Processo Penale davanti al giudice di Pace (D.Lgsvo.n.274/2000)-Testo

DECRETO LEGISLATIVO 28 agosto 2000, n. 274

Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma
dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468.

Vigente al: 20-3-2016

Titolo I
PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE
Capo I
Soggetti, giurisdizione e competenza

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l’articolo 14 e seguenti della legge 24 novembre 1999, n.
468, che delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla sua
entrata in vigore, un decreto legislativo concernente la competenza
in materia penale del giudice di pace, nonche’ il relativo
procedimento e l’apparato sanzionatorio dei reati ad esso devoluti,
unitamente alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
secondo i principi e i criteri direttivi previsti dagli articoli 15,
16 e 17;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 23 giugno 2000;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti del
Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, a norma
dell’articolo 21, comma 1, della citata legge 24 novembre 1999, n.
468;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 25 agosto 2000;
Sulla proposta del Ministro della giustizia;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Organi giudiziari nel procedimento penale davanti al giudice di pace
1. Svolgono funzioni giudiziarie nel procedimento penale davanti al
giudice di pace:
a) il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui
circondario ha sede il giudice di pace;
b) il giudice di pace.

Art. 2.
Principi generali del procedimento davanti al giudice di pace
1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto cio’ che
non e’ previsto dal presente decreto, si osservano, in quanto
applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale e nei
titoli I e II del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ad
eccezione delle disposizioni relative:
a) all’incidente probatorio;
b) all’arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto;
c) alle misure cautelari personali;
d) alla proroga del termine per le indagini;
e) all’udienza preliminare;
f) al giudizio abbreviato;
g) all’applicazione della pena su richiesta;
h) al giudizio direttissimo;
i) al giudizio immediato;
l) al decreto penale di condanna.
2. Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire,
per quanto possibile, la conciliazione tra le parti.

Art. 3.
Assunzione della qualita’ di imputato
1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la qualita’
di imputato la persona alla quale il reato e’ attribuito nella
citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria o nel decreto
di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.

Art. 4
Competenza per materia

1. Il giudice di pace e’ competente:
a) per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581,
582, limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma
perseguibili a querela di parte((, ad esclusione dei fatti commessi
contro uno dei soggetti elencati dall’articolo 577, secondo comma,
ovvero contro il convivente)), 590, limitatamente alle fattispecie
perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie
connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di
durata superiore a venti giorni , nonche’ ad esclusione delle
fattispecie di cui all’articolo 590, terzo comma, quando si tratta di
fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi
dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto
sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, 594, 595,
primo e secondo comma, 612, primo comma, 626, 627, 631, salvo che
ricorra l’ipotesi di cui all’articolo 639-bis, 632, salvo che ricorra
l’ipotesi di cui all’articolo 639-bis, 633, primo comma, salvo che
ricorra l’ipotesi di cui all’articolo 639-bis, 635, primo comma, 636,
salvo che ricorra l’ipotesi di cui all’articolo 639-bis, 637, 638,
primo comma, 639, primo comma, e 647 del codice penale;
b) per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691,
726, primo comma, e 731 del codice penale.
2. Il giudice di pace e’ altresi’ competente per i delitti,
consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle seguenti
disposizioni:
a) articoli 25 e 62, terzo comma, del regio decreto 18 giugno
1931, n. 773, recante “Testo unico in materia di sicurezza”;
b) articoli 1095, 1096 e 1119 del regio decreto 30 marzo 1942, n.
327, recante “Approvazione del testo definitivo del codice della
navigazione”;
c) articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 4
agosto 1957, n. 918, recante “Approvazione del testo organico delle
norme sulla disciplina dei rifugi alpini”;
d) articoli 102 e 106 del decreto del Presidente della Repubblica
30 marzo 1957, n. 361, recante “Testo unico delle leggi per
l’elezione della Camera dei deputati”;
e) articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 16
maggio 1960, n. 570, recante “Testo unico delle leggi per la
composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni
comunali”;
f) articolo 15, secondo comma, della legge 28 novembre 1965, n.
1329, recante “Provvedimenti per l’acquisto di nuove macchine
utensili”;
g) articolo 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante “Norme
di riordino del settore farmaceutico”;
h) articolo 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352, recante “Norme
sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa
legislativa del popolo”;
i) articoli 3, terzo e quarto comma, 46, quarto comma e 65, terzo
comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.
753, recante “Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e
regolarita’ dell’esercizio delle ferrovie e di altri servizi di
trasporto”;
l) articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n. 528, recante
“Ordinamento del gioco del lotto e misure per il personale del
lotto”;
m) articolo 17, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107,
recante “Disciplina per le attivita’ trasfusionali relative al sangue
umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati”;
n) articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 27 settembre
1991, n. 311, recante “Attuazione delle direttive n. 87/404/CEE e n.
90/488/CEE in materia di recipienti semplici a pressione, a norma
dell’articolo 56 della legge 29 dicembre 1990, n. 428”;
o) articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27 settembre
1991, n. 313, recante “Attuazione della direttiva n. 88/378/CEE
relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
concernenti la sicurezza dei giocattoli, a norma dell’articolo 54
della legge 29 dicembre 1990, n. 428”;
p) LETTERA ABROGATA DALLA L. 6 APRILE 2005, N. 49;
q) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante “Nuovo codice della
strada”;
r) articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre
1992, n. 507, recante “Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative ai dispositivi medici impiantabili attivi”;
s) articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio
1997, n. 46, recante “Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE
concernente i dispositivi medici”.
s-bis) articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286.
s-ter) articolo 13, comma 5.2, e articolo 14, commi 1-bis, 5-ter e
5-quater, del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 e’ tuttavia del
tribunale se ricorre una o piu’ delle circostanze previste dagli
articoli 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni,
dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del decreto-legge 26 aprile
1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno
1993, n. 205.
4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.

Art. 5.
Competenza per territorio
1. Per i reati indicati nell’articolo 4, competente per il giudizio
e’ il giudice di pace del luogo in cui il reato e’ stato consumato.
2. Competente per gli atti da compiere nella fase delle indagini
preliminari e’ il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale
del circondario in cui e’ compreso il giudice territorialmente
competente.

Art. 6.
Competenza per materia determinata dalla connessione
1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e
procedimenti di competenza di altro giudice, si ha connessione solo
nel caso di persona imputata di piu’ reati commessi con una sola
azione od omissione.
2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza
del giudice di pace e altri a quella della corte di assise o del
tribunale, e’ competente per tutti il giudice superiore.
3. La connessione non opera se non e’ possibile la riunione dei
processi, ne’ tra procedimenti di competenza del giudice di pace e
procedimenti di competenza di un giudice speciale.

