Quali le conseguenze di Brexit sulla libera circolazione delle persone?

brexit

“Le migrazioni sono state il tema dominante della campagna elettorale britannica, e sono state cruciali per determinare la vittoria del fronte del Brexit. David Cameron ha incentrato la campagna elettorale dell’anno scorso sulla necessità di ridurre l’immigrazione netta verso il Regno Unito a meno di 100.000 persone l’anno. La promessa è andata del tutto disattesa: negli ultimi anni le migrazioni nette verso il Regno Unito sono state di circa 300.000 persone all’anno, e l’aumento degli ingressi nel Regno Unito è attribuibile soprattutto a cittadini provenienti da altri paesi UE.

Allorché il Regno Unito lascerà l’Unione europea, la sua capacità di limitare i flussi migratori dipenderà fortemente dal tipo di accordo raggiunto. Se il Regno Unito puntasse a un accordo “norvegese” (ma probabilmente anche in caso di accordo “svizzero” – si veda sotto), l’accesso al mercato unico dipenderebbe anche dalla continua garanzia, da parte di Londra, del libero movimento delle persone all’interno dello Spazio economico europeo. Se invece non si raggiungesse un accordo sul nuovo assetto dei rapporti euro-britannici, oppure se Londra decidesse di lasciar decadere gli accordi, Westminster sarebbe libera di porre limiti o quote all’ingresso anche nei confronti di persone provenienti dai paesi dell’Unione europea. Evidentemente qualunque governo britannico dovrebbe soppesare questa scelta con la perdita dell’accesso al mercato unico comunitario;

D’altro canto il Regno Unito aveva già ottenuto dall’UE (nell’ambito del rinegoziato) di limitare l’accesso al welfare dei nuovi migranti che arrivino nel paese, e la Corte di giustizia europea ha già detto che molte delle misure imposte dal Regno Unito (per esempio sull’importo degli assegni familiari in caso i figli risiedano in paesi membri diversi, o sulla possibilità di negare l’assegno di disoccupazione a chi non abbia lavorato nel paese) sono lecite. A maggior ragione, fuori dall’Unione europea il Regno Unito potrebbe scegliere di scoraggiare le migrazioni senza imporre quote, ma semplicemente imponendo limiti alle prestazioni di welfare nei confronti dei nuovi immigrati.

A prima vista, dunque, la scelta di lasciare l’Unione europea e la necessità di rinegoziare i rapporti tra Londra e Bruxelles parrebbe un forte vantaggio per il Regno Unito, che potrebbe porre dei limiti ai flussi in ingresso. Tuttavia bisogna considerare che, affinché Londra e Bruxelles raggiungano un accordo, occorre il consenso di una maggioranza rafforzata del 75% degli Stati membri, ovvero 21 dei 27 governi che farebbero parte dell’Unione europea una volta uscito il Regno Unito. I paesi dell’Europa orientale molto sensibili alle tematiche migratorie sono almeno 6, se non di più: questi ultimi potrebbero fare da “minoranza di blocco”, negando l’approvazione di qualsiasi accordo che non contempli un accesso al mercato del lavoro (e al welfare) britannico da parte dei loro cittadini. Insomma, si corre il rischio che, se Londra volesse davvero negoziare un accordo che le permetta di accedere a tutti i benefici del mercato unico, al termine del rinegoziato la situazione non sia particolarmente diversa dallo status quo odierno.”(fonte:ispionline.it)

FacebookTwitterEmailTelegramShare

I Commenti sono chiusi