Giurisprudenza Cassazione sull’Immigrazione 2017/18

28155 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
DI PALMA SALVATORE
GENOVESE FRANCESCO A.
ACIERNO MARIA
NAZZICONE LOREDANA
FALABELLA MASSIMO
Presidente
Consigliere
Consigliere – Rel.
Consigliere
Consigliere
Oggetto
espulsione
Ud. 14/07/2017 PU
Cron.g),55
R.G.N. 15785/2015
SENTENZA
sul ricorso 15785/2015 proposto da:
Singh Gurvinder, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico
n.78,
presso lo studio dell’avvocato
Ferrara Alessandro,
rappresentato e difeso dagli avvocati
Ferrara Silvio, Ricciardi
Francesco, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositato
il 09/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/07/2017 d
cons.
ACIERNO MARIA;
udito
il P.M.,
pergorm del %Eigtituto Procuràtere G~

WP
ZENO
IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento per quanto efl
ragione del motivo primo e secondo.
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 13/04/2015 il Giudice di pace di Roma ha
convalidato il provvedimento del 09/04/2015 con cui il Questore ha
disposto il trattenimento presso il C.I.E. di Ponte Galeria del cittadino
straniero Singh Gurvinder, destinatario di un provvedimento di
espulsione amministrativa con accompagnamento alla frontiera.
Il Giudice di pace ha ritenuto sussistenti i presupposti
ex
art. 14,
d.lgs. 286/98, sulla base del pericolo di fuga derivante dalla
mancanza di un documento valido per l’espatrio; ha altresì rilevato
che lo straniero non aveva chiesto alcun termine per il rimpatrio
volontario.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Avverso suddetto decreto propone ricorso per cassazione il cittadino
straniero sulla base di tre motivi. Non svolge difese
l’Amministrazione intimata.
9
Con ordinanza n. 4729/2017, in esito all’adunanza camerale del
13/01/2017, la Sesta sezione civile ha rimesso la trattazione del
presente ricorso alla pubblica udienza della Prima sezione civile.
Con il primo motivo viene denunciata la violazione,
ex
art. 360, n. 3,
c.p.c., dell’art. 14, commi 4 e 5, d.lgs. 286/98 e dell’art. 135 c.p.c.
in relazione agli artt. 5 e 7, par. 2 e 9 della Dir. 115/2008/CE, con
contestuale violazione dell’art. 13, comma 8, d.lgs. 286/98 e dell’art.
18, d.lgs. 150/11. Il Giudice di pace ha mancato di valutare la
legittimità e la conformità al diritto europeo della misura del
trattenimento, quale modalità esecutiva dell’espulsione, alla luce del
principio di proporzionalità sancito dalla “direttiva rimpatri”. La
circostanza della mancanza di un documento valido per l’espatrio è
stata smentita in udienza dallo stesso ricorrente, che ha riferito di
essere munito di regolare passaporto presso la propria abitazione.
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione,
ex
art. 360, n.
3, c.p.c., degli artt. 13 e 14, d.lgs. 286/98 in relazione alla Direttiva
2008/115/CE, perché il Giudice di pace non ha verificato la
conformità dell’adottato trattenimento al principio di gradualità delle
misure repressive e al principio di proporzionalità cui è improntata la
normativa comunitaria.
Con il terzo motivo viene lamentata la violazione e mancata
applicazione degli artt. 5, 6 par. 1, 8 e 13 della CEDU e dell’art. 1 del
relativo Protocollo n. 7, in quanto, a fronte delle allegazioni del
ricorrente, il Giudice di pace avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità del
provvedimento questorile sotto profilo dell’arbitrarietà e mala fede
con cui la potestà restrittiva della libertà personale è stata
esercitata, nonché la violazione del suo diritto all’unità familiare.
Per l’adunanza camerale del 13/01/2017, a seguito della proposta di
manifesta infondatezza del ricorso formulata dal Consigliere relatore
3
ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., il ricorrente ha depositato memoria
difensiva, evidenziando in particolare il mancato esercizio, da parte
del Giudice di pace, di un controllo giuridico pieno ed effettivo,
esteso al merito della scelta questorile, circa la concreta sussistenza
del pericolo di fuga, a prescindere dall’invocata mancanza del
passaporto o di altro documento equipollente. In subordine, il
ricorrente chiede che sia sollevata questione pregiudiziale
interpretativa ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E. con riferimento alla
compatibilità degli artt. 13, comma
4bis
e 14, comma
5ter,
con gli
artt. 7 e 15 della direttiva 2008/115/CE, in quanto il legislatore
italiano, nello stabilire che in determinate circostanze ricorre sempre
il pericolo di fuga, ha privato l’autorità giurisdizionale della possibilità
di un controllo sulla proporzionalità della misura del trattenimento
quale modalità esecutiva dell’espulsione, sancendo un illegittimo
automatismo basato su una presunzione assoluta.
I tre motivi di ricorso, che possono trattarsi congiuntamente in
quanto strettamente connessi e parzialmente ripetitivi, non sono
fondati.
Atteso che il nucleo delle censure esposte attiene alla violazione del
principio di proporzionalità e gradualità nella scelta delle modalità
attuative del provvedimento espulsivo, deve rilevarsi che il Giudice di
pace ha accertato la mancanza del passaporto o di altro documento