Art. 7.
Casi di connessione davanti al giudice di pace
1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti:
a) se il reato per cui si procede e’ stato commesso da piu’
persone in concorso o cooperazione fra loro;
b) se una persona e’ imputata di piu’ reati commessi con una sola
azione od omissione.

Art. 8.
Competenza per territorio determinata dalla connessione
1. Nei casi previsti dall’articolo 7, se i reati sono stati
commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene
per tutti al giudice di pace del luogo in cui e’ stato commesso il
primo reato. Se non e’ possibile determinare in tal modo la
competenza, questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui e’
iniziato il primo dei procedimenti connessi.

Art. 9.
Riunione e separazione dei processi
1. Nei casi previsti dall’articolo 7, prima di procedere
all’udienza di comparizione, il giudice di pace puo’ ordinare la
riunione dei processi, quando questa non pregiudica la rapida
definizione degli stessi.
2. Anche fuori dei casi previsti dall’articolo 7, il giudice di
pace puo’ ordinare la riunione dei processi quando i reati sono
commessi da piu’ persone in danno reciproco le une delle altre o
quando piu’ persone con condotte indipendenti hanno determinato
l’evento o quando una persona e’ imputata di piu’ reati commessi con
piu’ azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
ovvero ogni volta in cui cio’ giovi alla celerita’ e alla completezza
dell’accertamento.
3. Prima di procedere all’udienza di comparizione e, comunque, non
oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di
pace ordina la separazione dei processi, qualora ritenga che la
riunione possa pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la
rapida definizione di alcuni fra i processi riuniti.

Art. 10.
Astensione e ricusazione del giudice di pace
1. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace decide il
presidente del tribunale.
2. Sulla ricusazione del giudice di pace decide la Corte di
appello.
3. Il giudice di pace astenuto o ricusato e’ sostituito con altro
giudice dello stesso ufficio designato secondo le leggi di
ordinamento giudiziario.
4. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 3,
la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice di pace
dell’ufficio piu’ vicino.

Capo II
Indagini preliminari

Art. 11.
Attivita’ di indagine
1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di
propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la
ricostruzione del fatto e per l’individuazione del colpevole e ne
riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta, entro il
termine di quattro mesi.
2. Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria
enuncia nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con
l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, e
richiede l’autorizzazione a disporre la comparizione della persona
sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace.
3. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e
l’ora in cui ha acquisito la notizia.

Art. 12.
Notizie di reato ricevute dal pubblico ministero
1. Salvo che ritenga di richiedere l’archiviazione, il pubblico
ministero se prende direttamente notizia di un reato di competenza
del giudice di pace ovvero la riceve da privati o da pubblici
ufficiali o incaricati di un pubblico servizio, la trasmette alla
polizia giudiziaria, perche’ proceda ai sensi dell’articolo 11,
impartendo, se necessario, le direttive. Il pubblico ministero, se
non ritiene necessari atti di indagine, formula l’imputazione e
autorizza la polizia giudiziaria alla citazione a giudizio
dell’imputato.

Art. 13.
Autorizzazione del pubblico ministero al compimento di atti
1. La polizia giudiziaria puo’ richiedere al pubblico ministero
l’autorizzazione al compimento di accertamenti tecnici irripetibili
ovvero di interrogatori o di confronti cui partecipi la persona
sottoposta alle indagini. Il pubblico ministero, se non ritiene di
svolgere personalmente le indagini o singoli atti, puo’ autorizzare
la polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti. Allo
stesso modo provvede se viene richiesta l’autorizzazione al
compimento di perquisizioni e sequestri nei casi in cui la polizia
giudiziaria non puo’ procedervi di propria iniziativa.

Art. 14.
Iscrizione della notizia di reato
1. Il pubblico ministero provvede all’iscrizione della notizia di
reato a seguito della trasmissione della relazione di cui
all’articolo 11, ovvero anche prima di aver ricevuto la relazione fin
dal primo atto di indagine svolto personalmente.

Art. 15.
Chiusura delle indagini preliminari
1. Ricevuta la relazione di cui all’articolo 11, il pubblico
ministero, se non richiede l’archiviazione, esercita l’azione penale,
formulando l’imputazione e autorizzando la citazione dell’imputato.
2. Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il pubblico ministero
vi provvede personalmente ovvero si avvale della polizia giudiziaria,
impartendo direttive o delegando il compimento di specifici atti.

Art. 16.
Durata delle indagini preliminari
1. Il termine per la chiusura delle indagini preliminari e’ di
quattro mesi dall’iscrizione della notizia di reato.
2. Nei casi di particolare complessita’, il pubblico ministero
dispone, con provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini
preliminari per un periodo di tempo non superiore a due mesi. Il
provvedimento e’ immediatamente comunicato al giudice di pace di cui
all’articolo 5, comma 2, che se non ritiene sussistenti, in tutto o
in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro
cinque giorni dalla comunicazione, dichiara la chiusura delle
indagini ovvero riduce il termine indicato.
3. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini
indicati nei commi 1 e 2 non possono essere utilizzati.

Art. 17.
Archiviazione
1. Il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di
archiviazione quando la notizia di reato e’ infondata, nonche’ nei
casi previsti dagli articoli 411 del codice di procedura penale e 125
del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonche’ dall’articolo
34, commi 1 e 2 del presente decreto. Con la richiesta e’ trasmesso
il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione
relativa alle indagini espletate e i verbali compiuti davanti al
giudice.
2. Copia della richiesta e’ notificata alla persona offesa che
nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia
dichiarato di volere essere informata circa l’eventuale
archiviazione. Nella richiesta e’ altresi’ precisato che nel termine
di dieci giorni la persona offesa puo’ prendere visione degli atti e
presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini
preliminari. Con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la
persona offesa indica, a pena di inammissibilita’, gli elementi di
prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori
indagini necessarie.
3. Il pubblico ministero provvede sempre a norma del comma 2, nei
casi in cui la richiesta di archiviazione e’ successiva alla
trasmissione del ricorso ai sensi dell’articolo 26, comma 2.
4. Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto
l’archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al
pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e
fissando il termine indispensabile per il loro compimento ovvero
disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli
l’imputazione.
5. Quando e’ ignoto l’autore del reato si osservano le disposizioni
di cui all’articolo 415 del codice di procedura penale.

