguenza della condanna o del patteggiamento per taluni reati, v. le seguenti citate decisioni: sentenza n. 148/2008, ordinanze n. 219/2009 e n. 378/2008.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 26 co. 7
legge 30/07/2002 n. 189 art. 21

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3
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Sentenza 187/2010 Massima numero 34688
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMIRANTE Redattore GROSSI
Udienza Pubblica del 23/03/2010 Decisione del 26/05/2010
Deposito del 28/05/2010 Pubblicazione in G. U. 03/06/2010

Titolo
Straniero – Assegno mensile di invalidità – Concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato subordinata al requisito della titolarità della carta di soggiorno – Irragionevole discriminazione dello straniero nel godimento di provvidenza destinata al sostentamento della persona – Violazione degli obblighi internazionali derivanti dalla CEDU – Illegittimità costituzionale in parte qua .

Testo
E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., l’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. Il suddetto assegno – attribuibile ai soli invalidi civili nei confronti dei quali sia riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa di misura elevata ed erogabile in quanto il soggetto invalido non presti alcuna attività lavorativa e versi nelle disagiate condizioni reddituali stabilite dalla legge per il riconoscimento della pensione di inabilità – costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la sopravvivenza. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ove si versi, come nel caso di specie, in tema di provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la norma de qua , che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali, viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali imposto dall’evocato parametro costituzionale, poiché discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato nel godimento di diritti fondamentali della persona riconosciuti ai cittadini. Per l’affermazione che al legislatore è consentito «subordinare, non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni – non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini», v. la citata sentenza n. 306/2008.

Atti oggetto del giudizio
legge 23/12/2000 n. 388 art. 80 co. 19

Parametri costituzionali
Costituzione art. 117 co. 1

Altri parametri e norme interposte
convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950) art. 14
protocollo alla Convenzione diritti dell’uomo 20/03/1952 art. 1

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Ordinanza 54/2010 Massima numero 34355
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente DE SIERVO Redattore SILVESTRI
Camera di Consiglio del 27/01/2010 Decisione del 10/02/2010
Deposito del 18/02/2010 Pubblicazione in G. U. 24/02/2010

Titolo
Straniero e apolide – Espulsione amministrativa – Reato di trattenimento nel territorio dello Stato senza giustificato motivo, in violazione dell’ordine di allontanamento impartito dal questore – Arresto obbligatorio – Asserita violazione di numerosi parametri costituzionali – Difetto di rilevanza delle questioni – Manifesta inammissibilità.

Testo
Sono manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 5- ter e 5- quinquies , del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, impugnato, in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 27 e 136 Cost., nella parte in cui configura la fattispecie delittuosa dell’indebito trattenimento del cittadino straniero nel territorio dello Stato e l’arresto obbligatorio del soggetto responsabile di tale delitto. Premesso che questioni identiche a quelle odierne sono state già dichiarate inammissibili con la sentenza n. 236 del 2008; dalle ordinanze di rimessione emerge che i giudici a quibus hanno disposto l’immediata liberazione degli arrestati per la ritenuta carenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato loro contestato. Pertanto, avendo i rimettenti già escluso la possibilità di convalidare gli arresti eseguiti, l’esito del presente giudizio incidentale di legittimità non può spiegare alcun effetto nei giudizi principali. Per l’inammissibilità di identiche questioni di legittimità costituzionale, in quanto prive di rilevanza, v. la citata sentenza n. 236/2008.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 14 co. 5
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 14 co. 5
Legge 12/11/2004 n. 271 art. 1

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3
Costituzione art. 10
Costituzione art. 13
Costituzione art. 27
Costituzione art. 136

Piazza del Quirinale, 41 00187 Roma
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Ordinanza 6/2011 Massima numero 35223
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente DE SIERVO Redattore FRIGO
Camera di Consiglio del 15/12/2010 Decisione del 16/12/2010
Deposito del 05/01/2011 Pubblicazione in G. U. 12/01/2011

Titolo
Straniero – Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato – Configurazione della fattispecie come reato – Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione – Applicabilità da parte del giudice di pace – Denunciata violazione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza sotto plurimi profili – Lamentata lesione del diritto di difesa e del principio della finalità rieducativa della pena, nonché contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione – Difetto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza – Manifesta inammissibilità delle questioni.