valido per l’espatrio, che costituisce un prerequisito indispensabile
per l’adozione delle invocate misure alternative al trattenimento di
cui all’art. 14, comma
lbis,
d.lgs. 286/1998, che così dispone:
«Nei
casi in cui lo straniero è in possesso di passaporto o altro documento
equipollente in corso di validità (…) il questore, in luogo del
trattenimento di cui al comma 1, può disporre una o più delle
4
seguenti misure (…)».
(Cass. n. 20108 del 07-10-2016). Ai fini della
presente disposizione non può considerarsi “documento equipollente”
il permesso di soggiorno, peraltro privo di validità.
Tale requisito è altresì necessario, a monte, per la concessione di un
termine per la partenza volontaria in luogo dell’accompagnamento
coattivo alla frontiera, giacché lo straniero
«può chiedere al prefetto,
ai fini dell’esecuzione dell’espulsione, la concessione di un periodo
per la partenza volontaria»
soltanto
«qualora non ricorrano le
condizioni per l’accompagnamento immediato alla frontiera di cui al
comma 4»
(art. 13, comma 5, cit.), ovvero qualora, tra l’altro, non
sussista il rischio di fuga, che si configura anche in caso di
«mancato
possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in corso
di validità»
(art. 13, comma
4bis).
Benché il ricorrente deduca (p. 13 dell’atto di ricorso) di essere in
possesso di passaporto, tale circostanza è priva di qualsiasi
riscontro, giacché nell’elenco dei documenti che egli dichiara di aver
prodotto dinanzi al Giudice di pace (pp. 4-3 dell’atto di ricorso)
manca il passaporto, e non viene nemmeno indicato se esso sia
stato prodotto in questa sede.
Anche il profilo concernente l’asserita violazione del diritto all’unità
familiare perde di rilievo non potendo essere preso in esame a fronte
della mancanza del requisito costituito dalla mancanza di documento
valido per l’espatrio. Peraltro per come prospettata si tratta di una
censura attinente all’espulsione e non alle sue modalità attuative,
con la conseguenza che può essere proposta solo in sede di
impugnativa giurisdizionale del provvedimento presupposto, non
rientrando nei criteri normativamente previsti per escludere
l’accompagnamento coattivo o per adottare misure sostitutive al
trattenimento (Cass. 17632 del 05-09-2016).
5
Non è nel caso di specie prospettabile, per difetto di rilevanza,
alcuna questione di incompatibilità tra le norme del d.lgs. 286/1998
e gli artt. 7 e 15 della Direttiva “rimpatri” 115/2008, dedotta dal
ricorrente in relazione alla mancata valutazione della sua situazione
personale e familiare.
Invero, l’esclusione della concessione del termine per la partenza
volontaria è stata dettata dalla sussistenza del rischio di fuga
desunto dalla mancanza del passaporto o di altro documento
equipollente, ovvero una delle circostanze previste dall’art. 13,
comma
4bis,
per la configurabilità del rischio suddetto. Come già
statuito da questa Corte (Cass. 437 del 10/01/2014), la
predeterminazione dei criteri sulla base dei quali scrutinare la
sussistenza del rischio di fuga costituisce un doveroso adempimento
legislativo, espressamente previsto dalla Direttiva, dal momento che
la stessa, al n. 7 dell’art. 3, nella definizione di “rischio di fuga”,
rimette alla legge (dei singoli Stati) l’indicazione dei motivi, basati su
criteri obiettivi, dai quali ritenere sempre, previa valutazione del
singolo caso, la sussistenza del rischio predetto (il “rischio di fuga” è,
secondo tale disposizione,
«la sussistenza in un caso individuale di
motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che
un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio
possa tentare la fuga»).
A sua volta il par. 4 dell’art. 7 della Direttiva
de qua
prevede che
«se
sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è
stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o
se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la
pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono
astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o
concederne uno inferiore a sette giorni».
6
Il Presidente
r. Salvat
di alma)
Quanto al trattenimento, l’art. 15 della Direttiva dispone che
«salvo
se nel caso concreto possono essere applicate altre misure sufficienti
ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino
di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per
preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, in particolare
quando: a) sussiste un rischio di fuga (…)».
Il rifiuto di concedere un termine per la partenza volontaria è, nel
caso di specie, sussumibile nell’ipotesi prevista dall’art. 13, comma
4bis,
lett.
a),
d.lgs. 286/98, che è una delle circostanze che il
legislatore italiano, in attuazione della Direttiva 115/2008, ha
predeterminato ai fini dell’oggettiva configurabilità del rischio di
fuga.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non occorre
provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della
mancata attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così è deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 luglio 2017.
Il Consigliere Estensore
(dr.ssa Maria Acierno)
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
2 4
NOV. 2017
IL CANCEERE B3
Dott.ssa Fabt ia Barone
7 ___________________________

