Immigrazione:vademecum

Immigrazione: a Salerno nave Etna con oltre 2mila profughi

“Nell’ultimo trentennio, l’Italia si è trasformata da Paese di emigrazione a paese di immigrazione, laddove la stessa trasformazione ha coinvolto molti Stati dell’unione europea in epoche ben più remote. Il fenomeno può attribuirsi alla circostanza per cui, proprio negli ultimi decenni, gli altri Paesi membri hanno adottato politiche più restrittive nei confronti dell’immigrazione, sicché gli stessi stranieri si sono visti costretti a solcare un confine più accessibile, quale è risultato essere quello patrio. Basti pensare all’esempio dell’Olanda che, dallo scorso marzo, ha imposto, agli immigrati che vogliano entrare nel territorio olandese, un esame di ‘integrazione civica’, da sostenere presso il proprio Paese di origine.

Una concausa è stata inoltre ravvisata nel sempre più ampio divario economico che si è venuto formando tra i cosiddetti ‘paesi poveri’ e i ‘paesi ricchi’. Oggi, dunque, il mosaico delle nazionalità e delle culture presenti in Italia si presenta assai complesso e variegato. Con tutte le conseguenti tensioni, a livello sociale e politico: che – bisogna ammetterlo – ci hanno colto impreparati sia per quanto attiene agli aspetti più solidamente ancorati al nostro background culturale, spesso discriminatorio e diffidente, sia per quanto invece concerne l’organizzazione amministrativo-burocratica.
All’incompletezza del quadro legislativo del settore, ha tentato di dare una parziale soluzione la legge del 6 marzo 1998 n. 40 (c.d. legge Turco-Napolitano), cui è seguito, per meglio coordinarla con altre fonti del nostro ordinamento, il testo unico approvato con d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (“Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero”), in vigore dal 2 settembre 1998. I punti focali della nuova normativa sono: 1) la programmazione dei flussi migratori di ingresso; 2) il contrasto all’immigrazione clandestina; 3) l’integrazione degli stranieri regolari. La legge ha poi rinviato, per la sua stessa attuazione, al regolamento emanato con d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394.
Partendo dal presupposto che il legislatore analizza e recepisce i mutamenti di fatto della realtà quotidiana e crea leggi che si pongono come necessarie per l’organizzazione di tali aspetti, l’analisi, in queste sede, delle disposizioni legislative è anche l’occasione per prendere coscienza dell’importanza che ha assunto (anche sotto un aspetto marcatamente economico) il fenomeno immigratorio. Ricordiamo infatti come il largo impiego di nuova mano d’opera abbia contribuito, già in epoche meno recenti, al boom economico di altri Stati.
(Avv. Angelo Greco)
F.A.Q. (Frequently Asked Questions)
Diritti, doveri e disposizioni generali
Chi sono gli ‘stranieri’ e quale disciplina si applica ad essi?
Sono gli apolidi e tutti coloro che provengono da stati esterni alla Comunità Europea; ad essi si applicano le norme del D.lgs. 286/1998. Il Testo Unico non si applica ai cittadini degli Strati membri dell’Unione Europea, se non per le eventuali norme più favorevoli rispetto a quelle che già ne regolano la condizione giuridica. Le regioni (salvo quelle a statuto speciale) non possono emettere leggi in contrasto con detta normativa.
Quali sono i diritti e i doveri dello straniero?
Bisogna innanzitutto distinguere tra “stranieri alla frontiera o comunque presenti nel territorio dello stato” e “stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello stato”. Ai primi spettano: 1) tutti i diritti fondamentali della persona umana (quindi i diritti inviolabili dell’uomo, come il diritto alla salute, alla libertà di culto, all’integrità fisica) riconosciuti al cittadino italiano dalle norme interne, comunitarie ed internazionali; 2) il diritto alla tutela giurisdizionale (sia attiva che passiva, sia dinanzi all’Autorità Giurisdizionale ordinaria che amministrativa); 3) il diritto all’accesso ai pubblici servizi..
Ai secondi, in aggiunta, vengono altresì riconosciuti 4) i diritti in materia civile, salvo diversa disciplina del testo unico o delle convenzioni internazionali; 5) il diritto di partecipare alla vita pubblica locale; 6) la parità di trattamento e l’uguaglianza dei diritti con i lavoratori italiani (in attuazione della Convenzione O.I.L. n. 143/1975).
Quanto ai doveri, lo straniero presente sul territorio italiano è tenuto ad osservare gli obblighi previsti dalla normativa italiana vigente. All’atto dell’ingresso nello stato, allo straniero viene consegnata, insieme al visto, una comunicazione scritta, redatta in lingua a lui comprensibile, che illustra i doveri ed i diritti che a lui competono sul territorio italiano.
Cos’è il Comitato per il Coordinamento ed il monitoraggio?
E’ un organo con funzioni di vigilanza sull’applicazione della legge in materia di immigrazione, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione.
Che cos’è l’area Schengen?
E’ un’insieme di paesi che hanno aderito agli accordi di Schengen (tra cui Germania, Francia, Olanda, Benelux, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Finlandia). Tali accordi mirano a realizzare uno spazio comune di libera circolazione tra i cittadini degli Stati aderenti. In tal modo, il visto rilasciato da uno dei paesi aderenti nei confronti di uno straniero, è considerato valido anche per tutti gli altri stati dell’area.
Come si attua la politica migratoria in Italia e cosa sono i flussi migratori di ingresso?
Il Governo determina le quote massime di stranieri da immettere nel nostro territorio, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo e tenendo conto anche dei ricongiungimenti familiari. In tal modo, il Governo regola annualmente i flussi degli immigrati, potendo di volta in volta stabilire anche in relazione a quali Stati, ed in che misura, chiudere o limitare ‘il rubinetto’.
A tal fine, il Testo Unico prevede tre adempimenti fondamentali:
– il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri: redatto ogni tre anni, esso determina le direttive politiche che l’Italia si darà in materia di immigrazione; contiene altresì l’analisi del fenomeno migratorio, lo studio degli scenari futuri e gli interventi che lo Stato si propone di svolgere in materia. Esso determina altresì le misure economiche, sociali e di sostegno che il Governo intende attuare nei confronti degli immigrati soggiornanti del territorio. Il documento programmatico è emanato con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale;
– il decreto sui flussi: redatto ogni anno entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento, stabilisce – in conformità delle indicazioni di massima contenute nel documento programmatico – le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio italiano per motivi di lavoro. Qualora se ne ravvisi l’opportunità, ulteriori decreto possono essere emanati durante l’anno. Esso è predisposto dal Presidente del Consiglio, sentiti i ministri interessati e le competenti commissioni parlamentari. In esso vengono altresì considerate le esigenze derivanti da ricongiungimenti familiari e le misure straordinarie di accoglienza temporanea per eventi eccezionali. I visti di ingresso per tali tipologie di lavoro sono dunque rilasciati entro i limiti stabiliti mediante tale decreto sui flussi;
– il decreto sugli ingressi degli studenti universitari: esso fissa un numero massimo di permessi di soggiorno per l’accesso all’istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all’estero. Il numero di visti e di permessi di soggiorno viene determinato annualmente – sulla base delle disponibilità comunicate dalle università – con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri dell’Università e dell’Interno. I visti ed i permessi di soggiorno possono essere rinnovati subordinatamente al superamento di almeno un esame nel primo anno di corso e di almeno due nei successivi. Essi comunque non possono essere rilasciati per più di tre anni oltre la durata del corso di studio.
In base a quali parametri il Governo determina il tetto dei flussi migratori?
In base alle offerte di lavoro, alle chiamate nominative, ai ricongiungimenti familiari, agli accordi tra l’Italia ed i paesi di provenienza.
Le chiamate nominative comprendono, da un lato, le richieste dei datori di lavoro italiani che già conoscono i lavoratori stranieri che vogliono assumere; dall’altro, le richieste che fanno riferimento alle liste di lavoratori stranieri.
Cosa devono avere gli stranieri che si presentano alla frontiera?
1) un passaporto valido oppure un documento equivalente;
2) un visto di ingresso (quando necessario) e i documenti che giustificano l’entrata;
3) risorse economiche per il soggiorno e le spese di ritorno o di transito verso un altro Stato.
Una volta entrato nel territorio, entro gli otto giorni lavorativi successivi, lo straniero dovrà procurarsi anche il permesso di soggiorno.
Quali sono gli obblighi di chi ospita o dà lavoro ad uno straniero?
Qualsiasi italiano ospiti uno straniero o gli ceda la proprietà o il godimento di immobili, anche se parente o affine, o lo assuma, deve darne comunicazione scritta all’autorità di pubblica sicurezza, indicando – oltre alle generalità – anche gli estremi del passaporto o del documento di identificazione dello straniero, nonché l’esatta ubicazione dell’immobile ceduto o che si offre in alloggio.
Il Visto
Cos’è il visto, come può essere ottenuto ed a quali condizioni?
Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. In pratica, il visto altro non è che un adesivo che le ambasciate italiane, presenti nei paesi stranieri, incollano sul passaporto dell’immigrato e che permette a quest’ultimo di attraversare la frontiera e di entrare nel nostro Paese. Sul visto viene indicato il motivo dell’ingresso (per es. motivi di lavoro subordinato), nonché la scadenza dello stesso.
Contestualmente al rilascio del visto di ingresso, l’autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile (o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo) che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all’ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l’autorità comunica il diniego (che non deve essere motivato).