Art. 18.
Assunzione di prove non rinviabili
1. Fino all’udienza di comparizione, il giudice di pace dispone, a
richiesta di parte, l’assunzione delle prove non rinviabili,
osservando le forme previste per il dibattimento. Si applicano le
disposizioni previste dall’articolo 467, commi 2 e 3, del codice di
procedura penale.

Art. 19.
Provvedimenti del giudice nel corso delle indagini
1. Nel corso delle indagini e fino al deposito dell’atto di
citazione a norma dell’articolo 29, comma 1, competente a disporre il
sequestro preventivo e conservativo e’ il giudice di pace indicato
nell’articolo 5, comma 2.
2. Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla richiesta di
archiviazione, sull’opposizione di cui all’articolo 263, comma 5, del
codice di procedura penale, sulla richiesta di sequestro di cui
all’articolo 368 del medesimo codice, nonche’ sulla richiesta di
riapertura delle indagini. Lo stesso giudice e’ altresi’ competente a
decidere sulla richiesta di autorizzazione a disporre le operazioni
di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di
comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di altre forme di
telecomunicazione, nonche’ per i successivi provvedimenti riguardanti
l’esecuzione delle operazioni e la conservazione della
documentazione.

Capo III
Citazione a giudizio

Art. 20
(( Citazione a giudizio ))

(( 1. Il pubblico ministero cita l’imputato davanti al giudice di
pace. ))
2. La citazione contiene:
a) le generalita’ dell’imputato e le altre indicazioni personali che
valgono ad identificarlo;
b) l’indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;
c) l’imputazione formulata dal pubblico ministero e l’indicazione
delle fonti di prova di cui si chiede l’ammissione. Se viene
chiesto l’esame di testimoni o consulenti tecnici, nell’atto
devono essere indicate, a pena di inammissibilita’, le circostanze
su cui deve vertere l’esame;
d) l’indicazione del giudice competente per il giudizio, nonche’ del
luogo, del giorno e dell’ora della comparizione, con
l’avvertimento all’imputato che non comparendo sara’ giudicato in
contumacia;
e) l’avviso che l’imputato ha facolta’ di nominare un difensore di
fiducia e che, in mancanza, sara’ assistito da difensore di
ufficio;
f) l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari e’
depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le
parti e loro difensori hanno facolta’ di prenderne visione e di
estrarne copia.
(( 3. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullita’,
dal pubblico ministero o dall’assistente giudiziario.
4. La citazione e’ notificata, a cura dell’ufficiale giudiziario,
all’imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno trenta
giorni prima della data dell’udienza.))
5. La citazione a giudizio e’ depositata nella segreteria del
pubblico ministero unitamente al fascicolo contenente la
documentazione relativa alle indagini espletate, il corpo del reato e
le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi
altrove.
6. La citazione e’ nulla se l’imputato non e’ identificato in modo
certo ovvero se manca o e’ insufficiente l’indicazione di uno dei
requisiti previsti dal comma 2, lettere c), d) ed e).

Art. 20-bis
(( (Presentazione immediata a giudizio dell’imputato
in casi particolari). ))

((1. Per i reati procedibili d’ufficio, in caso di flagranza di
reato ovvero quando la prova e’ evidente, la polizia giudiziaria
chiede al pubblico ministero l’autorizzazione a presentare
immediatamente l’imputato a giudizio dinanzi al giudice di pace.
2. La richiesta di cui al comma 1, depositata presso la segreteria
del pubblico ministero, contiene:
a) le generalita’ dell’imputato e del suo difensore, ove
nominato;
b) l’indicazione delle persone offese dal reato;
c) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si
addebita all’imputato, con l’indicazione degli articoli di legge che
si assumono violati;
d) l’indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta,
nonche’ le generalita’ dei testimoni e dei consulenti tecnici, con
espressa indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame;
e) la richiesta di fissazione dell’udienza per procedere nei
confronti delle persone citate a giudizio.
3. Salvo che ritenga di richiedere l’archiviazione, il pubblico
ministero autorizza la presentazione immediata nei quindici giorni
successivi, indicando la data e l’ora del giudizio dinanzi al giudice
di pace e nominando un difensore d’ufficio all’imputato che ne e’
privo. Se non ritiene sussistere i presupposti per la presentazione
immediata o se ritiene la richiesta manifestamente infondata ovvero
presentata dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio,
il pubblico ministero provvede ai sensi dell’articolo 25, comma 2.
4. L’ufficiale giudiziario notifica senza ritardo all’imputato e al
suo difensore copia della richiesta di cui al comma 2 e
dell’autorizzazione del pubblico ministero contenente:
a) l’avviso all’imputato che se non compare sara’ giudicato in
contumacia;
b) l’avviso all’imputato che ha diritto di nominare un difensore
di fiducia e che in mancanza sara’ assistito da difensore di ufficio;
c) l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini e’ depositato
presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro
difensori hanno facolta’ di prenderne visione e di estrarne copia.
5. Si applica l’articolo 20, comma 5.))

Art. 20-ter
(( (Citazione contestuale dell’imputato in udienza in
casi particolari). ))

((1. Nei casi previsti dall’articolo 20-bis, comma 1, quando
ricorrono gravi e comprovate ragioni di urgenza che non
consentono di attendere la fissazione dell’udienza ai sensi del
comma 3 del medesimo articolo, ovvero se l’imputato si trova a
qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione
della liberta’ personale, la polizia giudiziaria formula altresi’
richiesta di citazione contestuale per l’udienza.
2. Se ritiene sussistere i presupposti di cui al comma 1, il
pubblico ministero rinvia l’imputato direttamente dinanzi al
giudice di pace con citazione per l’udienza contestuale
all’autorizzazione di cui all’articolo 20-bis, comma 3, primo
periodo; altrimenti provvede ai sensi del comma 3, secondo
periodo, del medesimo articolo.
3. Quando il pubblico ministero dispone la citazione ai sensi
del comma 2, la polizia giudiziaria conduce l’imputato che si
trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o
privazione della liberta’ personale direttamente dinanzi al
giudice di pace per la trattazione del procedimento, salvo che
egli espressamente rinunzi a partecipare all’udienza. Se
l’imputato non si trova sottoposto a misure di limitazione o
privazione della liberta’ personale, la polizia giudiziaria
notifica immediatamente allo stesso la richiesta di cui al comma
1 e il provvedimento del pubblico ministero. Copia della
richiesta e del provvedimento del pubblico ministero sono
altresi’ comunicati immediatamente al difensore)).