2
8
1 5 7 2
O
I 7
7
4
,
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
DI PALMA SALVATORE
GENOVESE FRANCESCO A.
ACIERNO MARIA
NAZZICONE LOREDANA
FALABELLA MASSIMO
Presidente
Consigliere
Consigliere – Rel.
Consigliere
Consigliere
Oggetto
IMMIGRAZIONE
Ud. 14/07/2017 PU
Cron..22,i5
R.G.N. 20288/2015
SENTENZA
sul ricorso 20288/2015 proposto da:
Musah Yakubu, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avvocato Gobbi Fabrizio, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Biella;
– intimata –
avverso la sentenza del GIUDICE DI PACE di BIELLA, depositata il
11/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/07/2017 dal cons. ACIrRNO MARTA:
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO
IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con decreto n. 20/2015 il Prefetto di Biella ha disposto, ai sensi
dell’art. 14, comma
5quater,
d.lgs. 286/98, l’espulsione con
accompagnamento alla frontiera del cittadino ghanese Yakubu
Musah, in quanto già destinatario di due precedenti provvedimenti
espulsivi emanati il 29/01/2007 e il 25/07/2010, entrambi
accompagnati dall’ordine questorile, non ottemperato, di lasciare il
territorio dello Stato entro il termine di sette giorni. Il Prefetto aveva
rilevato, ai fini della mancata concessione del termine per la
partenza volontaria, la sussistenza del rischio di fuga desumibile dal
non avere lo straniero né un’attività lavorativa né un alloggio stabile
e dall’aver fornito false generalità.
Con decreto del 04/06/2015 il Giudice di Pace di Biella ha rigettato
l’opposizione proposta dallo straniero avverso il provvedimento
espulsivo n. 20/2015, rilevando che il termine per la partenza
volontaria era stato legittimamente negato dal Prefetto in ragione
della pericolosità sociale del ricorrente e della sussistenza del
pericolo di fuga, desunta dal non avere il medesimo ottemperato
all’intimazione di lasciare il territorio entro il termine di sette giorni
come indicato nei precedenti decreti di espulsione del Prefetto di
Milano emessi il 29/01/2007 e il 25/07/2010. Inoltre, Yakubu Musah
7
ha dichiarato false generalità e non ha dimostrato di avere un’attività
lavorativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Avverso suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione il
cittadino straniero, sulla base di due motivi.
Non svolge difese l’Amministrazione intimata.
Con il primo motivo viene lamentata l’omessa motivazione
ex
art.
360, n. 5, c.p.c., in relazione a tutte le circostanze di fatto enucleate
nell’atto di opposizione al decreto di espulsione (e dimostrate
documentalmente) circa la sussistenza dei requisiti necessari per
ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno, in particolare la
disponibilità di un alloggio stabile insieme alla moglie e ai tre figli
minori. A tal fine non è stato svolto, né dall’autorità amministrativa
né dal giudice, alcun bilanciamento tra l’interesse familiare e quello
alla sicurezza, come prescritto dall’art. 5, comma 5, T.U. n. 286 del
1998.
Con il secondo motivo viene lamentata l’omessa motivazione
ex
art.
360, n. 5, c.p.c., in relazione alla violazione dell’art. 5 della Direttiva
“rimpatri” 115/2008, in quanto il Giudice di Pace non ha tenuto in
considerazione la situazione familiare e personale del ricorrente,
giunto in Italia nel 1986 e attualmente sposato con una cittadina
nigeriana, con cui ha avuto tre figli minori nati in Italia e qui
residenti con la madre ai fini del diniego della partenza volontaria.
Il primo motivo è inammissibile perché denuncia un vizio
motivazionale relativo all’omesso esame dei presupposti per
l’ottenimento di un titolo di soggiorno, che invece è una questione
3
estranea al sindacato del giudice dell’espulsione, il quale è tenuto
unicamente a controllare l’assenza del permesso di soggiorno perché
non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato,
annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo
(ex multis,
Cass. 9928/2017).
Per altro verso, la sentenza impugnata resiste alle censure relative
alla mancata considerazione del diritto all’unità familiare
nell’adozione del decreto di espulsione, giacché il Giudice di pace ha
ritenuto assorbente la valutazione negativa sulla pericolosità sociale
dello straniero, desunta dalle numerose condanne penali riportate
per gravi reati. Invero, come statuito da questa Corte, l’art. 13 del
d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nello stabilire che si debba tener conto,
nell’adozione di un decreto di espulsione, della natura e
dell’effettività dei vincoli familiari dello straniero, tende a
salvaguardare il diritto alla vita familiare di quest’ultimo non in senso
assoluto, ma operando un adeguato bilanciamento con interessi
pubblici eventualmente confliggenti. In altri termini, la tutela del
diritto al rispetto della vita privata e familiare, sancita anche dall’art.
8 della Convenzione europea dei diritti umani, non è incondizionata,
posto che l’ingerenza dell’autorità pubblica nella vita privata e
familiare è consentita, ai sensi dell’art. 2 della CEDU, se prevista
dalla legge quale misura necessaria ai fini della sicurezza nazionale,
del benessere economico del Paese, della difesa dell’ordine e della
prevenzione dei reati, della protezione della salute e della morale e
della protezione dei diritti e delle libertà altrui (Cass. n. 14610 del
13/07/2015,; Cass. n. 18608 del 03/09/2014,).
Il secondo motivo è infondato. La contestazione mossa dal ricorrente
verte su un profilo attinente alle modalità attuative dell’espulsione e
non alla legittimità del provvedimento. Tuttavia, la Direttiva citata n.
4
115/2008 non esclude che l’espulsione del cittadino straniero si
componga – come accade nel nostro ordinamento – di due fasi, una
attinente alla
“decisione di rimpatrio”
(art. 2, par. 2, n.
4),
dir.
2008/115/CE) e l’altra attinente
all’allontanamento”
(art. 2, par. 2,
n.
5),
dir. cit.). Posto, pertanto, che è compatibile con i principi
eurounitari la distinzione del procedimento in due fasi distinte, non
può essere censurata la legittimità del provvedimento espulsivo per
ragioni attinenti esclusivamente all’attuazione della misura coercitiva.
Infatti, come statuito da questo Supremo Collegio in più occasioni, il
rimpatrio del cittadino straniero che sia entrato o soggiorni
irregolarmente nel nostro territorio si compone di due fasi che
sfociano in due provvedimenti diversi a natura vincolata, emessi da
autorità diverse (l’espulsione il Prefetto; le misure attuative il
Questore) e che si fondano su requisiti del tutto autonomi e non
sovrapponibili (Cass. n. 10243 del 20-06-2012; Cass. n. 12125 del
17-05-2013; Cass. n. 11769 del 08-06-2016).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non occorre
provvedere in ordine alle spese processuali in considerazione della
mancata attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così è deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 luglio 2017.
Il Consigliere Estensore
Il Presidente
(dr.ssa Maria Aci rno)
. Salv
• Palma)
5
DEPOSITATO !N CANCELLERIA
il
2 4
NOV
2017
IL CANCEL RE B3
Dott.ssa
Fabri Barone
_______________________