Per quali motivi si può chiedere il visto?
Per adozione, affari, cure mediche, diplomatico, gare sportive, inserimento nel mercato del lavoro, invito, lavoro autonomo o subordinato, missione, motivi religiosi, reingresso, residenza elettiva, ricongiungimento familiare, studio, transito, turismo.
Quali sono i requisiti della richiesta di visto nel caso di:
Turismo? – Bisogna 1) dimostrare le risorse economiche per le spese di soggiorno; 2) esibire il biglietto di andata e ritorno (o i mezzi per acquistarlo); 3) esibire le prenotazioni di alberghi o comunicare un alloggio presso un domicilio privato.
Ricongiungimenti familiari? – La richiesta va presentata dallo straniero che intende ricongiungersi con un parente in Italia, al consolato o all’ambasciata italiana nel paese di residenza. Il familiare all’estero deve presentare la documentazione che dimostra il grado di parentela o il legame matrimoniale, la minore età, l’inabilità al lavoro o la condizione di persona a carico ed il nulla osta o la ricevuta della richiesta di nulla osta presentata in questura dal parente che sta in Italia.
Studio o formazione? – Bisogna indicare l’età maggiore di 14 anni; la certificazione del corso di studio o dell’attività di ricerca (iscrizione alla scuola o all’università); una assicurazione sanitaria; le risorse economiche sufficienti per il soggiorno oppure il sostegno economico da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Cure mediche? – Bisogna allegare una dichiarazione dell’ospedale o della clinica che chiarisca il tipo di cura, la data di inizio e la durata (orientativa) della cura; le risorse economiche per far fronte alle spese sanitarie, di vitto e alloggio e di rimpatrio; il versamento, come deposito, di un anticipo del 30% del costo delle cure alla clinica o all’ospedale italiano. La domanda può essere presentata anche da un accompagnatore.
Motivi religiosi? – E’ predisposto per i religiosi che intendano partecipare a manifestazioni di culto o che esercitino funzioni religiose, pastorali o ecclesiastiche. Allo straniero non religioso che voglia frequentare corsi di noviziato, studio o formazione religiosa, sarà concesso un visto per studio, mentre allo straniero che partecipi a pellegrinaggi o a manifestazioni di culto sarà concesso un visto per turismo.
Lavoro dipendente? – La domanda deve contenere 1) l’autorizzazione al lavoro rilasciata dalla Direzione provinciale del Lavoro su richiesta del datore di lavoro italiano; 2) nulla osta (provvisorio) apposto dalla questura sull’autorizzazione.
Lavoro autonomo? – La domanda deve contenere 1) la dichiarazione che non ci sono ostacoli al rilascio dell’autorizzazione o della licenza necessaria allo svolgimento dell’attività; 2) la dichiarazione della Camera di commercio competente per territorio o del competente ordine professionale, circa le risorse necessarie all’avvio e allo svolgimento dell’attività; 3) il nulla osta provvisorio della questura.
Chi entra in Italia con un permesso di soggiorno per turismo, può lavorare?
No. Non può essere svolta alcuna attività con tale tipo di permesso che, peraltro, dura solo 90 giorni e non è rinnovabile.
Come si ottiene il visto?
Si deve presentare una richiesta al consolato o all’ambasciata italiana nel paese di residenza. La domanda è composta di documenti di base uguali per tutti i tipi di visto e documenti specifici. I dati di base da indicare sono:
– i propri dati personali (nome, cognome, data di nascita, residenza, cittadinanza) e quelli dei propri familiari (con un documento valido a dimostrare il grado di parentela);
– gli estremi del passaporto o di un altro documento valido;
– la ragione del viaggio (perché da questa dipenderà il tipo e la durata del permesso di soggiorno);
– i mezzi di trasporto che si intende utilizzare;
– le risorse economiche per le spese di viaggio e soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza.;
– il luogo ove si alloggerà.
I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell’interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione
Entro 90 giorni dalla presentazione della domanda (30 giorni per il lavoro subordinato e inserimento nel mercato di lavoro; 120 giorni per lavoro autonomo) le autorità diplomatiche italiane rilasciano o rifiutano il visto.
Ottenuto il visto, il cittadino straniero può partire per l’Italia.
Chi non ha bisogno del visto?
1) i cittadini dell’Unione europea;
2) lo straniero che, uscito dall’Italia, abbia, oltre al passaporto, anche il permesso di soggiorno valido o la carta di soggiorno. In questo caso, è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio italiano, una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera.
A chi viene negato il visto?
Il visto non viene rilasciato agli stranieri che:
1) sono stati precedentemente espulsi dall’Italia o da uno dei paesi dell’area Schengen;
2) siano considerati pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza dell’Italia e degli altri Stati dell’Unione europea in base ad accordi o intese a livello internazionale.
Per quanto tempo può essere concesso l’ingresso in Italia con il visto?
I visti possono essere rilasciati per soggiorni di “breve durata” (ossia di 90 giorni) o di “lunga durata” che comportino per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto.
Il permesso di soggiorno
Cos’è il permesso di soggiorno, come può essere ottenuto ed a quali condizioni?
Il permesso di soggiorno è il documento che autorizza i cittadini stranieri a stare in Italia; in altre parole, è il documento di identità degli extracomunitari. Può essere rilasciato dalle autorità italiane o dalle autorità di uno Stato dell’Unione europea (per una permanenza in Italia non superiore a 90 giorni).
Sul permesso di soggiorno, oltre alla foto, vengono indicate le generalità della persona, l’indirizzo italiano, il datore di lavoro, la scadenza ed il motivo del soggiorno (come, del resto, apposta sul visto).
Il permesso deve essere richiesto al questore della provincia in cui lo straniero si trova, entro 8 giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d’ingresso (lavoro autonomo, lavoro subordinato, esigenze di ricongiungimento familiare, ecc.) o dalle disposizioni vigenti.
Gli uffici forniscono un modulo nel quale il cittadino straniero, presentando il proprio passaporto e il visto di ingresso, deve indicare: 1) i propri dati anagrafici e quelli dei figli minori che lo accompagnano; 2) il luogo e il motivo del soggiorno.
Le richieste di permesso di soggiorno per motivi diversi dal lavoro devono contenere la documentazione della disponibilità di mezzi economici, compresi quelli necessari a ritornare nel paese di origine.
Possono essere previste speciali modalità di rilascio, relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l’esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché per soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.
Alla domanda vanno allegate quattro fotografie formato fototessera. Il permesso è rilasciato, entro 20 giorni dalla domanda, per lo stesso motivo per cui era stato richiesto il visto di ingresso.
Al momento del ritiro del permesso di soggiorno, lo straniero deve presentare la ricevuta di iscrizione al servizio sanitario nazionale.
La durata del permesso di soggiorno non rilasciato per motivi di lavoro è quella prevista dal visto d’ingresso (quindi dipende dal motivo per cui il visto è stato rilasciato).
La durata non può comunque essere:
1) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo;
2) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;
3) superiore a due anni per ricongiungimenti familiari;
4) superiore alle necessità specificatamente documentate, negli altri casi consentiti dal testo unico o dal regolamento di attuazione.
Cosa succede allo straniero che non chieda il permesso di soggiorno entro gli otto giorni previsti dalla legge?
Viene espulso con provvedimento del Prefetto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore.
Quando può essere concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato?
Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro.
La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:
a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di sei o nove mesi;
b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;
c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni;
d) nei casi di ricongiungimento familiare, la durata di due anni.
Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell’ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno.
Cos’è il contratto di soggiorno per lavoro subordinato?
Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro (sia esso italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia) e uno straniero, deve necessariamente contenere:
a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
b) l’impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.
Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto presso lo sportello unico per l’immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa.
Quando può essere concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo?
Per quanto invece riguarda il lavoro autonomo, il permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni ed è rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti previsti dal testo unico.
L’ingresso dello straniero che intenda esercitare in Italia un’attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l’esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione Europea.
In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l’esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l’iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell’autorità competente, in data non anteriore a tre mesi, che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione o della licenza prevista per l’esercizio dell’attività che lo straniero intende svolgere. Il lavoratore deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.
Accertato il possesso dei predetti requisiti, la rappresentanza diplomatica o consolare rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l’espressa indicazione dell’attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti dal decreto sui flussi.
Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.
Come può essere richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno?
Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; sessanta giorni prima nei casi di contratto di lavoro subordinato a tempo determinato; trenta giorni nei restanti casi. Il rilascio è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio. Il permesso è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale.
Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.
Che succede se lo straniero ha ottenuto il permesso di soggiorno in un altro Stato dell’Unione europea e, successivamente, si stabilisca in Italia?
Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall’autorità di uno Stato appartenente all’Unione europea, valido per il soggiorno in Italia, sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l’espulsione.
In che termini è possibile la conversione del permesso di soggiorno?
Il permesso per lavoro autonomo può essere utilizzato per lavoro dipendente, e viceversa.
Il permesso per lavoro stagionale può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, ma solo alla fine della seconda stagione.
Il permesso per studio può essere convertito in permesso per lavoro, ma all’interno del numero di ingressi per lavoro previsti dal governo, di anno in anno.
Il permesso per motivi di protezione sociale può essere convertito in permesso per studio o utilizzato per lavorare.
Non è necessario convertire il permesso per ricongiungimento familiare per poter svolgere attività di lavoro dipendente o autonomo.