Art. 21.
Ricorso immediato al giudice
1. Per i reati procedibili a querela e’ ammessa la citazione a
giudizio dinanzi al giudice di pace della persona alla quale il
reato e’ attribuito su ricorso della persona offesa.
2. Il ricorso deve contenere:
a) l’indicazione del giudice;
b) le generalita’ del ricorrente e, se si tratta di persona
giuridica o di associazione non riconosciuta, la denominazione
dell’ente, con l’indicazione del legale rappresentante;
c) l’indicazione del difensore del ricorrente e la relativa
nomina;
d) l’indicazione delle altre persone offese dal medesimo
reato delle quali il ricorrente conosca l’identita’;
e) le generalita’ della persona citata a giudizio;
f) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che
si addebita alla persona citata a giudizio, con l’indicazione
degli articoli di legge che si assumono violati;
g) i documenti di cui si chiede l’acquisizione;
h) l’indicazione delle fonti di prova a sostegno della
richiesta, nonche’ delle circostanze su cui deve vertere l’esame
dei testimoni e dei consulenti tecnici;
i) la richiesta di fissazione dell’udienza per procedere nei
confronti delle persone citate a giudizio.
3. Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona offesa o
dal suo legale rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione
della persona offesa e’ autenticata dal difensore.
4. Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e terzo comma,
e 121 del codice penale, il ricorso e’ sottoscritto, a seconda
dei casi, dal genitore, dal tutore o dal curatore ovvero dal
curatore speciale. Si osservano le disposizioni di cui
all’articolo 338 del codice di procedura penale.
5. La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti
della presentazione della querela.

Art. 22.
Presentazione del ricorso
1. Il ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero
mediante deposito di copia presso la sua segreteria, e’
presentato, a cura del ricorrente, con la prova dell’avvenuta
comunicazione, nella cancelleria del giudice di pace competente
per territorio nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto
che costituisce reato.
2. Se per il medesimo fatto la persona offesa ha gia’
presentato querela, deve farne menzione nel ricorso, allegandone
copia e depositando altra copia presso la segreteria del pubblico
ministero.
3. Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace dispone
l’acquisizione della querela in originale.
4. Quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le
diverse disposizioni che regolano la procedura ordinaria.

Art. 23.
Costituzione di parte civile
1. La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di
decadenza, con la presentazione del ricorso. La richiesta
motivata di restituzione o di risarcimento del danno contenuta
nel ricorso e’ equiparata a tutti gli effetti alla costituzione
di parte civile.

Art. 24.
Inammissibilita’ del ricorso
1. Il ricorso e’ inammissibile:
a) se e’ presentato oltre il termine indicato dall’articolo
22, comma 1;
b) se risulta presentato fuori dei casi previsti;
c) se non contiene i requisiti indicati nell’articolo 21,
comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4
del medesimo articolo;
d) se e’ insufficiente la descrizione del fatto o
l’indicazione delle fonti di prova;
e) se manca la prova dell’avvenuta comunicazione al pubblico
ministero.

Art. 25.
Richieste del pubblico ministero
1. Entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso il
pubblico ministero presenta le sue richieste nella cancelleria
del giudice di pace.
2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente
infondato, ovvero presentato dinanzi ad un giudice di pace
incompetente per territorio, il pubblico ministero esprime parere
contrario alla citazione altrimenti formula l’imputazione
confermando o modificando l’addebito contenuto nel ricorso.

Art. 26.
Provvedimenti del giudice di pace
1. Decorso il termine indicato nell’articolo 25, il giudice di
pace, anche se il pubblico ministero non ha presentato richieste,
provvede a norma dei commi 2, 3 e 4.
2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente
infondato, il giudice di pace ne dispone la trasmissione al
pubblico ministero per l’ulteriore corso del procedimento.
3. Se il ricorso risulta presentato per un reato che appartiene
alla competenza di altro giudice, il giudice di pace ne dispone,
con ordinanza, la trasmissione al pubblico ministero.
4. Se riconosce la propria incompetenza per territorio, il
giudice di pace la dichiara con ordinanza e restituisce gli atti
al ricorrente che, nel termine di venti giorni, ha facolta’ di
reiterare il ricorso davanti al giudice competente.
L’inosservanza del termine e’ causa di inammissibilita’ del
ricorso.

Art. 27.
Decreto di convocazione delle parti
1. Se non deve provvedere ai sensi dell’articolo 26, il giudice
di pace, entro venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le
parti in udienza con decreto.
2. Tra il giorno del deposito del ricorso e l’udienza non
devono intercorrere piu’ di novanta giorni.
3. Il decreto contiene:
a) l’indicazione del giudice che procede, nonche’ del luogo,
del giorno e dell’ora della comparizione;
b) le generalita’ della persona nei cui confronti e’ stato
presentato il ricorso, con l’invito a comparire e l’avvertimento
che non comparendo sara’ giudicato in contumacia;
c) l’avviso che ha facolta’ di nominare un difensore di
fiducia e che, in mancanza, sara’ assistito dal difensore di
ufficio nominato nel decreto;
d) la trascrizione dell’imputazione;
e) la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario
che l’assiste.
4. Il decreto, unitamente al ricorso, e’ notificato, a cura del
ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in
giudizio e al suo difensore almeno venti giorni prima
dell’udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente notifica il
decreto alle altre persone offese di cui conosca l’identita’.
5. La convocazione e’ nulla se l’imputato non e’ identificato
in modo certo ovvero se manca o e’ insufficiente l’indicazione di
uno dei requisiti previsti dal comma 3, lettere a), b), c) e d).

Art. 28.
Pluralita’ di persone offese
1. Il ricorso presentato da una fra piu’ persone offese non
impedisce alle altre di intervenire nel processo, con
l’assistenza di un difensore e con gli stessi diritti che
spettano al ricorrente principale.
2. Le persone offese intervenute possono costituirsi parte
civile prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
3. La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il
decreto sia stato regolarmente notificato ai sensi dell’articolo
27, comma 4, equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero
alla remissione della querela, qualora sia stata gia’ presentata.