Testo
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10- bis e 16, comma 1, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e dell’art. 62- bis del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, concernenti il trattamento sanzionatorio del reato di ingresso e soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 27, terzo comma, e 97, primo comma, della Costituzione. Le ordinanze di rimessione, infatti, presentano carenze in punto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito delle questioni. V. anche le citate ordinanze nn. 343, n. 329, n. 320 e n. 253 del 2010.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 10 bis
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1 co. 16
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 16 co. 1
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1
decreto legislativo 28/08/2000 n. 274 art. 62 bis
legge 15/07/2009 n. 94 art. 1 co. 17

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3 co. 1
Costituzione art. 24 co. 2
Costituzione art. 27 co. 3
Costituzione art. 97 co. 1

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Sentenza 227/2010 Massima numero 34778
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMIRANTE Redattore TESAURO
Camera di Consiglio del 12/05/2010 Decisione del 21/06/2010
Deposito del 24/06/2010 Pubblicazione in G. U. 30/06/2010
Massime associate alla pronuncia: 34774 34775 34776 34777

Titolo
Esecuzione penale – Mandato d’arresto europeo per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale – Rifiuto, opposto dalla corte di appello, di consegnare il cittadino di un altro Paese membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno – Mancata previsione – Violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Irragionevole e sproporzionata discriminazione del cittadino di un altro Stato membro dell’Unione europea rispetto al cittadino italiano – Illegittimità costituzionale in parte qua – Assorbimento delle ulteriori questioni poste con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.

Testo
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., l’art. 18, comma 1, lett. r ), della legge 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell’Unione europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena detentiva in Italia conformemente al diritto interno. La disposizione impugnata – che consente alla corte di appello di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale e di disporre che la pena o la misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al diritto interno, soltanto qualora la persona ricercata sia cittadino italiano – tradisce la lettera e la ratio della norma dell’Unione europea alla quale avrebbe dovuto dare corretta attuazione, vale a dire l’art. 4, punto 6, della decisione quadro n. 584 del 2002 che attribuisce al legislatore nazionale la facoltà di prevedere che l’autorità giudiziaria rifiuti la consegna del condannato ai fini dell’esecuzione della pena detentiva nello Stato emittente quando si tratti di un cittadino dello Stato dell’esecuzione, ovvero ivi risieda o vi abbia dimora. Detta norma, come interpretata dalla Corte di giustizia, intende accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena cui essa è stata condannata. In tal senso, il criterio per individuare il contesto sociale, familiare e lavorativo, nel quale si rivela più facile e naturale la risocializzazione del condannato, durante e dopo la detenzione, non è tanto e solo la cittadinanza, ma la residenza stabile, il luogo principale degli interessi, dei legami familiari, della formazione dei figli e di quant’altro sia idoneo a rivelare la sussistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia. Gli Stati membri certamente avevano la facoltà di prevedere o di non prevedere il rifiuto di consegna; tuttavia, una volta operata la scelta di prevedere il rifiuto, andava rispettato il divieto di discriminazione in base alla nazionalità sancito dall’art. 12 del Trattato CE (oggi art. 18 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Tale divieto consente sì di differenziare la situazione del cittadino di uno Stato membro dell’Unione rispetto a quella del cittadino di un altro Stato membro, ma la differenza di trattamento deve avere una giustificazione legittima e ragionevole, sottoposta ad un rigoroso test di proporzionalità rispetto all’obiettivo perseguito. La censurata disposizione esclude, invece, radicalmente l’ipotesi che il cittadino di altro Stato membro possa beneficiare del rifiuto di consegna e dunque dell’esecuzione della pena in Italia. Ciò si traduce in una discriminazione soggettiva del cittadino di altro Paese dell’Unione in quanto straniero, che, in difetto di una ragionevole giustificazione, non è proporzionata. All’autorità giudiziaria competente spetta accertare la sussistenza del presupposto della residenza o della dimora, legittime ed effettive, all’esito di una valutazione complessiva degli elementi caratterizzanti la situazione della persona, quali, tra gli altri, la durata, la natura e le modalità della sua presenza in territorio italiano, nonché i legami familiari ed economici che intrattiene nel e con il nostro Paese, in armonia con le nozioni comunitarie di residenza e di dimora e con le indicazioni fornite al riguardo dalla Corte di giustizia. Infine, resta riservata al legislatore la valutazione dell’opportunità di precisare le condizioni di applicabilità al non cittadino del rifiuto di consegna ai fini dell’esecuzione della pena in Italia, in conformità alle conferenti norme dell’Unione europea, così come interpretate dalla Corte di giustizia. (Restano assorbite le questioni poste con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.). Per l’affermazione che «Il mandato d’arresto europeo poggia sul principio dell’immediato e reciproco riconoscimento del provvedimento giurisdizionale. Tale istituto, infatti, a differenza dell’estradizione non postula alcun rapporto intergovernativo, ma si fonda sui rapporti diretti tra le varie autorità giurisdizionali dei Paesi membri, con l’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate», v. la citata sentenza n. 143/2008.