Il permesso di soggiorno viene convertito entro 20 giorni dalla data di presentazione della domanda.
Può, un lavoratore stagionale al primo anno di ingresso, convertire il permesso in lavoro subordinato?
No; la conversione è possibile in questo caso solo dopo il secondo anno di ingresso in Italia per lo stesso motivo. Alla scadenza del primo permesso di soggiorno lo straniero deve tornare nel proprio paese di origine o provenienza. In questo modo, ha diritto di precedenza rispetto a un connazionale che non è mai venuto in Italia come lavoratore stagionale.
Quando viene revocato il permesso di soggiorno?
Il permesso è revocato se vengono successivamente a mancare i requisiti per la sua emissione.
La Carta di soggiorno
Cos’è la carta di soggiorno?
E’ il documento che consente agli stranieri il soggiorno a tempo indeterminato in Italia. Deve essere vidimata ogni 10 anni. La carta di soggiorno è un importante strumento che favorisce l’integrazione.
Con essa, il titolare può:
– entrare ed uscire in/dall’Italia senza bisogno del visto;
– svolgere qualsiasi attività lecita che non sia riservata a cittadini italiani;
– accedere a servizi e prestazioni della P.A.;
– partecipare alla vita pubblica del luogo in cui vive.
Che diritti ha la straniera, titolare di carta di soggiorno, per il mantenimento dei figli nati in Italia?
Per ogni figlio nato dopo il 1 luglio 2000, la cittadina straniera madre, titolare della carta di soggiorno, può chiedere l’assegno di maternità all’INPS o al proprio comune di residenza (a seconda che siano stati versati o meno i contributi per la tutela previdenziale della maternità).
Chi ha diritto alla carta di soggiorno?
1) Chi ha vissuto regolarmente in Italia per almeno 6 anni, con un permesso di soggiorno che consenta più rinnovi;
2) chi è sposato con un titolare di carta di soggiorno;
3) chi è figlio minorenne di un titolare di carta di soggiorno.
In ognuno di questi casi è tuttavia necessario offrire prove di avere reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari.
A chi e come si richiede la carta di soggiorno?
Va richiesta al questore, indicando i propri dati anagrafici, i luoghi in cui si è vissuto negli ultimi cinque anni, il luogo di residenza, le fonti di reddito che consentono il mantenimento.
Alla domanda, bisogna inoltre allegare la copia di un documento di identità, la copia della dichiarazione dei redditi o dell’ultimo mod. 101, il certificato del casellario giudiziale, il certificato che attesti l’assenza di procedimenti penali in corso, una fotografia fototessera.
Il questore, accertata la sussistenza dei requisiti, rilascia la carta entro 90 giorni dalla richiesta.
La carta può essere successivamente revocata per reati penali di particolare entità.
Contro il rifiuto al rilascio o contro la revoca può essere proposto ricorso al T.A.R. entro 60 giorni dalla comunicazione.
Il Respingimento e l’Espulsione
Quali controlli possono essere fatti alla frontiera nei confronti degli stranieri?
Controlli doganali, valutari e sanitari.
Quando viene effettuato il Respingimento e l’Espulsione?
La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano sena anche uno solo dei requisiti richiesti dalla legge per l’ingresso in Italia, anche se lo straniero è in possesso di un visto di ingresso o di transito. Il visto, infatti, non garantisce l’ingresso dello straniero che, per es., non abbia i mezzi di sostentamento necessari al soggiorno, che non sia in grado di fornire sufficienti spiegazioni sul suo soggiorno in Italia o che rappresenti un pericolo per la sicurezza o l’ordine pubblico.
Può essere inoltre respinto chi è entrato in Italia senza passare dai controlli di frontiera ma è stato fermato all’ingresso subito dopo o chi è stato ammesso solo temporaneamente per necessità di soccorso.
Il mezzo di trasporto (per es. nave, aereo, pullman, ecc.) che ha condotto lo straniero alla frontiera italiana senza i necessari documenti è obbligato a ricondurlo nello stato di provenienza. Infatti i trasportatori, al momento dell’imbarco, hanno l’obbligo di controllare che le persone trasportate siano in possesso dei documenti necessari per l’ingresso in Italia e di riferire alla polizia circa eventuali irregolarità. In caso di violazioni, è applicata una sanzione da 1 a 5 milioni di lire o la sospensione o la revoca della concessione.
L’espulsione dello straniero che si trova già in Italia è disposta dal Prefetto, quando lo straniero si è trattenuto nel territorio italiano senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto (salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore), o quando il permesso è stato revocato o annullato o è scaduto da più di 60 giorni e non è stato chiesto il rinnovo.
Il visto può essere rilasciato dalle autorità di frontiera?
Si, solo in casi eccezionali e per una durata non superiore a 5 giorni in caso di transito e di 10 giorni in caso di soggiorno.
Chi non può mai essere respinto alla frontiera?
– chi richiede asilo politico
– chi ha lo stato di rifugiato
– chi è beneficiario di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.
Chi può chiedere asilo politico?
Lo straniero che ha subito o teme di subire persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche. Egli può fare domanda di asilo alla polizia di frontiera o alla questura. La domanda viene poi trasmessa alla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Come avviene l’espulsione?
Mediante accompagnamento alla frontiera. Quando ciò non è possibile (per es. per l’indisponibilità del mezzo di trasporto), il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino.
A quali limiti sono soggetti l’espulsione e il respingimento?
Non può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Non è consentita l’espulsione nei confronti:
a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi;
b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno;
c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, e dei rispettivi mariti conviventi.
Quali sono le conseguenze per chi fornisce l’ingresso illegale di stranieri in Italia?
E’ previsto il carcere da 3 a 12 anni e una multa fino a 30 milioni di lire per ogni persona che ha fatto entrare clandestinamente. Se questi ingressi sono inoltre destinati allo sfruttamento della prostituzione oppure coinvolgono minori da impiegare in attività illecite, la pena è fissata da 5 a 15 anni e una multa di 50 milioni di lire per ogni persona di cui si è favorito l’ingresso illegale.
Anche chi favorisce la permanenza in Italia di stranieri irregolari per trarne un ingiusto profitto è punito con la reclusione fino a 4 anni e la multa fino a 30 milioni di lire.
Disciplina del Lavoro in generale
In che modo viene disciplinato in Italia il sistema di accesso al lavoro degli extracomunitari?
Viene disciplinato attraverso il meccanismo delle “quote massime di ingresso”. In altri termini i cittadini extracomunitari che intendono venire a lavorare in Italia possono farlo esclusivamente nei limiti delle quote numeriche prefissate ogni anno dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. (Art. 21 T.U.)
Attraverso le quote di ingresso possono essere regolarizzati anche i cittadini extracomunitari presenti in Italia in condizione di clandestinità?
No; le quote di ingresso stabilite annualmente dal Governo sono previste esclusivamente per quei cittadini extracomunitari che risiedono all’estero; perciò gli extracomunitari che, pur lavorando in Italia, sono privi del permesso di soggiorno e, perciò, in condizione di clandestinità, non possono usufruire del meccanismo delle quote.
In altre parole, il sistema dei flussi di ingresso per lavoro previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione non è in alcun modo una sanatoria o una forma di regolarizzazione.
A quali conseguenze va incontro un datore di lavoro che occupi alle proprie dipendenze un lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto?
In questi casi il datore di lavoro è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore extracomunitario clandestino impiegato (Art. 22 comma 12).
Come vengono definite le quote di ingresso?
Le quote massime di ingresso di cittadini extracomunitari per lavoro vengono definite con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri entro il 30 novembre di ogni anno e prevedono il numero massimo di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, stagionale ed autonomo per l’anno successivo (art. 3 comma 4). Tali quote di ingresso vengono poi suddivise per ciascuna regione e successivamente per ciascuna provincia italiana.
Secondo quali criteri vengono definite le quote massime di ingresso di lavoratori extracomunitari?
Vengono definite tenendo conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche e mansioni, dal Ministero del Lavoro sull’andamento dell’occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, del numero di extracomunitari iscritti nelle liste di collocamento nonché della effettiva richiesta di lavoro, suddivisa per bacini provinciali di utenza, elaborata dall’anagrafe informatizzata istituita presso il Ministero del Lavoro.
Esistono corsie preferenziali per alcuni paesi extracomunitari?
Si; il Testo Unico prevede la possibilità di intese tra il Ministero degli Affari Esteri ed Interno e quei paesi extracomunitari finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso ed alla repressione della clandestinità. Sulla scorta di tali accordi vengono previste, nei decreti annuali dei flussi, quote riservate di ingresso. (Art. 21)
Disciplina del Lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato
In che modo è possibile per un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia assumere un lavoratore extracomunitario?
Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intenda assumere un lavoratore extracomunitario (per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato) può fare una richiesta nominativa di nulla osta al lavoro (nel caso in cui conosca già il nominativo del lavoratore da assumere) oppure una richiesta numerica di nulla osta al lavoro (qualora non conosca l’extracomunitario da assumere ma, comunque, abbisogni di manodopera proveniente da paesi extracomunitari). (Art. 22 T.U.).
Come funziona il sistema della richiesta numerica?