Capo IV
Giudizio

Art. 29.
Udienza di comparizione
1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l’udienza
di comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel
caso previsto dall’articolo 21, depositano nella cancelleria del
giudice di pace l’atto di citazione a giudizio con le relative
notifiche.
2. Fuori dei casi previsti dagli articoli 20 e 21, le parti che
intendono chiedere l’esame dei testimoni, periti o consulenti
tecnici nonche’ delle persone indicate nell’articolo 210 del
codice di procedura penale, devono, a pena di inammissibilita’,
almeno sette giorni prima della data fissata per l’udienza di
comparizione, depositare in cancelleria le liste con
l’indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame.
3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la
citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi
provvede il giudice di pace, anche d’ufficio.
4. Il giudice, quando il reato e’ perseguibile a querela,
promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia
utile per favorire la conciliazione, il giudice puo’ rinviare
l’udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra,
puo’ avvalersi anche dell’attivita’ di mediazione di centri e
strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni
caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell’attivita’
di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai
fini della deliberazione.
5. In caso di conciliazione e’ redatto processo verbale
attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di
cui all’articolo 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al
ricorso produce gli stessi effetti della remissione della
querela.
6. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento
l’imputato puo’ presentare domanda di oblazione.
7. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se puo’
procedersi immediatamente al giudizio, il giudice ammette le
prove richieste escludendo quelle vietate dalla legge, superflue
o irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti da inserire
nel fascicolo per il dibattimento, provvedendo a norma
dell’articolo 431 del codice di procedura penale. Le parti
possono concordare l’acquisizione al fascicolo del dibattimento
di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, della
documentazione relativa all’attivita’ di investigazione
difensiva, nonche’ della documentazione allegata al ricorso di
cui all’articolo 21.
8. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice
autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o
consulenti tecnici, escludendo le testimonianze vietate dalla
legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La parte che omette
la citazione decade dalla prova.

Art. 30.
Udienza di comparizione a seguito di ricorso al giudice da parte
della persona offesa
1. La mancata comparizione all’udienza del ricorrente o del suo
procuratore speciale non dovuta ad impossibilita’ a comparire per
caso fortuito o forza maggiore determina l’improcedibilita’ del
ricorso, salvo che l’imputato o la persona offesa intervenuta e
che abbia presentato querela chieda che si proceda al giudizio.
2. Con l’ordinanza con cui dichiara l’improcedibilita’ del
ricorso ai sensi del comma 1, il giudice di pace condanna il
ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonche’ al
risarcimento dei danni in favore della persona citata in giudizio
che ne abbia fatto domanda.
3. Se il reato contestato nell’imputazione non rientra tra
quelli per cui e’ ammessa la citazione a giudizio su istanza
della persona offesa, il giudice di pace trasmette gli atti al
pubblico ministero, salvo che l’imputato chieda che si proceda
ugualmente al giudizio.

Art. 31.
Fissazione di nuova udienza a seguito di impossibilita’ a
comparire
1. In caso di dichiarazione di improcedibilita’ ai sensi
dell’articolo 30, comma 1, il ricorrente puo’ presentare istanza
di fissazione di nuova udienza se prova che la mancata
comparizione e’ stata dovuta a caso fortuito o a forza maggiore.
2. L’istanza e’ presentata al giudice di pace entro dieci
giorni dalla cessazione del fatto costituente caso fortuito o
forza maggiore. Il termine e’ stabilito a pena di decadenza.
3. Se accoglie l’istanza, il giudice di pace convoca le parti
per una nuova udienza ai sensi dell’articolo 27, invitando il
ricorrente a provvedere alle notifiche a norma del comma 4 dello
stesso articolo.
4. Contro il decreto motivato che respinge la richiesta di
fissazione di nuova udienza puo’ essere proposto ricorso al
tribunale in composizione monocratica, che decide con ordinanza
inoppugnabile.

Art. 32.
Dibattimento
1. Sull’accordo delle parti, l’esame dei testimoni, dei periti,
dei consulenti tecnici e delle parti private puo’ essere condotto
dal giudice sulla base delle domande e delle contestazioni
proposte dal pubblico ministero e dai difensori.
2. Terminata l’acquisizione delle prove, il giudice, se risulta
assolutamente necessario, puo’ disporre anche d’ufficio
l’assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi
agli atti acquisiti a norma dell’articolo 29, comma 7.
3. Il verbale d’udienza, di regola, e’ redatto solo in forma
riassuntiva.
4. La motivazione della sentenza e’ redatta dal giudice in
forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni
dalla lettura del dispositivo. Il giudice puo’ dettare la
motivazione direttamente a verbale.
5. In caso di impedimento del giudice la sentenza e’
sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione della
causa di sostituzione.

Art. 32-bis
(( (Svolgimento del giudizio a presentazione
immediata). ))

((1. Nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui
agli articoli 20-bis e 20-ter si osservano le disposizioni
dell’articolo 32.
2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche
oralmente dall’ufficiale giudiziario nel corso del giudizio a
presentazione immediata di cui all’articolo 20-bis. Nel corso del
giudizio a citazione contestuale di cui all’articolo 20-ter la
persona offesa e i testimoni possono essere citati anche
oralmente dall’ufficiale giudiziario ovvero dalla polizia
giudiziaria.
3. Il pubblico ministero, l’imputato e la parte civile
presentano direttamente a dibattimento i propri testimoni e
consulenti tecnici.
4. Il pubblico ministero da’ lettura dell’imputazione.
5. L’imputato e’ avvisato della facolta’ di chiedere un termine
a difesa non superiore a sette giorni. Quando l’imputato si
avvale di tale facolta’, il dibattimento e’ sospeso fino
all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine.
Nel caso previsto dall’articolo 20-ter, il termine non puo’
essere superiore a quarantotto ore )).

Art. 33.
Sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare
1. Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna alla
pena della permanenza domiciliare, l’imputato o il difensore
munito di procura speciale possono chiedere l’esecuzione
continuativa della pena.
2. Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo della
permanenza domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilita’,
indica nella sentenza il tipo e la durata del lavoro di pubblica
utilita’ che puo’ essere richiesto dall’imputato o dal difensore
munito di procura speciale.
3. Nel caso in cui l’imputato o il difensore formulino le
richieste di cui ai commi 1 e 2, il giudice puo’ fissare una
nuova udienza a distanza di non piu’ di dieci giorni, sempre che
sussistano giustificati motivi.
4. Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo
della sentenza e ne da’ lettura.