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Immagine della sentenza

Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6000 del 08/03/2017 (Rv. 644266 – 01)

Presidente: DOGLIOTTI MASSIMO. Estensore: VITTORIO RAGONESI. Relatore: VITTORIO RAGONESI.

M. (ZAPPELLI DAVID) contro M.
Cassa con rinvio, GIUDICE DI PACE MASSA, 21/05/2015

116 – 029

ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA – POLIZIA DI SICUREZZA – LIMITAZIONI DI POLIZIA – STRANIERI Divieto di espulsione per motivi di salute – Condizioni – Limiti – Accertamento del giudice di pace.

La garanzia del diritto fondamentale alla salute impedisce l’espulsione temporanea dello straniero ove questi, dall’immediata esecuzione del provvedimento, potrebbe subirne un irreparabile pregiudizio, dovendo tale garanzia comprendere non solo le prestazioni di pronto soccorso e di medicina d’urgenza, ma anche tutte le altre prestazioni essenziali per la vita. Ne consegue che il giudice di pace, richiesto di confermare il provvedimento di espulsione dello straniero, ha l’obbligo di verificare se la sindrome di cui soffre l’espulso non costituisca ostacolo all’esecuzione del provvedimento di allontanamento.
Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 25/07/1998 num. 286 art. 5 com. 6
Decreto Legisl. 25/07/1998 num. 286 art. 18
Decreto Legisl. 25/07/1998 num. 286 art. 19
Decr. Legisl. Pres. 25/07/1998 num. 286 art. 35 com. 6
Decreto Legisl. 25/07/1998 num. 286 art. 36

Massime precedenti Vedi: N. 13252 del 2016 Rv. 640224 – 01, N. 7615 del 2011 Rv. 617422 – 01histunlisted
_________________________