La richiesta numerica di lavoratori extracomunitari è resa possibile attraverso la predisposizione di apposite liste di lavoratori stranieri, compilate anno per anno e distinte per lavori a tempo determinato, a tempo indeterminato e per lavoro stagionale. Il cittadino extracomunitario che intende essere inserito in tali liste deve farne richiesta, tramite apposita modulistica, all’ambasciata italiana presente nel proprio paese. Tali liste contenenti l’elenco dei nominativi sono successivamente trasmesse dalle rappresentanze diplomatico-consolari al Ministero del Lavoro che, previa verifica formale della rispondenza ai criteri stabiliti, provvede alla loro diffusione mediante l’inserimento nei sistemi informativi delle Direzioni Provinciali del Lavoro.
Quali elementi deve contenere l’istanza di assunzione presentata allo Sportello Unico per l’Immigrazione?
La domanda di assunzione deve contenere le complete generalità del datore di lavoro nel caso si tratti di persona fisica ovvero i dati dell’ente nel casi si tratti di persona giuridica; inoltre, in caso di richiesta nominativa, debbono essere indicate le complete generalità del lavoratore extracomunitario nonché il trattamento retributivo ed assicurativo nel rispetto delle leggi vigenti; l’indicazione della sede di lavoro e l’indicazione della sistemazione alloggiativa del lavoratore extracomunitario. All’istanza deve essere allegata copia di un documento di identità del datore di lavoro e copia del passaporto del lavoratore extracomunitario che si intende assumere; entrambi in corso di validità.
Entro quale termine bisogna presentare le richieste nominative o numeriche di assunzione di lavoratori extracomunitari?
Le domande possono essere presentate solo successivamente alla pubblicazione del decreto che, annualmente, fissa le quote massime di ingresso di lavoratori extracomunitari nel nostro paese. Ad esempio, per l’anno 2006 il decreto annuale di fissazione delle quote è stato pubblicato il giorno 7 marzo; l’art. 7 del decreto specificava che le richieste potevano essere presentate soltanto a decorrere dal 7 giorno successivo alla pubblicazione del decreto stesso. Una successiva circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (n. 7/2006) ha precisato che le domande potevano essere inoltrate – tramite spedizione postale – a decorrere dal giorno 14 marzo 2006, dalle ore 14,30.
E’ importante spedire le domande in maniera tempestiva?
Certo; essendo limitato il numero delle quote massime di ingresso, ed essendo la domanda superiore all’offerta, è indispensabile recarsi agli uffici postali con tempestività: le domande, infatti, verranno vagliate dai competenti uffici, nell’ordine di graduatoria stabilito dall’orario di spedizione della domanda stessa.
A quali uffici bisogna rivolgersi?
Le richieste nominative o numeriche di lavoratori extracomunitari, compilate su appositi moduli forniti dalle Poste Italiane, devono essere indirizzate allo Sportello Unico per l’Immigrazione, presso la Prefettura, della provincia di residenza del datore di lavoro o, alternativamente, della provincia ove ha sede legale l’impresa o a quello della provincia ove avrà luogo la prestazione dell’attività lavorativa. Lo Sportello Unico competente al rilascio del nulla osta al lavoro è, comunque, quello del luogo in cui verrà svolta l’attività lavorativa. (Art. 22 T.U.)
Come funziona il procedimento di richiesta nominativa?
Una volta che la richiesta nominativa è inviata questa viene trasmessa prioritariamente ad un centro di smistamento a Roma. In tale sede avviene la ripartizione delle domande in base alla disponibilità di quote per ogni provincia. Le domande selezionate (in base alla data di spedizione) vengono perciò inviate agli Sportelli Unici per l’Immigrazione presso le prefetture di ciascuna provincia. Lo Sportello Unico effettuate alcune verifiche preliminari rilascia il nulla osta al lavoro dandone comunicazione al datore di lavoro.
Quali verifiche deve effettuare lo Sportello Unico prima di poter rilasciare il nulla osta al lavoro subordinato?
Lo Sportello Unico Immigrazione, acquisite le istanze, verifica innanzitutto la regolarità formale e la completezza delle stesse; successivamente lo Sportello richiede alla Questura il parere circa la insussistenza di motivi ostativi all’ingresso del lavoratore extracomunitario. Se la Questura attesta l’insussistenza di eventuali motivi ostativi (quali ad esempio la segnalazione di precedenti penali o la rilavata situazione di clandestinità) trasmette il parere allo Sportello Unico. Se la Questura trasmette, invece, un parere negativo la procedura si arresta e lo Sportello emette un provvedimento di diniego.
Una volta ottenuto il parere della Questura, lo Sportello può rilasciare il nulla osta?
Ancora no; lo Sportello, infatti, deve necessariamente richiedere il preventivo parere della Direzione Provinciale del Lavoro che deve verificare la disponibilità quantitativa e qualitativa delle quote di ingresso nonché l’osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo applicabile al contratto proposto dal datore di lavoro, e la congruità del numero di richieste presentate dallo stesso in relazione. Qualora il parere risulti negativa la procedura si arresta e lo Sportello emette un provvedimento di diniego, mentre qualora il parere sia positivo questo viene trasmesso allo Sportello Unico.
Una volta ottenuto il parere positivo della Questura e della Direzione Provinciale del Lavoro lo Sportello può rilasciare il nulla osta?
Ancora no; vi è, infatti, un ultimo adempimento che consiste nell’obbligo dello Sportello di inviare la richiesta di lavoro subordinato, sia nominativa che numerica, al Centro per l’Impiego competente. Quest’ultimo ha l’obbligo di verificare l’eventuale disponibilità di lavoratori italiani o stranieri iscritti nelle liste di collocamento – ai quali occorre dare precedenza – e ne comunica l’esito allo Sportello e al datore di lavoro. (Art. 30-quinquies Reg). Se il Centro per l’Impiego comunica l’insussistenza di altri lavoratori italiani o stranieri iscritti nelle liste di collocamento per quella specifica mansione, lo Sportello Unico può procedere al rilascio del nulla osta.
In che modo il datore di lavoro può tutelarsi qualora lo Sportello emetta un provvedimento di diniego?
I provvedimenti adottati dallo Sportello Unico hanno carattere definitivo e, pertanto, gli eventuali provvedimenti di diniego riguardanti l’assunzione per lavoro subordinato sono impugnabili con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale competente nel termine di 60 giorni dalla ricezione del provvedimento oppure, in alternativa, con Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica nel termine di 120 giorni dalla ricezione del provvedimento. (Art. 30 T.U.)
Cosa succede una volta ottenuto il nulla osta al lavoro?
Il nulla osta rilasciato dallo Sportello Unico viene inviato a mezzo fax da parte dell’Ufficio al consolato o all’ambasciata italiana competente nel paese di origine del lavoratore extracomunitario, mentre il nulla osta originale verrà spedito – o a cura dell’Ufficio o a cura del datore di lavoro – al lavoratore extracomunitario. Una volta in possesso del nulla osta il lavoratore si recherà presso l’ambasciata o il consolato italiano presente nel suo paese e richiederà l’apposizione del visto di ingresso per lavoro sul proprio passaporto.
Con il visto di ingresso il lavoratore extracomunitario potrà entrare nel nostro territorio.
Cosa deve fare il lavoratore extracomunitario una volta entrato nel territorio nazionale?
Entro otto giorni dall’ingresso nei confini nazionali il lavoratore extracomunitario deve recarsi presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per firmare il contratto di soggiorno precedentemente sottoscritto dal datore di lavoro e per fare la richiesta del permesso di soggiorno. In tale sede viene consegnato al lavoratore extracomunitario il codice fiscale precedentemente richiesto dallo Sportello Unico e viene comunicato il giorno in cui dovrà essere sottoposto, da parte della Questura, ai rilievi fotodattloscopici.
Quali diritti spettano al lavoratore extracomunitario dal punto di vista previdenziale ed assistenziale?
Al lavoratore extracomunitario spettano tutti i diritti previsti dalla legge per lo svolgimento di una attività lavorativa nel nostro paese. Inoltre, in caso di rimpatrio, il lavoratore extracomunitario conserva tutti i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati – mediante il trasferimento degli stessi all’istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza del lavoratore. Lo stesso potrà goderne al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
L’eventuale perdita del posto di lavoro costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno?
No; il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno. In tale arco di tempo il lavoratore extracomunitario può trovare un nuovo datore di lavoro con il quale instaurare un nuovo rapporto lavorativo e, pertanto, richiedere – sulla scorta del nuovo rapporto contrattuale – il rinnovo del permesso di soggiorno. (Art. 22 comma 11).
Il lavoratore extracomunitario assunto può cambiare datore di lavoro durante lo svolgimento del rapporto contrattuale?
Si; per l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, deve essere sottoscritto un nuovo contratto di soggiorno che, entro 5 giorni dalla sua sottoscrizione da parte del nuovo datore di lavoro, deve essere inviato tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, allo Sportello Unico.
L’invio del nuovo contratto di soggiorno con l’indicazione delle nuove condizioni contrattuali e della durata del nuovo rapporto di lavoro consente anche il successivo rinnovo del permesso di soggiorno presso la Questura competente.
Durante lo svolgimento del rapporto lavorativo è possibile per il datore di lavoro licenziare il lavoratore extracomunitario?
Si; sempre nel rispetto della normativa nazionale in materia di licenziamenti collettivi il datore di lavoro può licenziare il lavoratore dandone comunicazione entro cinque giorni allo Sportello Unico Immigrazione ed al Centro per l’Impiego competente.