Atti oggetto del giudizio
legge 22/04/2005 n. 69 art. 18 co. 1

Parametri costituzionali
Costituzione art. 11
Costituzione art. 117 co. 1
Costituzione art. 3
Costituzione art. 27 co. 3

Altri parametri e norme interposte
Trattato CE art. 12 (ora 18)
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Ordinanza 237/2010 Massima numero 34805
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMIRANTE Redattore TESAURO
Camera di Consiglio del 12/05/2010 Decisione del 05/07/2010
Deposito del 07/07/2010 Pubblicazione in G. U. 14/07/2010

Titolo
Estradizione – Mandato d’arresto europeo avente ad oggetto l’esecuzione di una pena – Facoltà di chiedere l’espiazione della pena in Italia allo straniero ivi residente, cittadino di uno stato membro dell’Unione europea – Mancata previsione – Inapplicabilità della norma impugnata nel giudizio principale – Manifesta inammissibilità della questione.

Testo
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 1, lettera c), della legge 22 aprile 2005, n. 69, in tema di mandato d’arresto europeo avente ad oggetto l’esecuzione di una pena, concernente la facoltà di chiedere l’espiazione della pena in Italia allo straniero ivi residente, cittadino di uno stato membro dell’Unione europea, in considerazione della inapplicabilità della norma impugnata nel giudizio principale.

Atti oggetto del giudizio
legge 22/04/2005 n. 69 art. 19 lett. c)

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3

Altri parametri e norme interposte
carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza 07/12/2000 art. 20

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Sentenza 249/2010 Massima numero 34820
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente AMIRANTE Redattore SILVESTRI
Camera di Consiglio del 09/06/2010 Decisione del 05/07/2010
Deposito del 08/07/2010 Pubblicazione in G. U. 14/07/2010
Massime associate alla pronuncia: 34821 34822 34823

Titolo
Reati e pene – Circostanze aggravanti comuni – Previsione quale circostanza aggravante del fatto commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale – Natura discriminatoria dell’aggravante – Irragionevole disparità di trattamento sanzionatorio tra lo straniero in condizione di soggiorno irregolare e il cittadino italiano o dell’Unione europea – Violazione del principio di uguaglianza – Lesione del principio di offensività del reato – Illegittimità costituzionale – Assorbimento delle ulteriori censure.

Testo
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, Cost., l’art. 61, numero 11- bis , cod. pen., introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. f ), del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 luglio 2008, n. 125, che prevede una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale. Premesso che la violazione delle norme sul controllo dei flussi migratori può essere penalmente sanzionata, per effetto di una scelta politica del legislatore non censurabile in sede di controllo di legittimità costituzionale, ma non può introdurre automaticamente e preventivamente un giudizio di pericolosità del soggetto responsabile; la disposizione in esame lede, innanzitutto, il principio di uguaglianza che non tollera ingiustificate disparità di trattamento fondate sulla differenza di condizioni personali e sociali, poiché prevede un regime sanzionatorio irragionevolmente più rigoroso per lo straniero in condizione di soggiorno irregolare. Questi, infatti, a parità di comportamenti penalmente rilevanti, non solo è punito più gravemente del cittadino italiano o dell’Unione europea (al quale l’aggravante non si applica per effetto della norma interpretativa di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 94 del 2009), ma rimane, altresì, esposto per tutto il tempo della sua successiva permanenza nel territorio nazionale, e per tutti i reati previsti dalle leggi italiane (tranne quelli aventi ad oggetto condotte illecite strettamente legate all’immigrazione irregolare), ad un trattamento penale più severo. La censurata aggravante rivela la propria natura discriminatoria allorché collega alla qualità personale di straniero irregolare, acquisita con un’unica violazione delle leggi sull’immigrazione, l’inasprimento della risposta punitiva prevista per i reati comuni, offensivi di interessi e valori che nulla hanno a che fare con la problematica dei flussi migratori. Dalla contraddizione insita nell’eterogeneità della natura della condotta antecedente rispetto a quella dei comportamenti successivi discende l’estraneità dell’aggravante stessa alla logica del maggior danno o del maggior pericolo per il bene giuridico tutelato dalle norme penali che prevedono e puniscono i singoli reati. Né potrebbe essere ritenuta ragionevole e sufficiente la finalità di contrastare l’immigrazione illegale: infatti, se questo scopo fosse perseguito in modo indiretto, ritenendo più gravi i comportamenti degli stranieri irregolari rispetto ad identiche condotte poste in essere da cittadini italiani o comunitari, si finirebbe per distaccare totalmente la previsione punitiva dall’azione criminosa contemplata nella norma penale e dalla natura dei beni cui la stessa si riferisce. Risulta, altresì, violato il principio di offensività del reato stabilito dall’art. 25, secondo comma, Cost., che, ponendo il fatto alla base della responsabilità penale, esige che un soggetto sia sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualità personali. Un principio, quest’ultimo, che senz’altro è valevole anche in rapporto agli elementi accidentali del reato. Tuttavia, la previsione considerata – rinvenendo la sua ratio sostanziale in una presunzione assoluta di maggiore pericolosità dell’immigrato irregolare – non vale a configurare la condotta illecita come più gravemente offensiva del bene protetto, ma serve a connotare una generale e supposta qualità negativa del suo autore. La qualità di immigrato irregolare diventa così uno “stigma”, che funge da premessa ad un trattamento penalistico differenziato del soggetto, i cui comportamenti appaiono, in generale e senza riserve o distinzioni, caratterizzati da un accentuato antagonismo verso la legalità. Le qualità della singola persona da giudicare rifluiscono nella qualità generale preventivamente stabilita dalla legge, in base ad una presunzione assoluta, che identifica un «tipo di autore» assoggettato, sempre e comunque, ad un più severo trattamento. (Restano assorbite le ulteriori censure proposte in relazione all’art. 27, commi primo e terzo, Cost.). Sulla spettanza dei diritti inviolabili «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», v. la citata sentenza n. 105/2001. Sull’illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti «del tutto estranei al fatto-reato», introducendo così una responsabilità penale d’autore «in aperta violazione del principio di offensività», v. la citata sentenza n. 354/2002. Per l’affermazione che «il principio costituzionale di eguaglianza in generale non tollera discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero», v. la citata sentenza n. 62/1994. Sulla compatibilità costituzionale di limitazioni ai diritti fondamentali, v. le citate sentenze n. 393/2006, n. 63/1994 e n. 366/1991. Sull’illegittimità costituzionale di norme incriminatrici fondate su presunzioni assolute di pericolosità e istitutive di irragionevoli discriminazioni, v. le citate sentenze n. 354/2002 e n. 370/1996. Con specifico riferimento alla condizione dello straniero entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo di permesso di soggiorno, ovvero responsabile del reato di indebito trattenimento nel territorio nazionale, v. le citate sentenze n. 78/2007 e n. 22/2007.

