“Per Asgi il testo approvato andrebbe migliorato, soprattutto per quanto riguarda i fattori per cui un migrante può chiedere di essere accolto in un Paese diverso da quello di arrivo, il rispetto dei diritti dei minori stranieri, l’eventuale detenzione dei profughi e il vaglio delle richieste d’asilo.
La riforma del Regolamento di Dublino, approvata dalla Commissione Libe del Parlamento europeo, è un passo positivo, ma non mancano alcuni aspetti critici. L’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha analizzato con cura il testo approvato settimana scorsa e ha individuato quattro fattori negativi. Riguardano le condizioni per cui uno straniero può chiedere di essere accolto in un Paese diverso da quello di arrivo, lo spostamento dei minori stranieri in altre nazioni anche contro la loro volontà, la possibilità per le autorità di applicare misure di detenzione per i migranti e, infine, la facoltà dei Paesi di arrivo di stabilire subito che una persona non ha diritto di chiedere asilo.
In una nota, Asgi approfondisce i contenuti dei quattro fattori negativi. Sostiene in particolare che i “fattori di collegamento” tra il richiedente e il Paese dell’Unione nel quale lo stesso chiede di recarsi andrebbero ulteriormente rafforzati. “In particolare appare irragionevole che la sponsorizzazione possa essere realizzata solo da enti e non anche da privati (tra i quali parenti del richiedente)”. Per quanto riguarda i minori, “la procedura di assegnazione per quote-paese applicata anche ai minori non accompagnati, seppure temperata dalla valutazione del suo superiore interesse operata da una equipe multidisciplinare, apre la strada alla possibilità di un trasferimento coattivo del minore, evento indubbiamente fonte di trauma per il minore stesso, mentre, come affermato dalla Corte di Giustizia, in generale risponde al superiore interesse del minore restare nello Stato dove questi si trova”. “Seppure fortemente ridimensionato rispetto al quadro normativo attuale -aggiunge Asgi-, si continua a prevedere la possibilità di applicare misure di detenzione del richiedente protezione ai fini dell’esecuzione del trasferimento nel Paese competente all’esame della domanda. Infine, “l’introduzione di un filtro che attribuisce la competenza all’esame della domanda di protezione al paese in cui la stessa è stata formulata nel caso di domanda “manifestly unlikely” ovvero di domanda che appare priva di alcun contenuto in relazione alla nozione di protezione internazionale inserisce una procedura che si presta facilmente a serie distorsioni”.