Il Centro per l’Impiego provvede all’iscrizione dello straniero nelle liste di mobilità nei limiti del periodo di residua validità del permesso di soggiorno e comunque, salvo che per gli stagionali, per un periodo non inferiore a sei mesi.
Il lavoratore extracomunitario licenziato o disoccupato per dimissioni volontarie può essere inserito nelle liste di disoccupazione ed usufruire dell’assegno di disoccupazione?
Si; se lo straniero è interessato a far valere lo stato di disoccupazione, deve presentarsi, non oltre il quarantesimo giorno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, presso il Centro per l’Impiego che provvede ad inserirlo nelle liste di disoccupazione per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo complessivo non inferiore a sei mesi.
Qualora detto inserimento nelle liste di disoccupazione per il periodo di sei mesi comporti il diritto del cittadino extracomunitario a risiedere nel territorio nazionale oltre il termine previsto dal permesso di soggiorno, la Questura provvede a rinnovare il permesso fino alla data di scadenza del termine di iscrizione nella lista di disoccupazione.
Lavoro Stagionale
E’ possibile per il datore di lavoro italiano o, comunque, residente in Italia, assumere un lavoratore extracomunitario stagionale?
Si; il datore di lavoro che intenda assumere lavoratori extracomunitari stagionali deve farne richiesta nominativa o numerica con le stesse modalità già indicate per la richiesta di lavoro subordinato. Il nulla osta che verrà rilasciato per lo svolgimento di un’attività lavorativa stagionale potrà avere una validità da venti giorni a nove mesi. Le richieste di lavoratori stagionali possono anche essere effettuate direttamente dalle associazioni di categoria per conto dei loro associati.
Sono previste delle agevolazioni per i lavoratori stagionali?
Si; il lavoratore stagionale che abbia rispettato le condizioni del permesso di soggiorno e che, pertanto, sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, avrà diritto di precedenza per il rientro in Italia per l’anno successivo.
Qual vantaggio è offerto al lavoratore stagionale venuto in Italia almeno due anni di seguito?
Allo stesso può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso di soggiorno pluriennale, di tre annualità, per la stessa durata temporale annuale di cui ha usufruito nell’ultimo dei due anni.
Ad esempio un lavoratore extracomunitario che per due anni di seguito ha ottenuto un permesso di soggiorno per lavoro stagionale di sei mesi, può ottenere dalla Questura un ulteriore permesso di soggiorno che per i successivi tre anni gli consente lo svolgimento dell’attività lavorativa stagionale sempre per sei mesi all’anno.
Quali diritti spettano al lavoratore stagionale da un punto di vista previdenziale ed assistenziale?
In considerazione della durata limitata dei contratti nonché della loro specificità agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applica: a) l’assicurazione per invalidità, la vecchiaia ed i supersititi; b) l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; c) l’assicurazione contro le malattie; d) l’assicurazione di maternità.
Anche per i lavoratori stagionali, in caso di rimpatrio, è prevista la conservazione di tutti i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati – mediante il trasferimento degli stessi all’istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza del lavoratore. Lo stesso potrà goderne al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Lavoro Autonomo
E’ prevista la possibilità di ingresso di cittadini extracomunitari che intendono svolgere un’attività di lavoro autonomo nel nostro Paese?
Si; anche per i lavoratori extracomunitari che intendono svolgere in Italia un’attività di lavoro autonomo sono previste, all’interno del decreto dei flussi migratori, un numero di quote riservate. Sono previste, altresì, ulteriori quote di extracomunitari che, titolari di un permesso di soggiorno per motivi di studio di formazione professionale, intendano trasformarlo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
In che modo il cittadino extracomunitario che intenda svolgere in Italia un’attività di lavoro autonomo può ottenere il visto di ingresso nel nostro Paese?
Lo straniero che intenda svolgere in Italia un’attività di lavoro autonomo, per la quale è richiesto il possesso di specifico titolo abilitativo è tenuto a fare richiesta alla competente autorità amministrativa – anche tramite procuratore – della dichiarazione che non sussistono motivi ostativi al rilascio del titolo abilitativo. Oltre a tale dichiarazione lo straniero è tenuto ad acquisire, presso la Camera di Commercio competente, l’attestazione della sussistenza della disponibilità finanziaria per l’esercizio dell’attività.
In pratica il cittadino extracomunitario deve dimostrare di avere una disponibilità non inferiore alla capitalizzazione per un anno di un importo mensile pari all’assegno sociale.
Quale autorità è competente al rilascio del visto di ingresso per svolgimento di lavoro autonomo?
Il possesso della dichiarazione e dell’attestazione precedentemente descritti consentono di ottenere dalla Questura un nulla osta provvisorio all’ingresso nel territorio nazionale. Successivamente la dichiarazione, l’attestazione ed il nulla osta provvisorio sono presentati alla rappresentanza diplomatico-consolare italiana competente nel Paese di provenienza dello straniero che, nel termine di 30 giorni, provvede a rilasciare il visto di ingresso per lavoro autonomo.
Una volta entrato nel territorio nazionale lo straniero dovrà recarsi in Questura per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
E’ possibile convertire un permesso di soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale in permesso di soggiorno per lavoro autonomo?
Si; lo straniero titolare di permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione professionale che intenda ottenere un permesso di soggiorno per lavoro autonomo può farne richiesta utilizzando l’apposita modulistica ed indirizzandola allo Sportello Unico competente. Lo Sportello, previa verifica della disponibilità della quota di ingresso e previa verifica della sussistenza delle condizioni necessarie, provvede a rilasciare apposita certificazione che consente al cittadino extracomunitario di richiedere alla Questura competente il rilascio del permesso di soggiorno per svolgimento di lavoro autonomo.
Casi particolari di ingresso per lavoro
Qualsiasi tipo di attività lavorativa è soggetta al sistema delle quote di ingresso per cittadini extracomunitari?
No; il Testo Unico per l’Immigrazione prevede, all’articolo 27 alcune particolari categorie lavorative e professionali che, per l’elevato grado di professionalità o per l’alta specializzazione o, ancora per la peculiarità dell’attività lavorativa svolta, non prevedono la sussistenza di una quota massima di ingresso. Ad esempio sono sottratti al sistema delle quote i dirigenti o il personale altamente specializzato di società aventi sedi o filiali in Italia; professori, ricercatori e lettori universitari; infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private; lavoratori impiegati nel settore artistico e dello spettacolo; stranieri che svolgano un’attività sportiva a livello professionale presso società sportive italiane.
Qual è il procedimento per consentire l’ingresso di un cittadino extracomunitario per lo svolgimento di un’attività lavorativa prevista dall’art. 27?
Il procedimento è simile a quello previsto per l’ingresso di cittadini extracomunitari per lavoro subordinato (ovvero istanza di assunzione presentata allo Sportello, verifica della Questura, verifica da parte della Direzione Provinciale del Lavoro della regolarità delle condizioni contrattuali, rilascio del nulla osta da parte dello Sportello, rilascio del visto da parte dell’Ambasciata); ne differisce soltanto perché, in questi particolari tipologie di lavoro subordinato, non è richiesta la verifica della disponibilità della quota di ingresso.
Accesso al lavoro dei cittadini neo comunitari
I cittadini neocomunitari hanno libero accesso al mercato del lavoro?
No; anche per i cittadini provenienti dai paesi neocomunitari (provenienti cioè da uno dei paesi che, dal 1 maggio 2004, sono entrati a far parte dell’Unione Europea: Repubblica Ceca, Estonia, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Ungheria) che intendano svolgere un’attività lavorativa nel nostro paese esistono delle quote massime di ingresso. Tali quote vengono decise annualmente insieme al decreto flussi di ingresso per gli extracomunitari ma, a differenza delle quote di questi ultimi, non vengono ripartite per regioni e province ma rimangono inserite in un unico contatore nazionale.
Come funziona il procedimento di ingresso per lavoro dei cittadini neocomunitari?
Il datore di lavoro italiano o regolarmente soggiornate in Italia che intenda assumere un lavoratore neocomunitario deve farne richiesta, utilizzando l’apposita modulistica ed inviando l’istanza allo Sportello Unico per l’Immigrazione. Quest’ultimo, ricevuta l’istanza, provvede a verificare la disponibilità della quota presso la Direzione Provinciale del Lavoro e successivamente rilascia il nulla osta trasmettendolo per posta ordinaria al datore di lavoro. Il nulla osta consente al cittadino neocomunitario di richiedere direttamente la carta di soggiorno alla Questura competente senza la necessità del preventivo rilascio del visto di ingresso da parte dell’ambasciata italiana. I lavoratori autorizzati secondo tale particolare procedura avranno libero accesso al mercato del lavoro dopo un periodo ininterrotto di lavoro pari o superiore a dodici mesi.
Il Ricongiungimento Familiare
Un aspetto rilevante della normativa sui diritti degli immigrati riguarda la disciplina inerente al diritto all’unità familiare. Il Testo Unico, D.lgs. 286/98, in questa ambito in parte modificato dalla L. 189/2002, la c.d. Bossi/Fini, disciplina espressamente “il diritto all’unità familiare e tutela del minore”. Le disposizioni in materia di diritto all’unità familiare sembrano in gran parte recepire la giurisprudenza costituzionale. A tal proposito, la sentenza n. 28 del 1995 Corte Cost. aveva riconosciuto il ricongiungimento familiare come un diritto soggettivo. Dunque, la novità della riforma rispetto alla legislazione precedente consiste proprio nella configurazione del ricongiungimento come un diritto.