Capo V
Definizioni alternative del procedimento

Art. 34.
Esclusione della procedibilita’ nei casi di particolare tenuita’
del fatto
1. Il fatto e’ di particolare tenuita’ quando, rispetto
all’interesse tutelato, l’esiguita’ del danno o del pericolo che
ne e’ derivato, nonche’ la sua occasionalita’ e il grado della
colpevolezza non giustificano l’esercizio dell’azione penale,
tenuto conto altresi’ del pregiudizio che l’ulteriore corso del
procedimento puo’ recare alle esigenze di lavoro, di studio, di
famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o
dell’imputato.
2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara
con decreto d’archiviazione non doversi procedere per la
particolare tenuita’ del fatto, solo se non risulta un interesse
della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.
3. Se e’ stata esercitata l’azione penale, la particolare
tenuita’ del fatto puo’ essere dichiarata con sentenza solo se
l’imputato e la persona offesa non si oppongono.

Art. 35.
Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie
1. Il giudice di pace, sentite le parti e l’eventuale persona
offesa, dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la
causa nel dispositivo, quando l’imputato dimostra di aver
proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione
del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il
risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o
pericolose del reato.
2. Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del
reato di cui al comma 1, solo se ritiene le attivita’
risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di
riprovazione del reato e quelle di prevenzione.
3. Il giudice di pace puo’ disporre la sospensione del
processo, per un periodo non superiore a tre mesi, se l’imputato
chiede nell’udienza di comparizione di poter provvedere agli
adempimenti di cui al comma 1 e dimostri di non averlo potuto
fare in precedenza; in tal caso, il giudice puo’ imporre
specifiche prescrizioni.
4. Con l’ordinanza di sospensione, il giudice incarica un
ufficiale di polizia giudiziaria o un operatore di servizio
sociale dell’ente locale di verificare l’effettivo svolgimento
delle attivita’ risarcitorie e riparatorie, fissando nuova
udienza ad una data successiva al termine del periodo di
sospensione.
5. Qualora accerti che le attivita’ risarcitorie o riparatorie
abbiano avuto esecuzione, il giudice, sentite le parti e
l’eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il
reato enunciandone la causa nel dispositivo.
6. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il giudice
dispone la prosecuzione del procedimento.

Capo VI
Disposizioni sulle impugnazioni

Art. 36
Impugnazione del pubblico ministero

1. Il pubblico ministero puo’ proporre appello contro le
sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena
diversa da quella pecuniaria ((. . .)).
2. Il pubblico ministero puo’ proporre ricorso per cassazione
contro le sentenze del giudice di pace.

Art. 37.
Impugnazione dell’imputato
1. L’imputato puo’ proporre appello contro le sentenze di
condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da
quella pecuniaria; puo’ proporre appello anche contro le sentenze
che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla
condanna, anche generica, al risarcimento del danno.
2. L’imputato puo’ proporre ricorso per cassazione contro le
sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola
pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento.

Art. 38.
Impugnazione del ricorrente che ha chiesto la citazione a
giudizio dell’imputato
1. Il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio
dell’imputato a norma dell’articolo 21 puo’ proporre
impugnazione, anche agli effetti penali, contro la sentenza di
proscioglimento del giudice di pace negli stessi casi in cui e’
ammessa l’impugnazione da parte del pubblico ministero.
2. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile
l’impugnazione, il ricorrente e’ condannato alla rifusione delle
spese processuali sostenute dall’imputato e dal responsabile
civile. Se vi e’ colpa grave, il ricorrente puo’ essere
condannato al risarcimento dei danni causati all’imputato e al
responsabile civile.

Art. 39.
Giudizio di appello
1. Competente per il giudizio di appello e’ il tribunale del
circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato
la sentenza impugnata. Il tribunale giudica in composizione
monocratica.
2. Oltre che nei casi previsti dall’articolo 604 del codice di
procedura penale, il giudice d’appello dispone l’annullamento
della sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti
al giudice di pace, anche quando l’imputato, contumace in primo
grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o
per forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del
provvedimento di citazione a giudizio, sempre che in tal caso il
fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l’atto di
citazione per il giudizio di primo grado e’ stato notificato
mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli
159, 161, comma 4, e 169 del codice di procedura penale, non si
sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del
procedimento.

Capo VII
Disposizioni sull’esecuzione

Art. 40.
Giudice dell’esecuzione
1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere
dell’esecuzione di un provvedimento e’ il giudice di pace che
l’ha emesso.
2. Se l’esecuzione concerne piu’ provvedimenti emessi da
diversi giudici di pace, e’ competente il giudice che ha emesso
il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.
3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e
da altro giudice ordinario, e’ competente in ogni caso
quest’ultimo.
4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e
da un giudice speciale, e’ competente per l’esecuzione il
tribunale in composizione collegiale nel cui circondario ha sede
il giudice di pace.
5. Il giudice indicato nei commi da 1 a 4 e’ competente anche
se il provvedimento da eseguire e’ stato comunque riformato.

Art. 41.
Procedimento di esecuzione
1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di
esecuzione davanti al giudice di pace si osservano le
disposizioni di cui all’articolo 666 del codice di procedura
penale.
2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara
inammissibile la richiesta formulata nel procedimento di
esecuzione e contro l’ordinanza che decide sulla richiesta,
l’interessato puo’ proporre, entro quindici giorni dalla notifica
del provvedimento, ricorso per motivi di legittimita’ al
tribunale in composizione monocratica nel cui circondario ha sede
il giudice di pace.
3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si
osservano le disposizioni di cui all’articolo 127 del codice di
procedura penale.

Art. 42
(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 30 MAGGIO 2002, N. 115 ))

Art. 43.
Esecuzione della pena della permanenza domiciliare e del lavoro
di pubblica utilita’
1. La sentenza penale irrevocabile e’ trasmessa per estratto a
cura della cancelleria al pubblico ministero del circondario ove
ha sede l’ufficio del giudice individuato in base all’articolo
40.
2. Il pubblico ministero, emesso l’ordine di esecuzione, lo
trasmette immediatamente, unitamente all’estratto della sentenza
di condanna contenente le modalita’ di esecuzione della pena,
all’ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato
risiede o, in mancanza di questo, al comando dell’Arma dei
carabinieri territorialmente competente.
3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma che
precede, l’organo di polizia ne consegna copia al condannato
ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni in esso contenute.
Qualora il condannato sia detenuto o internato, copia dell’ordine
di esecuzione e’ notificato altresi’ al direttore dell’istituto o
della sezione il quale informa anticipatamente l’organo di
polizia della dimissione del condannato. In tal caso, la pena
comincia a decorrere dal primo giorno di permanenza domiciliare o
di lavoro sostitutivo successivo a quello della dimissione.