Oggetto
IMMIGRAZIONE
Ud. 17/10/2017 – CC
E
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE -1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
FRANCESCO
Dott.
– Rel. Presidente –
ANTONIO GENOVESE
Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO – Consigliere –
Dott. MAURO DI MARZIO
– Consigliere –
Dott. MARCO MARULLI
– Consigliere –
Dott. GUIDO MERCOLINO
– Consigliere –
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
12.(3.N. 3867/2016
Rep
sul ricorso 3867-2016 proposto da:
OMOBOW_ASA WILSON, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
SAN DOMENICO n.20, presso lo studio legale CAPOTORTO
avvocato DANIELA DI ROCCO, rappresentato e difeso
dall’avvocato LUCIANO GAROFALO;
C
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– ricorrente –
contro
QUESTURA DI BARI;
– intimata –
avverso il Provvedimento di Trattenimento del GIUDICE DI PACE
di BARI del 11/12/2015, emesso sul procedimento iscritto al
n°11414/2015 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 17/10/2017 dal Presidente relatore Dott.
FRANCESCO ANTONIO GENOVESE.
FATTI DI CAUSA
e
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con decreto in data 11 dicembre 2015, il Giudice di Pace di
Bari ha convalidato il provvedimento adottato dal Questore di
Taranto di trattenimento nel centro di identificazione ed
espulsione del sig.
Wilson Omobowasa,
cittadino nigeriano.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione il
predetto sig.
Omobowasa,
con atto notificato il 1 febbraio
2016, sulla base di cinque motivi, con
i
quali lamenta la
violazione e falsa applicazione di varie disposizioni contenute
nel D. Lgs. n. 286 del 1998 (art. 14, co. 4 e 2, co. 6), D. Lgs.
n. 142 del 2015 (artt. 7, 1, co.2, 2, co. 1, 6, co. 4), D. Lgs. n.
25 del 2008 (art. 10-bis). Varie direttive UE (2013/32/Ue) e
convv internazionali (CEDU, Patto di NY) e Cost. (art. 24).
Il Ministero, nei cui confronti è stato ordinata (in via
interlocutoria) l’integrazione del contraddittorio, non ha svolto
difese.
Il Collegio condivide la proposta di definizione della
controversia notificata alla parte costituita nel presente
procedimento, la quale ha svolto alcune osservazioni critiche
che sono in parte suscettibili di accoglimento, specialmente ove
richiamano i precedenti di questa stessa Corte.
Infatti, con riguardo al regolarità del contraddittorio, questa
Corte (Sez. 1, Sentenza n. 4544 del 2010; Sez. 1, Sentenza n.
13767 del 2010; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 12709 del 2016) ha
già enunciato il seguente principio di diritto:
«Al procedimento
giurisdizionale di decisione sulla richiesta di proroga del
trattenimento presso un Centro di Permanenza Temporanea
dello straniero, già sottoposto a tale misura per il primo
segmento temporale previsto dalla legge, devono essere
applicate le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti
nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione
dell’interessato, che sono previste esplicitamente, ai sensi
dell’art. 14, quarto comma, del d.lgs. n. 286 del 1998, nel
procedimento di convalida della prima frazione temporale del
trattenimento, essendo tale applicazione estensiva imposta da
un’interpretazione costituzionalmente orientata del successivo
comma quinto, relativo all’istituto della proroga, tenuto conto
che un’opposta lettura delle norme sarebbe in contrasto con gli
artt. 3 e 24 Cost..».
Ric. 2016 n. 03867 sez. M1 – ud. 17-10-2017
-2-
Con particolare riferimento al caso del trattenuto che, per
ragioni sanitarie, sia sottoposto a trattamenti di semplice
profilassi, senza pericoli per la salute pubblica, questa Corte
(Sez. VI-1, ordinanze nn. 10743 e 11468 del 2017) ha
specificamente escluso l’esistenza di un legittimo impedimento
del trattenuto a comparire all’udienza di convalida, sicché
l’avere il difensore eccepito la violazione del diritto di difesa
dello straniero che chiede di essere sentito in sede di convalida
costituisce eccezione rilevante e fondata che deve impedire al
Giudice, in ragione della ingiustificata assenza dell’interessato
all’udienza di convalida, di procedere alla sua celebrazione e
alla pronuncia del provvedimento di convalida impugnato che,
perciò solo, si rivela irritualmente dato e quindi deve essere
cassato in applicazione del seguente principio di diritto:
«In tema di procedimento di convalida del trattenimento dello
straniero nel centro di identificazione ed espulsione, ai sensi
degli artt. 14 del d.lgs. n. 25 del 2008, le garanzie del
contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del
difensore e nell’audizione dell’interessato, per il procedimento
di convalida del trattenimento, trovano applicazione senza che
sia necessaria la richiesta dell’interessato di essere sentito.
Pertanto, costituisce eccezione rilevante e fondata quella
sollevata dal difensore del trattenuto il quale alleghi la
violazione del diritto di difesa dello straniero che, pur
chiedendolo, non venga accompagnato davanti al giudice della
convalida in ragione di trattamenti di semplice profilassi (nella
specie: antiscabia), che non costituiscano pericoli per la salute
pubblica.».
Il decreto impugnato, in applicazione dell’enunciato principio di
diritto, va pertanto cassato senza rinvio, difettando i termini
per la celebrazione di un nuovo giudizio di convalida, ormai
spirati, con l’addebito delle spese della fase di merito e di
quelle di questo grado di giudizio.
PQM
La Corte,
Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato e
condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese
processuali dell’intero giudizio che liquida, per la fase davanti
al Giudice di Pace in C 500,00 di cui 100,00 per esborsi e, per
questa fase di legittimità, in complessi C 1.200,00, di cui C
100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ed agli accessori
di legge dei due gradi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
sezione civile, il 17 ottobre 2017.
Ric. 2016 n. 03867 sez. M1 – ud. 17-10-2017
_________________________________-