Il diritto all’unità familiare è tutelato dagli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione. Anche i Patti Internazionali del 1966 sui diritti civili e politici riconoscono la famiglia quale nucleo naturale e fondamentale della società, assicurandole sostegno e protezione. Inoltre, la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 143/1975, ratificata e resa esecutiva dall’Italia con la L. n. 158/1981, dispone che gli Stati aderenti agevolino il ricongiungimento familiare di tutti i lavoratori extracomunitari immigrati che risiedono legalmente nel loro territorio, così come anche gli artt. 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo riconoscono il diritto al rispetto della vita privata e familiare e quello a sposarsi e costituire una famiglia.
Particolare attenzione è posta alle misure a tutela dei minori. Anche qui, gli interventi della Corte Costituzionale hanno fatto emergere il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, nonché il diritto dei genitori e dei figli minori a una vita comune nel segno dell’unità della famiglia.
Accanto all’istituto del ricongiungimento familiare, la normativa prevede l’ingresso al seguito del familiare che fa regolare ingresso in Italia ad altro titolo. In altre parole è l’ingresso nel territorio dello Stato al seguito del cittadino extracomunitario titolare di carta di soggiorno o di visto di ingresso (per lavoro subordinato relativo ad un contratto di durata non inferiore ad un anno o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari) che legittima il ricongiungimento familiare a condizione che vi siano i requisiti di alloggio e reddito. Il soggetto richiedente il cosiddetto ingresso al seguito, che si trova nel paese di origine, deve conferire una apposita delega, sottoscritta di fronte al console italiano, ad un procuratore che in Italia presenterà la domanda di nulla-osta allo Sportello unico per l’immigrazione (presso l’ufficio territoriale del governo), allegandovi la documentazione relativa all’alloggio e ai mezzi di sostentamento.
La procedura per il rilascio del relativo nulla osta è analoga alla procedura prevista per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare, anche per quanto concerne gli accertamenti di competenza della Questura. L’istanza deve essere redatta sull’apposita modulistica reperibile sul sito del Ministero dell’Interno.
Per detta fattispecie, però, l’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 394/1999, come modificato dal D.P.R. n. 334/2004, consente allo straniero, ai fini della presentazione della domanda e della relativa documentazione, di avvalersi di un procuratore speciale. In questa ultima ipotesi la documentazione già prevista per il ricongiungimento familiare, da inoltrarsi allo Sportello unico, deve essere integrata dalla delega a favore di cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia.
Il ricongiungimento familiare è un diritto?
Si, il diritto al mantenimento o alla riacquisizione dell’unità familiare risulta un vero e proprio diritto soggettivo, pur sottoposto a limiti e condizioni precisati con modalità diverse. La disciplina si differenzia a seconda che si tratti di familiari stranieri di cittadini extracomunitari o di familiari stranieri di cittadini italiani, o appartenenti all’Unione Europea.
Chi può presentare richiesta per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare? A quali condizioni?
Il cittadino extracomunitario immigrato regolarmente soggiornante sul territorio nazionale, titolare di carta di soggiorno o di un permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno in corso di validità (per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per asilo, per studio, per motivi religiosi, e anche per motivi familiari).
Per quali familiari può essere presentata la richiesta di ricongiungimento?
1) Per il coniuge non legalmente separato;
2) Per i figli minori a carico (compresi i minori adottati o affidati), anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
3) Per i figli maggiorenni a carico, qualora non possano, per ragioni oggettive, provvedere al proprio mantenimento a causa del loro stato di invalidità totale;
4) Per i genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel paese d’origine o di provenienza, ovvero per i genitori ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli non siano in grado di provvedere al loro mantenimento per documentati gravi motivi di salute.
Dove va presentata la richiesta?
La richiesta di nulla osta per il ricongiungimento familiare è inoltrata allo Sportello Unico, competente per il luogo di dimora del richiedente, (originale dell’istanza con marca da bollo €14,62 più una fotocopia) attraverso posta ordinaria (raccomandata a.r).
I moduli e le relative informazioni per la presentazione delle domande possono essere scaricati dal sito del Ministero dell’Interno (procedure per l’assunzione dei lavoratori stranieri e per il ricongiungimento familiare e relativa modulistica e informazioni sulla presentazione delle domande e sulle conseguenti procedure) e da quello del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Acquisita la richiesta, l’operatore dello Sportello Unico verifica la regolarità formale e la completezza delle stessa e, successivamente provvede a convocare lo straniero affinché consegni la documentazione richiesta dell’istanza. Detta documentazione deve essere presentata in duplice copia al fine di restituirne una, debitamente timbrata, all’interessato.
Quale documentazione è necessaria per ottenere un nulla osta al ricongiungimento familiare?
Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 394/1999, come modificato dal D.P.R. n. 334/2004, la documentazione da presentare allo Sportello deve attestare:
1) la disponibilità di un alloggio, a norma dell’articolo 29, comma 3, lettera a) del Testo Unico.
2) la disponibilità di un reddito annuo derivante da fonti lecite;
3) i rapporti di parentela, la minore età e lo stato di famiglia;
Nell’ambito della documentazione relativa ai rapporti di parentela, deve essere altresì presentata la documentazione comprovante:
1) l’invalidità totale o i gravi motivi di salute previsti dall’articolo 29, comma 1, lett. c), del testo unico (ovvero genitori a carico qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per gravi motivi di salute) e b-bis), del testo unico (ovvero figli maggiorenni a carico, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale), rilasciata, a spese del richiedente, dal medico nominato con decreto della rappresentanza diplomatica o consolare;
2) la condizione economica nel Paese di provenienza dei familiari a carico, sia nell’ipotesi di figli maggiorenni a carico, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale (all’art. 29, comma 1, lettere b-bis, T.U.), sia nel caso di genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per gravi motivi di salute, (art.29, comma 1, lettere c), T.U); tale certificazione deve essere prodotta dalle autorità locali o da soggetti privati, nonché valutata dall’autorità consolare alla luce dei parametri locali.
Nel caso in cui sia richiesto il ricongiungimento familiare a favore di genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, non è necessario produrre la valutazione relativa alla condizione economica dei genitori. Tale valutazione deve essere limitata solo alle ipotesi di figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni oggettive non possano provvedere al proprio sostentamento a causa dello stato di salute che comporti invalidità totale, e di genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati e gravi motivi di salute (circolare del 9 settembre 2005).
In che modo è possibile certificare l’idoneità dell’alloggio?
L’idoneità dell’alloggio deve essere provata mediante l’esibizione allo Sportello Unico di una certificazione del Comune attestante la presenza dei requisiti minimi previsti dalla legge regionale di edilizia residenziale pubblica o mediante un certificato di idoneità igienico-sanitaria rilasciato dall’ASL competente per territorio (Circolare del 13 gennaio 2000).
Il certificato, necessario sia per la stipula del contratto di soggiorno che per la richiesta di ricongiungimento familiare, va chiesto all’Ufficio Tecnico del Comune. In via alternativa, può essere utilizzato il certificato di idoneità igienico-sanitaria richiesto all’ASL competente (nota n. 2768/2.2 del 25 ottobre 2005).
E’ importante che, sia nel certificato di idoneità alloggiativa, sia in quello di idoneità sanitaria, sia specificato il numero di persone che complessivamente possono vivere all’interno dell’abitazione.
Qual’è il reddito annuo richiesto dalla legge?
Il reddito annuo necessario per il ricongiungimento, suscettibile di variazione ed aggiornamento, è attualmente indicato in:
€ 4.874,61 annui lordi per il ricongiungimento di un familiare;
€ 9.749,22 annui lordi per il ricongiungimento di 2 o 3 familiari;
€ 14.623,83 annui lordi per il ricongiungimento di 3 o più familiari.
Nel calcolo del reddito disponibile per il ricongiungimento si deve tener conto anche dei familiari già presenti in Italia precedentemente ricongiunti e di figli nati in Italia già inseriti nel permesso di soggiorno; ad esempio se il cittadino extracomunitario presenta istanza di ricongiungimento con un figlio minore ma in Italia è già presente la moglie, il reddito disponibile da dimostrare non sarà di euro 4.874,61 bensì di € 9.749,22.
Ai fini dell’ottenimento del nulla-osta al ricongiungimento familiare i requisiti di alloggio e di reddito non possono esser oggetto di dichiarazioni sostitutive ai sensi degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445/2000.
Quale documentazione è richiesta per la certificazione del reddito disponibile?
La documentazione è diversa a seconda dell’attività lavorativa svolta:
a) Lavoro subordinato
Autocertificazione del datore di lavoro (1 originale e 1 fotocopia) con allegati:
-2 fotocopie della comunicazione di assunzione al Centro per l’Impiego della Provincia, corredata da timbro di ricevuta oppure dalla ricevuta di ritorno della raccomandata inviata al Centro di cui sopra, se antecedente al 25 febbraio 2005; 2 fotocopie dell’ultima busta paga; 2 fotocopie dell’ultimo modello CUD del lavoratore.
b) Lavoro subordinato domestico
Autocertificazione del datore di lavoro (1 originale e 1 fotocopia) con allegati:
-2 fotocopie della comunicazione di assunzione al Centro per l’Impiego della Provincia, corredata da timbro di ricevuta oppure dalla ricevuta di ritorno della raccomandata inviata al Centro di cui sopra, se antecedente al 25 febbraio 2005; 2 fotocopie dell’ultima busta paga se esistente, 2 fotocopie delle ricevute dei versamenti I.N.P.S. ; 2 fotocopie della comunicazione di iscrizione all’I.N.P.S. ; 2 fotocopie dell’ultimo modello CUD del lavoratore (se presentato).
c) Lavoro autonomo
1) Ditta individuale: Certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, fotocopia attribuzione Partita IVA; fotocopia licenza comunale ove prevista; mod. Unico più ricevuta di presentazione (se l’attività è stata avviata da più di un anno) ovvero relazione contabile redatta dal commercialista relativa all’intero periodo lavorativo (se l’attività è stata avviata da meno di un anno).