Art. 44.
Modifica delle modalita’ di esecuzione della permanenza
domiciliare e del lavoro di pubblica utilita’
1. Le modalita’ di esecuzione della permanenza domiciliare e
del divieto di cui all’articolo 53, comma 3, eventualmente
imposto, nonche’ del lavoro di pubblica utilita’, stabilite nella
sentenza emessa dal giudice possono essere modificate per motivi
di assoluta necessita’ dal giudice osservando le disposizioni
dell’articolo 666 del codice di procedura penale.
2. La richiesta di modifica non sospende l’esecuzione delle
pene; in caso di assoluta urgenza, le modifiche possono essere
adottate con provvedimento provvisorio revocabile nelle fasi
successive del procedimento.

Art. 45
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 14 NOVEMBRE 2002, N. 313))

Art. 46
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 14 NOVEMBRE 2002, N. 313))

Capo VIII
Norme di coordinamento e di attuazione

Art. 47.
Modifica all’articolo 6 del codice di procedura penale
1. Nell’articolo 6 del codice di procedura penale, dopo le
parole: “alla competenza della corte di assise” sono aggiunte le
seguenti: “o del giudice di pace.”.

Art. 48.
Competenza del giudice di pace dichiarata da altro giudice
1. In ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene
che il reato appartiene alla competenza del giudice di pace, lo
dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al
pubblico ministero. Le prove acquisite dal giudice incompetente
sono utilizzabili nel processo davanti al giudice di pace.

Art. 49
(( Citazione a giudizio ))

1. Ai fini dell’emissione della citazione a giudizio di cui
all’articolo 20, il pubblico ministero richiede al giudice di
pace di indicare il giorno e l’ora della comparizione.
2. La richiesta del pubblico ministero e l’indicazione del
giudice di pace sono comunicate anche con mezzi telematici.

Art. 50
Delegati del procuratore della Repubblica
nel procedimento penale davanti al giudice di pace

1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le
funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega
del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario:
(( a) nell’udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da
vice procuratori onorari addetti all’ufficio, da personale in
quiescenza da non piu’ di due anni che nei cinque anni precedenti
abbia svolto le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, o
da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno
della scuola biennale di specializzazione per le professioni
legali di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre
1997, n. 398; ))
b) per gli atti del pubblico ministero previsti dagli
articoli 15 e 25, da vice procuratori onorari addetti
all’ufficio;
c) nei procedimenti in camera di consiglio di cui
all’articolo 127 del codice di procedura penale, nei procedimenti
di esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’articolo 655,
comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione
al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai
periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell’articolo 11
della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari
addetti all’ufficio.
2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega e’ conferita in
relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento.
3. La delega e’ revocabile nei soli casi in cui il codice di
procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.
4. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 162, commi
1, 3 e 4, del decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.

Art. 51
Disposizioni regolamentari e sulla tenuta dei registri

1. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centocinquanta giorni dalla
pubblicazione del presente decreto legislativo, il Ministro della
giustizia adotta le disposizioni regolamentari relative ai
procedimenti penali davanti al giudice di pace, che concernono:
a) le modalita’ di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici
giudiziari;
b) ((LETTERA ABROGATA DAL D.P.R. 14 NOVEMBRE 2002, N. 313));
c) le altre attivita’ necessarie per l’attuazione del presente
decreto legislativo.
2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto nel
comma 1 e’ reso entro trenta giorni dalla richiesta.
3. La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei registri e
delle altre forme di registrazione in materia penale e’ adottata con
decreto del Ministro della giustizia.

Titolo II
SANZIONI APPLICABILI DAL GIUDICE DI PACE

Art. 52.
Sanzioni
1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per
i quali e’ prevista la sola pena della multa o dell’ammenda
continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti.
2. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le
pene sono cosi’ modificate:
a) quando il reato e’ punito con la pena della reclusione o
dell’arresto alternativa a quella della multa o dell’ammenda, si
applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire
cinquecentomila a cinque milioni; se la pena detentiva e’
superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena
pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a
trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilita’ per
un periodo da dieci giorni a tre mesi;
b) quando il reato e’ punito con la sola pena della
reclusione o dell’arresto, si applica la pena pecuniaria della
specie corrispondente da lire un milione a cinque milioni o la
pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a
quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica
utilita’ da venti giorni a sei mesi;
c) quando il reato e’ punito con la pena della reclusione o
dell’arresto congiunta con quella della multa o dell’ammenda, si
applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un
milione e cinquecentomila a cinque milioni o la pena della
permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque giorni
ovvero la pena del lavoro di pubblica utilita’ da un mese a sei
mesi.
3. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice
applica la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro
di pubblica utilita’, salvo che sussistano circostanze attenuanti
ritenute prevalenti o equivalenti.
4. La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato
e’ punito con la sola pena pecuniaria nonche’ nell’ipotesi
indicata nel primo periodo della lettera a) del comma 2.

Art. 53.
Obbligo di permanenza domiciliare
1. La pena della permanenza domiciliare comporta l’obbligo di
rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata
dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei
giorni di sabato e domenica; il giudice, avuto riguardo alle
esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del
condannato, puo’ disporre che la pena venga eseguita in giorni
diversi della settimana ovvero, a richiesta del condannato,
continuativamente.
2. La durata della permanenza domiciliare non puo’ essere
inferiore a sei giorni ne’ superiore a quarantacinque; il
condannato non e’ considerato in stato di detenzione.
3. Il giudice puo’ altresi’ imporre al condannato, valutati i
criteri di cui all’articolo 133, comma secondo, del codice
penale, il divieto di accedere a specifici luoghi nei giorni in
cui non e’ obbligato alla permanenza domiciliare, tenuto conto
delle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del
condannato.
4. Il divieto non puo’ avere durata superiore al doppio della
durata massima della pena della permanenza domiciliare e cessa in
ogni caso quando e’ stata interamente scontata la pena della
permanenza domiciliare.

Art. 54.
Lavoro di pubblica utilita’
1. Il giudice di pace puo’ applicare la pena del lavoro di pubblica
utilita’ solo su richiesta dell’imputato.
2. Il lavoro di pubblica utilita’ non puo’ essere inferiore a dieci
giorni ne’ superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di
attivita’ non retribuita in favore della collettivita’ da svolgere
presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o
organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.
3. L’attivita’ viene svolta nell’ambito della provincia in cui
risiede il condannato e comporta la prestazione di non piu’ di sei
ore di lavoro settimanale da svolgere con modalita’ e tempi che non
pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di
salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il
giudice puo’ ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilita’ per
un tempo superiore alle sei ore settimanali. ((12))
4. La durata giornaliera della prestazione non puo’ comunque
oltrepassare le otto ore.
5. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica
utilita’ consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due
ore di lavoro.
6. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalita’ di
svolgimento del lavoro di pubblica utilita’ sono determinate dal
Ministro della giustizia con decreto d’intesa con la Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281.

