Magistratura e Facebook

“Una nota del presidente della sezione gip del tribunale di Palermo mette dei paletti all’utilizzo del social network da parte dei giudici. Chiede di evitare contatti con gli organi di stampa e di non parlare di temi riconducibili a questioni di ufficio.

PALERMO- La nota arriva nel bel mezzo dell’estate palermitana in un Palazzo di giustizia in cui già si parla, a ragione, di ferie. A firmarla è il presidente della sezione Gip del Tribunale di Palermo, Cesare Vincenti. Una sezione, composta da giudici per le indagini o per le udienze preliminari – Gip e Gup -, in cui si discute di temi che incidono sulla vita di un uomo. Come la privazione o la concessione della libertà, ad esempio. Stavolta, però, si parla di Facebook. Il principe dei social network che, in maniera diversa dalle misure cautelari e personali, ha finito per incidere nella vita di molte persone.

 

Il presidente Vincenti prende carta e penna per mettere dei paletti sull’utilizzo di Facebook, laddove non basta il buonsenso e non intervengono dei codici a regolamentare il comportamento dei magistrati. Vincenti prima fa un richiamo alla necessità di evitare contatti con gli organi di stampa per evitare il sorgere di conflitti all’interno dell’ufficio, di possibili dubbi sulla terzietà del giudice o di contrasti con l’ufficio inquirente, e cioè la Procura della Repubblica. Il tutto in un momento in cui la sezione Gip è impegnata in un delicato passaggio dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Nei giorni della nota, infatti, si sta decidendo quale giudice dovrà decidere se mandare a processo o meno gli indagati. Momento delicato, dunque, che impone continenza. Quella continenza a cui fa richiamo la seconda parte della nota del presidente, laddove il discorso esula dall’oggetto particolare della faccenda per trattare i comportamenti che, in generale, un magistrato dovrebbe tenere.

 

“Appare inoltre assolutamente inopportuno – scrive Vincenti – interloquire su Facebook o altri social network su tematiche non di carattere privato o comunque riconducibili a questioni di ufficio. Invito pertanto tutti – conclude – alla adesione a modelli di comportamento improntati al massimo riserbo e ad evitare esternazioni in rete comunque riferibili a questioni di Ufficio”.

 

Insomma su Facebook si può parlare di ferie, viaggi, serate fra amici, stati di animo e conflitti interiori. Ma lasciamo fuori il lavoro quando questo tratta i temi delicati della giustizia. Di magistrati in rete – Gip, Gup o pubblici ministeri che siano -, titolari di profili Facebook, ce ne sono parecchi. Così come professori, ingegneri, operai, giornalisti e nullafacenti. E’ un macrocosmo, virtuale ma fatto di persone vere, in cui pubblico e privato si mescolano. Si confondono spesso, dando vita a mondi paralleli. Come se uno potesse svestire con un semplice clic i panni di ciò che abitualmente è nella vita reale. Tutto dipende dalla continenza. Dal modo in cui il mezzo viene utilizzato. Solo che non tutti hanno un presidente che prenda carta e penna per ricordarlo.

 

La nota di apprezzamento della Camera penale

 

“La Camera Penale “G. Bellavista” di Palermo esprime piena condivisione rispetto al contenuto della nota del Presidente dei Gip di Palermo. La riservatezza del magistrato giudicante,  sintomo di elevata professionalità, rappresenta un valore imprescindibile a tutela del principio di Terzietà e di Imparzialità del Giudice. L’attività giurisdizionale, solamente se immune da potenziali condizionamenti, anche di tipo mediatico, costituisce indice di piena credibilità delle Istituzioni”.

(Fonte:www.livesicilia.it)

 

FacebookTwitterEmailTelegramShare