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
DI PALMA SALVATORE
Presidente
GENOVESE FRANCESCO A.
Consigliere – Rel.
ACIERNO MARIA
Consigliere
Oggetto
Straniero — Espulsione —
Esecuzione – Decreto di
trattenimento del questore –
Provvedimento
giurisdizionale di convalida
– Caratteri – Revocabilità ex
art. 742 cod. proc. civ. –
Esclusione – Fondamento.
NAZZICONE LOREDANA
FALABELLA MASSIMO
Consigliere
Consigliere
Ud. 14/07/2017 PU
Cron.
R.G.N. 3664/2016
SENTENZA
sul ricorso 3664/2016 proposto da:
Gookooluk Sunjay, elettivamente domiciliato in Roma, Viale
Angelico n.78, presso lo studio dell’avvocato Ferrara Alessandro,
rappresentato e difeso dagli avvocati Crasta Alessandro, Ferrara
Silvio, giusta procura a margine del ricorso;
a
-ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositata il
20/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/07/2017 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO
IMMACOLATA che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine
rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.
Con «ordinanza» in data 12 ottobre 2015, il giudice di Pace di
Roma ha dichiarato improcedibile l’istanza del sig.
Gookooluk Sunjay,
cittadino delle
Mauritius,
proposta per ottenere la «revoca» del
decreto di convalida che, ai fini della sua espulsione dal territorio
nazionale, stabilita [ai sensi dell’art. 13, co. 2, lett. c) D. Lgs. n. 286
del 1998] con provvedimento del locale Prefetto in data 18 agosto
2015, aveva confermato il suo trattenimento presso il CIE (di Ponte
Galeria), adottato dal Questore di Roma in data 20 agosto 2015, e
notificatogli il 1 dicembre 2015.
2.Avverso tale pronuncia di improcedibilità della richiesta di revoca
della convalida «espulsiva»
[recte:
del trattenimento presso il CIE],
ex
artt. 742 e
742-bis
cod. proc. civ., ha proposto ricorso per
cassazione il sig.
Gookooluk Sunjay,
sulla base di tre motivi.
3.
Il Ministero non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso [Violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 13, 14 e 15 della Direttiva UE n. 115 del 2008: art. 360 n.
3 cod. proc. civ.] il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia
dichiarato improcedibile l’istanza ritenendo inapplicabili al rito gli artt.
742 e
742-bis
cod. proc. civ., dovendosi invece seguire la procedura
penale.
1.1.
In particolare, il giudice avrebbe comunque violato l’art. 15 della
cd. «direttiva rimpatri» che, pur non integralmente recepita nel
nostro ordinamento, si applicherebbe comunque al caso esaminato,
trattandosi di norma
self-executing,
secondo l’interpretazione data
dalla Corte di Giustizia UE e secondo un’interpretazione
costituzionalmente orientata.
2.
Con il secondo [Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13 e
14, co.5, D. Lgs. n. 286 del 2008, in relazione agli artt. 13 e 15
2
Direttiva CE 2008/115/CE: art. 360, n. 3, cod. proc. civ.] il ricorrente
lamenta che il Giudice di Pace non abbia considerato la riferita
assenza di
utilità del trattenimento
dello straniero, considerato che la
limitazione personale si era già prolungata per 90 giorni e che
mancherebbe in Italia persino una rappresentanza diplomatica del
Paese di provenienze. Nella specie, difetterebbe l’utilità del
trattenimento, anche in rapporto ai principi di proporzionalità ed
efficacia della misura.
3.
Infine, con il terzo [Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13
e 14, co.5, e 19, co. 2, D. Lgs. n. 286 del 1998: art. 360 n. 3 cod.
proc. civ.] il ricorrente lamenta che il Giudice di Pace, ai fini della
decisione richiesta, non abbia tenuto conto del provvedimento di
sospensione in via cautelare relativo al diniego questorile del
permesso di soggiorno per coesione familiare, pronunciato dal
tribunale di Roma, e dell’ordinanza del Giudice di pace di Roma
avverso il provvedimento di espulsione.
***
4.
Le tre doglianze, che mirano tutte allo stesso risultato, ossia quello
di ottenere l’annullamento del provvedimento reso
in limine
del
Giudice di Pace, il quale, dichiarando l’istanza improcedibile, l’ha
esclusa dallo scrutinio di merito, possono essere trattate
congiuntamente ed, essendo fondate, accolte nel loro insieme.
4.1.
Infatti, le censure svolte con il ricorso consistono in una richiesta
di applicazione dell’art. 15 della Direttiva UE n. 115 del 2008 che, pur
non recepita nel nostro ordinamento interno, costituisce diritto
direttamente applicabile in quanto disposizione
self-executing.
4.2.
Il richiamato art. 15
(trattenimento),
stabilisce:
«3.
In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli
ragionevoli su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato o
d’ufficio. Nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è
sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria.
4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di
allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che
non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1, il trattenimento
non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente
rilasciata. ».
4.3.
Orbene, in ordine a tale disposizione, la CGUE con la sentenza
(Prima Sezione) del 28 aprile 2011 (caso:
Hassen El Dridi,
alias
Soufi
Karim),
pronunciandosi sulla domanda di pronuncia pregiudiziale della
Corte d’appello di Trento (sia pure con riferimento al regime del
trattenimento anteriore), ha affermato i seguenti principi di diritto:
«40. Conformemente all’art. 15, n. 1, secondo comma, della direttiva
2008/115, tale privazione della libertà deve avere durata quanto più
breve possibile e protrarsi solo per il tempo necessario
3
all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio. Ai sensi dei nn.