2) Società: Visura camerale della società di data recente; fotocopia attribuzione Partita IVA della società; mod. Unico più ricevuta di presentazione (se l’attività è stata avviata da più di un anno) ovvero relazione contabile redatta dal commercialista relativa all’intero periodo lavorativo (se l’attività è stata avviata da meno di un anno).
3) Collaborazione a progetto: Fotocopia contratto di lavoro a progetto nel quale siano indicati la durata della prestazione di lavoro ed il corrispettivo; dichiarazione del committente da cui risulti l’attualità del contratto di lavoro; dichiarazione di gestione separata all’INPS, fotocopia modello Unico.
4) Socio lavoratore: Visura camerale della cooperativa, fotocopia attribuzione Partita IVA della cooperativa; dichiarazione del presidente della cooperativa da cui risulta l’attualità del rapporto di lavoro, fotocopia del libro soci, mod. Unico.
5) Liberi professionisti: Iscrizione all’Albo; mod. Unico con ricevuta di presentazione.
Ai fini del calcolo del reddito annuo minimo è possibile cumulare più redditi?
Si; è possibile cumulare il reddito del richiedente con quello dei familiari conviventi. Ad esempio se il richiedente è il padre che intende ricongiungersi con i figli minori potrà cumulare, ai fini del raggiungimento del reddito minimo, il proprio reddito con quello della moglie qualora la stessa produca un reddito proprio.
Il reddito cumulato dovrà essere certificato mediante la presentazione di tutta la documentazione specificamente prevista per il tipo di attività lavorativa svolta.
Quali requisiti di validità deve possedere la documentazione comprovante i rapporti di parentela?
Per quanto riguarda i rapporti di parentela, la rappresentanza diplomatico-consolare italiana nel Paese di origine deve procedere – nel caso in cui non sussistano accordi bilaterali o internazionali in materia di abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri (Convenzione dell´Aja, 1967, “apostille”) – alla legalizzazione della documentazione estera.
Tutta la documentazione estera, indipendentemente dal Paese di provenienza, dovrà essere valicata ai fini del ricongiungimento familiare mediante un apposito timbro dalla rappresentanza diplomatico-consolare, a seguito delle verifiche ritenute necessarie. Diversamente, la predetta documentazione non può essere presa in considerazione dallo Sportello Unico.
Pertanto, i cittadini stranieri che debbano presentare allo Sportello Unico i certificati comprovanti la parentela delle persone richieste dovranno presentare gli stessi alla Rappresentanza diplomatica di competenza, utilizzando un’apposita istanza di validazione ai fini del ricongiungimento familiare. Detta richiesta di validazione deve essere fatta anche da coloro che provengono da paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja e non sono quindi tenuti alla legalizzazione dei documenti stessi presso le nostre Rappresentanze Consolari all’estero. Di conseguenza, gli Sportelli Unici saranno tenuti ad accettare esclusivamente i documenti che siano appunto legalizzati dai nostri Consolati, o riportino l’apostille e il timbro con la “validazione”.
Quale è l’iter per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare?
Una volta ricevuta l’istanza di nulla osta al ricongiungimento familiare, lo Sportello Unico rilascia la ricevuta della domanda e della documentazione presentata. Successivamente, lo Sportello trasmette la richiesta alla Questura, la quale, effettuati gli accertamenti di competenza, comunica tempestivamente allo Sportello il proprio parere circa il rilascio del nulla osta. Avuto il parere favorevole della Questura, lo Sportello Unico rilascia il nulla osta al ricongiungimento familiare e richiede all’Agenzia delle Entrate l’attribuzione di un codice fiscale provvisorio o la verifica dell’esistenza del codice fiscale.
A chi viene consegnato il nulla osta rilasciato dallo Sportello?
Il nulla osta in originale viene consegnato direttamente all’immigrato richiedente il ricongiungimento familiare. Allo stesso viene altresì fornito il numero telefonico – da comunicare al familiare nel Paese di origine – al quale rivolgersi per fissare la data di convocazione del congiunto presso lo Sportello medesimo, dopo il rilascio del visto d’ingresso.
Lo Sportello Unico trasmette quindi il nulla osta via fax alla rappresentanza diplomatica o consolare competente.
Per quanto tempo il nulla osta al ricongiungimento familiare rimane valido?
Il nulla osta al ricongiungimento deve essere utilizzato, ai fini del rilascio del visto, entro sei mesi dalla data di rilascio dello stesso da parte dello Sportello Unico, ai sensi dell’art. 15 del D.M. Affari Esteri del 12 luglio 2000.
Una volta ottenuto il nulla osta come si fa ad ottenere il visto di ingresso sul passaporto?
Il richiedente, una volta ottenuto il nulla osta dallo Sportello, provvede a trasmetterl al familiare con cui intende ricongiungersi. Con l’originale del nulla osta lo straniero si presenta alla ambasciata o al consolato italiano presente nel proprio paese e richiede l’apposizione del visto. Quest’ultima, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, rilascia il visto di ingresso al familiare del richiedente, dandone comunicazione, via fax o via e-mail, allo Sportello Unico.
All’atto del rilascio del visto, lo straniero viene altresì avvertito dell’obbligo di presentarsi allo Sportello entro otto giorni dall’ingresso in Italia per la richiesta del permesso di soggiorno.
Cosa deve fare lo straniero una volta entrato in Italia con un visto per ricongiungimento familiare?
Presentatosi presso lo Sportello il giorno stabilito (con il passaporto, n. 4 foto-tessera ed una marca da bollo da euro 14,62) lo straniero, dopo aver ricevuto il certificato di attribuzione del codice fiscale, provvede a richiedere il rilascio del permesso di soggiorno, utilizzando l’apposito modulo fornito dalla Questura. Su indicazione della Questura, infine, lo Sportello Unico fornisce informazioni allo straniero circa la data in cui dovrà essere sottoposto ai prescritti rilievi foto-dattiloscopici e sulla data in cui potrà ritirare il suo permesso di soggiorno.
Qualora lo Sportello Unico non rilasci il nulla osta al ricongiungimento nei tempi previsti è possibile ottenerlo ugualmente dalla rappresentanza diplomatico-consolare?
Si; trascorsi novanta giorni dalla presentazione della richiesta di nulla osta e qualora lo Sportello non abbia provveduto ad emettere alcun provvedimento (né di accoglimento né di diniego) l’interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l’immigrazione e qualora queste ultime rilevino la sussistenza dei presupposti per il rilascio del visto.
Quale ricorso è ammesso contro i provvedimenti di diniego adottati dallo Sportello Unico?
I provvedimenti emessi dallo Sportello Unico hanno carattere definitivo e sono impugnabili, a norma dell’art. 30, comma 6, del T.U. sull’Immigrazione, innanzi al Tribunale in composizione monocratica del luogo in cui risiede l’interessato.
In quali casi viene rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari?
Il permesso di soggiorno per motivi familiari è il titolo che consente di soggiornare e lavorare regolarmente in Italia. Ai sensi dell’art. 30 T.U., viene rilasciato:
allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall’articolo 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore, disposizione di cui all’art. 29, comma 6, con la quale si stabilisce che è consentito l’ingresso per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno dall’ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito;
agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Tale permesso di soggiorno è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza, salvo che dal matrimonio sia nata prole;
al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare, attraverso la procedura della coesione familiare,di cui all’art. 30, comma 1, lett. c), è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari, tale conversione resta di competenza della Questura e non dello Sportello Unico. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;
al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia, disposta dall’art. 30, comma 1 lett. d) del T.U., il cosiddetto “ricongiungimento a rovescio”. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana;
ai parenti entro il quarto IV grado, anche se clandestini o irregolarmente presenti sul territorio che ai sensi dell’art. 19 del Testo Unico sono non espellibili, viene rilasciato un permesso per motivi familiari in virtù dell’art. 28 Reg. di attuazione. Naturalmente è necessario essere in possesso della documentazione e certificazione attestante il grado di parentela. Sono parenti entro il IV grado: fratelli, nonni, zii e cugini.
Quali diritti ha lo straniero in possesso del permesso di soggiorno per motivi familiari?
Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l’accesso ai servizi assistenziali, l’iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l’iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
Che durata ha il permesso di soggiorno per motivi familiari?
Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell’articolo 29 ed è rinnovabile insieme con questo ultimo, oppure può essere convertito con un altro titolo di soggiorno
Cosa succede in caso di morte, separazione o divorzio con il familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento?
In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
Disposizioni in materia sanitaria
In ossequio al principio generale fissato dall’art. 2 del T.U., secondo il quale allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona, gli artt. 34-36 del T.U. e 42-44 reg. att. contemplano e disciplinano le forme di assistenza sanitaria rese allo straniero.