Atti oggetto del giudizio
codice penale art. 61
decreto legge 23/05/2008 n. 92 art. 1 co. 1
legge 24/07/2008 n. 125 art. 1

Parametri costituzionali
Costituzione art. 3 co. 1
Costituzione art. 25 co. 2
Costituzione art. 27 co. 1
Costituzione art. 27 co. 3
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Sentenza 105/2001 Massima numero 26150
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente RUPERTO Redattore MEZZANOTTE
Camera di Consiglio del 21/02/2001 Decisione del 22/03/2001
Deposito del 10/04/2001 Pubblicazione in G. U. 18/04/2001
Massime associate alla pronuncia: 26151

Titolo
Straniero – Espulsione amministrativa – Espulsione disposta dal prefetto – Impossibilità di dare esecuzione con immediatezza alla misura – Trattenimento dello straniero presso il centro, più vicino, di permanenza temporanea e di assistenza – Oggetto della convalida giudiziaria – Ritenuta sottrazione al vaglio del giudice della legittimità dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica – Lamentata incidenza sulla liberta’ personale, con violazione del principio della riserva di giurisdizione – Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.

Testo
L’art. 13, commi 4, 5 e 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sia in base all’interpretazione letterale, sia in base a quella sistematica, va inteso nel senso che il giudizio di convalida del trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea investe non solo il trattenimento stesso, ma anche il provvedimento di espulsione amministrativa, e la sua specifica modalità di esecuzione consistente nell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Pertanto, in caso di insussistenza dei presupposti stabiliti dall’articolo 13 del d. lgs. n. 286 del 1998 per far luogo al trattenimento, la mancata convalida travolge necessariamente anche il suddetto provvedimento di accompagnamento. E’, pertanto, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell’articolo 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui non prevede che la mancata convalida del trattenimento, in caso di insussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13 del d. lgs. n. 286 del 1998, elida gli effetti del provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica.

– In tema di incidenza sulla libertà personale dell’accompagnamento coattivo alla frontiera, v. sentenza n. 62/1994.

– Sulla qualificazione del foglio di via obbligatoria quale misura incidente sulla libertà personale, v. sentenza n. 2/1956.

– Sulla compatibilità dell’ordine di rimpatrio con l’art. 13 Cost., v. sentenza n. 210/195.

– Sulla compatibilità con l’art. 13 Cost. delle norme che consentono accertamenti tossicologici, v. sentenza n. 194/1996.

M.R.

Atti oggetto del giudizio
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 13 co. 4
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 13 co. 5
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 13 co. 6
decreto legislativo 25/07/1998 n. 286 art. 14 co. 4

Parametri costituzionali
Costituzione art. 13 co. 2
Costituzione art. 13 co. 3

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