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AGGIORNAMENTO (12)
La Corte Costituzionale, con sentenza 1 – 5 luglio 2013, n. 179 (in
G.U. 1a s.s. 10/7/2013, n. 28), ha dichiarato l’illegittimita’
costituzionale del comma 3 del presente articolo nella parte in cui
non prevede che, «Se il condannato lo richiede, il giudice puo’
ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilita’ fuori
dall’ambito della provincia in cui risiede».

Art. 55.
Conversione delle pene pecuniarie
1. Per i reati di competenza del giudice di pace, la pena
pecuniaria non eseguita per insolvibilita’ del condannato si
converte, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da
svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore
a sei mesi con le modalita’ indicate nell’articolo 54.
2. Ai fini della conversione un giorno di lavoro sostitutivo
equivale a lire venticinquemila di pena pecuniaria.
3. Il condannato puo’ sempre far cessare la pena del lavoro
sostitutivo pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma
corrispondente alla durata del lavoro prestato.
4. Quando e’ violato l’obbligo del lavoro sostitutivo
conseguente alla conversione della pena pecuniaria, la parte di
lavoro non ancora eseguito si converte nell’obbligo di permanenza
domiciliare secondo i criteri di ragguaglio indicati nel comma 6.
5. Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro
sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per insolvibilita’
si convertono nell’obbligo di permanenza domiciliare con le forme
e nei modi previsti dall’articolo 53, comma 1, in questo caso non
e’ applicabile al condannato il divieto di cui all’articolo 53,
comma 3.
6. Ai fini della conversione un giorno di permanenza
domiciliare equivale a lire cinquantamila di pena pecuniaria e la
durata della permanenza non puo’ essere superiore a
quarantacinque giorni.

Art. 56.
Violazione degli obblighi
1. Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai
luoghi in cui e’ obbligato a permanere o che non si reca nel
luogo in cui deve svolgere il lavoro di pubblica utilita’ o che
lo abbandona e’ punito con la reclusione fino ad un anno.
2. Alla stessa pena soggiace il condannato che viola
reiteratamente senza giusto motivo gli obblighi o i divieti
inerenti alle pene della permanenza domiciliare o del lavoro di
pubblica utilita’.
3. In caso di condanna non sono applicabili le sanzioni
sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24
novembre 1981, n. 689.

Art. 57.
Competenza
1. La competenza per il delitto di cui all’articolo 56 e’
attribuita al tribunale in composizione monocratica.

Art. 58.
Effetti delle sanzioni e criteri di ragguaglio
1. Per ogni effetto giuridico la pena dell’obbligo di
permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilita’ si
considerano come pena detentiva della specie corrispondente a
quella della pena originaria.
2. Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire un
ragguaglio tra la pena detentiva e le pene di cui agli articoli
53 e 54, un giorno di pena detentiva equivale a due giorni di
permanenza domiciliare o tre giorni di lavoro di pubblica
utilita’.
3. Un giorno di pena detentiva equivale a lire
settantacinquemila di pena pecuniaria irrogata in luogo della
pena detentiva a norma dell’articolo 52.
4. In deroga a quanto stabilito nell’articolo 78, primo comma,
numero 3), del codice penale, la pena della multa o dell’ammenda
non puo’ comunque eccedere la somma di lire quindici milioni,
ovvero la somma di lire sessanta milioni se il giudice si vale
della facolta’ di aumento indicata nel secondo comma
dell’articolo 133-bis dello stesso codice.

Art. 59.
Controllo sull’osservanza delle sanzioni dell’obbligo di
permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica
utilita’
1. L’ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione
della pena o, in mancanza dell’ufficio di pubblica sicurezza, il
comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente
effettua il controllo sull’osservanza degli obblighi connessi
alla pena dell’obbligo di permanenza domiciliare o del lavoro di
pubblica utilita’ con le modalita’ stabilite dall’articolo 65,
commi primo e secondo, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in
quanto applicabile.

Art. 60.
Esclusione della sospensione condizionale della pena
1. Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del
codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena,
non si applicano alle pene irrogate dal giudice di pace.

Art. 61.
Interruzione della prescrizione
1. Il corso della prescrizione per i reati attribuiti alla
cognizione del giudice di pace e’ interrotto, oltre che dagli
atti indicati nell’articolo 160 del codice penale, dalla
citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria, dal
decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.

Art. 62.
Inapplicabilita’ delle altre misure sostitutive della detenzione
1. Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti
della legge 24 novembre 1981, n. 689, non si applicano ai reati
di competenza del giudice di pace.

Art. 62-bis
(( (Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva). ))

((1. Nei casi stabiliti dalla legge, il giudice di pace applica
la misura sostitutiva di cui all’articolo 16 del testo unico di
cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 )).

Titolo III
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

Art. 63
Norme applicabili da parte di giudici diversi

1. Nei casi in cui i reati indicati nell’articolo 4, commi 1 e
2, sono giudicati da un giudice diverso dal giudice di pace, si
osservano le disposizioni del titolo II del presente decreto
legislativo, nonche’, in quanto applicabili, le disposizioni di
cui agli articoli 33, 34, 35, 43 e 44.
2. ((COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 14 NOVEMBRE 2002, N. 313)).

Art. 64
Norma transitoria

1. Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai
procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 4, commi 1 e 2,
commessi dopo la sua entrata in vigore.
2. Ferma l’applicabilita’ dell’articolo 2, comma terzo, del codice
penale, nei procedimenti relativi a reati commessi prima della data
di entrata in vigore del presente decreto legislativo si osservano le
disposizioni dell’articolo 63, ((comma)) 1 ((…)); quando si tratta
di reati commessi dopo la pubblicazione del presente decreto si
osservano anche le disposizioni del titolo I se alla data di entrata
in vigore non e’ ancora avvenuta l’iscrizione della notizia di reato.
((4))

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AGGIORNAMENTO (4)
Il D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, ha disposto (con l’art. 55,
comma 1) che “Le disposizioni del presente testo unico hanno effetto
a decorrere dal quarantacinquesimo giorno a partire dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.”

Art. 65
Entrata in vigore

(( 1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno 2
gennaio 2002. ))
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi’ 28 agosto 2000
CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei
Ministri
Fassino, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Fassino

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