3 e 4 di detto art. 15, tale privazione della libertà è riesaminata ad
intervalli ragionevoli e deve cessare appena risulti che non esiste più
una prospettiva ragionevole di allontanamento. I nn. 5 e 6 del
medesimo articolo fissano la sua durata massima in 18 mesi, termine
tassativo per tutti gli Stati membri. L’art. 16, n. 1, di detta direttiva,
inoltre, prescrive che gli interessati siano collocati in un centro
apposito e, in ogni caso, separati dai detenuti di diritto comune.».
«43. In particolare, la durata massima prevista all’art. 15, nn. 5 e 6,
della direttiva 2008/115 ha lo scopo di limitare la privazione della
libertà dei cittadini di paesi terzi in situazione di allontanamento
coattivo (sentenza 30 novembre 2009, causa C-357/09 PPU,
Kadzoev, Racc. pag. 1-11189, punto 56). La direttiva 2008/115
intende così tener conto sia della giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo, secondo la quale il principio di _proporzionalità
esige che il trattenimento di una persona sottoposta a procedura di
espulsione o di estradizione non si protragga oltre un termine
ragionevole, vale a dire non superi il tempo necessario per
raggiungere lo scopo perseguito (v., in particolare, Corte eur. D.U,
sentenza Saadi c. Regno Unito del 29 gennaio 2008, non ancora
pubblicata nel Recueil des arréts et décisions , §§ 72 e 74), sia
dell’ottavo dei «Venti orientamenti sul rimpatrio forzato» adottati il 4
maggio 2005 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, ai quali
la direttiva fa riferimento nel terzo ‘considerando’. Secondo tale
principio, il trattenimento ai fini dell’allontanamento deve essere
quanto più breve possibile.».
«46.
Orbene, per costante giurisprudenza, qualora uno Stato membro
si astenga dal recepire una direttiva entro i termini o non l’abbia
recepita correttamente, i singoli sono legittimati a invocare contro
detto Stato membro le disposizioni di tale direttiva che appaiano, dal
punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise
(v. in tal senso, in particolare, sentenze 26 febbraio 1986, causa
152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 46, e 3 marzo 2011, causa
C-203/10, Auto Nikolovi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto
61).».
«47.
Ciò vale anche per gli artt. 15 e 16 della direttiva 2008/115, i
quali, come si evince dal punto 40 della presente sentenza, sono
incondizionati e sufficientemente precisi da non richiedere ulteriori
specifici elementi perché gli Stati membri li possano mettere in
atto.».
4.4.
Se ne deduce che il ricorrente, correttamente invoca – contro la
decisione del Giudice di pace – la diretta applicabilità dell’art. 15, già
menzionato, al caso in esame, per essere tale disposizione contenuta
4
nella
direttiva
n.
2008/115
sufficientemente
precisa
ed
incondizionata, secondo lo stesso giudizio, decisivo, della CGUE.
4.5.
Sennonché il giudice
a quo,
ha dichiarato improcedibile quella
richiesta: sia per l’inesistenza del rimedio processuale (e, si è visto e
detto, che qui si annida un errore, non avendo, il giudicante, avuto
riguardo ai principi di diritto che sono stati chiariti dalla CGUE, nella
sentenza
El Dridi
surriportata) sia per un presunto
error in
procedendo,
avendo il ricorrente fatto ricorso secondo gli artt. 742 e
742-bis
cod. proc. civ., perché avrebbe dovuto, a suo avviso,
osservare le regole della procedura penale. Ma anche tale ultima
affermazione è errata, poiché il procedimento in esame è di natura
civilistica, al pari di ogni altro procedimento che miri a incidere sullo
status
dello straniero richiedente.
4.6.
In tale errato convincimento potrebbe aver rilevato (anche se
non ve ne è traccia nella motivazione) il risalente precedente di
questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 11268 del 2004) secondo cui
«la
convalida del trattenimento dello straniero espulso dal territorio dello
Stato disposto dal questore ai sensi dell’art. 14 del d. Igs. 25 luglio
1998, n. 286, non è revocabile a norma dell’art. 742 cod. proc. civ.,
in quanto tale norma non è invocabile tutte le volte che il
provvedimento abbia, come nel caso, carattere decisorio e natura
sostanziale di sentenza, non rilevando, in proposito, il richiamo al
procedimento in camera di consiglio espresso nell’art. 13-bis, e la
menzione, negli artt. 13 e 14 dello stesso decreto, degli artt. 737 e
segg. cod. proc. civ.; né l’esclusione espressa della reclamabilità per i
giudizi di espulsione (art. 13-bis del d. Igs. n. 286 del 1998, come
modificato dall’art. 4 del d. Igs. 13 aprile 1999, n. 113), e non per
quelli di convalida (art. 14, comma 6 del d. Igs. n. 286 del 1998),
vale a consentire, per implicito, la reclamabilità di questi ultimi
(la
S.C. ha così annullato senza rinvio il provvedimento con il quale il
tribunale aveva disposto, su istanza dell’espulso, la revoca del proprio
precedente decreto di convalida).».
4.6.1.
Intatti, tale precedente è non solo anteriore all’entrata in
vigore dell’art. 15 della Direttiva europea n. 115 del 2008 [che, come
si è detto, pur non essendo stata recepita (integralmente) nel nostro
ordinamento interno, costituisce diritto direttamente applicabile, in
quanto disposizione
self-executing)
ma lo è anche rispetto alla
giurisprudenza della CGUE ed alla sua sentenza
(EI Dridi)
del 28
aprile 2011, che hanno espressamente riconosciuto che il
trattenimento possa (e debba, sia su richiesta e sia d’ufficio) essere
riesaminato ad intervalli ragionevoli, sia dall’Autorità amministrativa e
sia, in caso di contestazioni, con il controllo di un’autorità giudiziaria.
4.6.2.
Ne discende, anche che se non può parlarsi tecnicamente di
«revoca» giurisdizionale della convalida, è pur consentita una
5
(k1
Il Presidente
t
S
a
alv tor Di Palm