La tutela del diritto alla salute viene tuttavia graduata attraverso la distinzione tra stranieri regolarmente e irregolarmente presenti nel territorio dello stato.
In capo a talune categorie di stranieri grava l’obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale, con conseguente attribuzione di eguale trattamento rispetto ai cittadini italiani, tanto sotto il profilo dei diritti, quanto sotto quello dei doveri; gli appartenenti ad altre categorie possono facoltativamente iscriversi al servizio sanitario nazionale, ovvero contrarre un’assicurazione contro i rischi di malattia, infortunio e maternità, valida sul territorio nazionale; ed infine, ulteriori categorie di stranieri non hanno alcun obbligo di iscrizione al s.s.n., ma devono garantire l’intero nucleo familiare contro i rischi di malattia, infortunio e maternità, attraverso valida copertura assicurativa.
Ad ogni modo, la mancata iscrizione al s.s.n. non priva gli stranieri dell’assistenza sanitaria. Infatti, agli stranieri non iscritti, ma regolarmente soggiornanti, sono assicurate le prestazioni sanitarie urgenti, ovvero le altre prestazioni liberamente scelte, in entrambi i casi, dietro corresponsione delle relative tariffe; agli stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale, invece, sono comunque garantite le cure urgenti od essenziali per malattia ed infortunio, nonché l’estensione dei programmi di medicina preventiva.
Laddove i richiedenti siano privi di sufficienti risorse economiche, gli oneri delle prestazioni sanitarie rese loro restano a carico delle aziende sanitarie, quindi ricadono sulla fiscalità generale.
Va ricordato, infine, che la disciplina in esame consente allo straniero che voglia ricevere cure mediche in Italia di ottenere per sé e per un accompagnatore uno specifico visto d’ingresso e il relativo permesso di soggiorno per la durata del trattamento terapeutico.
Gli stranieri presenti in Italia hanno l’obbligo di iscriversi al Servizio sanitario nazionale?
L’obbligo di iscrizione riguarda gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento, nonché gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
Per tali soggetti, l’iscrizione comporta la parità di trattamento e l’eguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo, l’assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e la sua validità temporale.
L’assistenza sanitaria spetta inoltre ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.
Quale forma di tutela sanitaria esiste per gli stranieri non obbligati all’iscrizione al Servizio sanitario nazionale?
Gli stranieri regolarmente soggiornanti, non rientranti nelle categorie dei soggetti obbligati all’iscrizione, sono tenuti ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell’anno precedente in Italia ed all’estero. L’ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
L’iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973, n. 304.
Agli stranieri non iscritti al ssn è garantita qualche forma di assistenza sanitaria?
Si. Coerentemente col principio secondo il quale agli stranieri comunque presenti nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona, sono riconosciute a tutti gli stranieri presenti in Italia talune forme di assistenza sanitaria, indipendentemente dalla regolarità del loro soggiorno.
In particolare, ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono specificatamente garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine e con i cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.
Tali prestazioni sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
Gli operatori sanitari che forniscono prestazioni sanitarie ad uno straniero irregolarmente presente sul territorio nazionale sono tenuti a denunciarlo alla pubblica autorità?
No. Al contrario, l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, fatti salvi i casi in cui sia obbligatorio il referto, così come avviene con il cittadino italiano.
Allo straniero che desidera ricevere cure mediche in Italia è consentito l’ingresso sul territorio nazionale?
Si. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l’eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine, gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste e infine documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l’accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell’interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.
Quanto dura il permesso di soggiorno rilasciato per consentire allo straniero di usufruire delle cure mediche rese in Italia?
Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche documentate.
Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione
Il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, nell’ottica di una reale integrazione tra cittadini e stranieri, ha posto le basi per una partecipazione effettiva degli stranieri ai percorsi istruttivi e formativi, prevedendo, a favore di questi ultimi, l’estensione delle disposizioni relative al diritto all’istruzione, in particolare di quelle riguardanti l’accesso ai servizi educativi, la partecipazione alla vita della comunità scolastica e l’obbligo scolastico.
La normativa in esame (artt. 37-39 T.U. 45-48 reg. att.), in ragione delle specificità dell’insegnamento a favore degli stranieri, consente, tra le altre cose, l’iscrizione con riserva dei minori privi di documentazione anagrafica certa e completa, ovvero la modulazione dei programmi d’insegnamento o ancora la programmazione territoriale integrata.
Il T.U. garantisce inoltre condizioni paritarie tra il cittadino e lo straniero per quanto riguarda l’accesso all’istruzione universitaria; in tale ottica, le Università, nella loro autonomia, promuovono iniziative favorevoli all’accesso degli stranieri ai corsi universitari e stipulano intese con gli atenei stranieri.
Gli accessi all’istruzione universitaria sono regolamentati attraverso la determinazione annua del numero di posti da destinare all’immatricolazione degli studenti stranieri per l‘anno successivo. Al fine di favorire l’integrazione degli stranieri, le Università istituiscono corsi di lingua italiana, rilasciando un attestato di frequenza.
Il motivo di studio consente il rilascio di visti e permessi di soggiorno, il cui rinnovo è subordinato alla verifica dei risultati dello studio e, in ogni caso, non può essere concesso per più di tre anni oltre la durata del corso di studio.
La condizione economica e patrimoniale degli studenti stranieri è presa in considerazione per la concessione dei medesimi benefici offerti a sostegno degli studenti italiani.
L’art. 48 del Regolamento di Attuazione fissa le modalità per il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero; l’art. 37 del T.U. disciplina invece le iscrizioni in albi od elenchi da parte degli stranieri soggiornanti in Italia che si trovino in possesso di titoli professionali riconosciuti.
Gli stranieri minorenni sono tenuti alla frequenza scolastica?
Si; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.
L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.
La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d’origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.
Quali interventi sono previsti per favorire l’apprendimento della lingua italiana da parte degli stranieri?
Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di accordi e convenzioni con gli enti locali, promuovono:
a) l’accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;
b) la realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell’obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell’obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l’Italia.
È consentita ad uno studente straniero l’iscrizione presso una Università italiana?
Non soltanto è consentita, ma è assicurata anche la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità previste dalla legislazione speciale.
Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte a promuovere l’accesso degli stranieri ai corsi universitari, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all’inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonché organizzando attività di orientamento e di accoglienza.
Com’è disciplinato l’accesso degli studenti stranieri ai corsi universitari?
Gli atenei, sulla base di criteri predeterminati e in applicazione della regolamentazione sugli accessi all’istruzione universitaria, stabiliscono, entro il 31 dicembre di ogni anno, il numero dei posti da destinare alla immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari, per l’anno accademico successivo.
Restano salvi gli accordi di collaborazione universitaria con i Paesi terzi.
Sono ammessi in soprannumero ai predetti corsi, per effetto di protocolli esecutivi di accordi culturali e di programmi di cooperazione allo sviluppo, nonché di accordi fra università italiane e università dei Paesi interessati, studenti stranieri beneficiari di borse di studio, assegnate per l’intera durata dei corsi medesimi, dal Ministero degli affari esteri o dal Governo del Paese di provenienza.
Nel caso di accesso a corsi a numero programmato, l’ammissione è, comunque, subordinata alla verifica delle capacità ricettive delle strutture universitarie e al superamento delle prove di ammissione.
Sulla base delle disponibilità comunicate dalle Università, ogni anno, con decreto ministeriale, è fissato il numero massimo dei visti d’ingresso e dei permessi di soggiorno per ‘accesso all’istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all’estero’.
Agli stranieri regolarmente presenti sul territorio dello stato per motivi differenti dallo studio, è consentito l’accesso all’istruzione universitaria?
È comunque consentito l’accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio.
Che durata hanno i permessi di soggiorno in Italia per motivi di studio?
I visti e i permessi di soggiorno per motivi di studio sono rinnovati agli studenti che abbiano superato una verifica di profitto il primo anno e altre due verifiche negli anni successivi. Il permesso di soggiorno può ulteriormente essere rinnovato per il conseguimento della specializzazione o del dottorato di ricerca.
Gli stranieri possessori di titoli professionali possono iscriversi agli ordini professionali italiani?
Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all’esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana, entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l’iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l’iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione.
L’iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l’esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato.
Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.
Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale
Per dare risposta alle necessità abitative degli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale, il Testo Unico prevede la collocazione nei centri di accoglienza, predisposti dalle Regioni, ovvero l’accesso agli alloggi sociali, ovvero ancora l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica a parità di condizioni rispetto ai cittadini italiani, ricorrendo determinate circostanze.
La predetta normativa estende poi l’accesso alle provvidenze di assistenza sociale, in condizioni di parità con i cittadini, a talune categorie di stranieri regolarmente soggiornanti sul suolo italiano.
Esistono forme di tutela per gli stranieri impossibilitati a fare fronte alle esigenze abitative?
Si. In primo luogo, le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell’Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze di alloggio e di sussistenza.
I criteri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l’autonomia e l’inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
Per centri di accoglienza si intendono le strutture che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze di alloggio ed alimentari, nonché, ove possibile, all’offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all’assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell’autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.
Inoltre, lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell’ambito di strutture, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell’attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.
Infine, agli stranieri titolari di carta di soggiorno e a quelli regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo è consentito di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione.
Gli stranieri possono usufruire di prestazioni assistenziali?
Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti”.(Fonte:laleggepertutti.it)

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