domanda giudiziale di riesame del trattenimento dello straniero nel
centro (CIE) e che, mancando una apposita disciplina normativa al
riguardo (per la non avvenuta trasposizione dell’art. 15
nell’ordinamento interno), esso possa farsi valere con lo strumento
generico del procedimento camerale proponibile ai sensi dell’art. 737
e
ss. del codice di rito civile. Cosicché anche quando (come è
avvenuto nel caso di specie, dove – come si rileva con il terzo motivo
– si sono illustrati vari profili non esaminati dal giudice di merito),
impropriamente si sia chiesta la «revoca» della già avvenuta
convalida del trattenimento, purché in essa si sottolinei la richiesta di
un diverso esame dei presupposti del trattenimento alla luce di
circostanze di fatto nuove o non considerate nella sede della
convalida o delle sue proroghe, il giudizio è rettamente introdotto e il
giudice deve pronunciarsi al riguardo, nel merito della richiesta.
4.7.
In tali casi, infatti, per il principio della concentrazione delle
tutele, la competenza a provvedere è dello stesso giudice della
convalida e delle proroghe (ossia il Giudice di Pace) il quale deciderà
di tali richieste, in via di procedimento camerale, ai sensi dell’art. 737
e
ss. cod. proc. civ., in quanto compatibili con il procedimento davanti
al Giudice di Pace, riesaminando l’abalità dell’interesse al
trattenimento dello straniero secondo le finalità perseguite dalla legge
e
dalla Direttiva europea, sopra richiamate.
5.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, il provvedimento
cassato e la causa rinviata, anche per le spese di questa fase del
giudizio, al Giudice di Pace di Roma, in persona di diverso giudicante,
il quale si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati e valuterà la
domanda di riesame proposta dall’odierno ricorrente.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la
causa, anche per le spese di questa fase del giudizio, al Giudice di
Pace di Roma in persona di diverso giudicante.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
11
sezione civile, il
14 luglio 2017.
Il Consigliere Estensore
F ncesco Antonio Genovese

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