La particolare tenuità del fatto: nuove applicazioni della giurisprudenza di merito.

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Pubblichiamo un interessante articolo sulle recenti interpretazioni su un argomento di particolare attualità che riguarda anche il procedimento penale davanti al giudice di pace. Stiamo progettando un incontro a Roma con la partecipazione di magistrati togati onorari ed avvocati che avrà come tema proprio “la tenuità del fatto” ed “i reati in materia di immigrazione”.

“La particolare tenuità del fatto: nuove applicazioni della giurisprudenza di merito.
Una breve analisi delle decisioni adottate dal giudici di merito in accoglimento alla richiesta di applicazione del fatto di particolare tenuità, di recente introduzione.
Sono trascorsi circa tre mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 e finalmente assistiamo alle prime applicazioni dalla giurisprudenza di merito, in sintonia con quanto stabilito dalla Terza Sezione della Corte di Cassazione nel recente arresto n. 15449, a proposito della natura sostanziale della fattispecie in esame.

Partendo da quest’ultimo profilo, si sottolinea ancora una volta che il “fatto di particolare tenuità”, così come disciplinato dall’art. 131-bis c.p. e dalle altre norme sostanziali e procedurali che lo corredano, sia da considerarsi causa di non punibilità e non una condizione di procedibilità (come accade invece per l’istituto affine dell’art. 34 n. 274/2000 operante nei procedimenti davanti al Giudice di Pace), con la conseguenza non priva di rilievo che all’istituto di nuova introduzione si applica la disciplina sostanziale della successione delle leggi nel tempo, con efficacia retroattiva (art. 2 c.p.).

Esso si colloca, a differenza delle scriminanti e scusanti, all’esterno della struttura del reato, non incidendo sull’esistenza dello stesso ed avendo la funzione di inibire l’applicazione in concreto della pena. Permangono quindi la tipicità, antigiuridicità e colpevolezza del fatto realizzato dall’agente, ma ragioni di pratica convenienza politico-criminale conducono ad escludere l’applicazione della sanzione penale salvaguardando in tal modo i controinteressi altrimenti lesi.

Nell’ipotesi in esame l’introduzione di una disciplina che esclude la punibilità in presenza di fatti di particolare tenuità si fonda essenzialmente sul rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzione della sanzione penale, rispondendo anche ad esigenze di economia processuale e di alleggerimento del carico giudiziario (anche e soprattutto in sede di esecuzione penale).

Il principio di sussidiarietà impone al legislatore di ricorrere al diritto penale solo laddove altri strumenti risultino inidonei a garantire un’efficace tutela dei beni giuridici.

Il principio di proporzione predica una maggiore ponderazione nell’applicazione concreta della pena, laddove ridotta sia l’offensività e scarso il disvalore del fatto.

Le esigenze di economia processuale e alleggerimento del carico giudiziario sono compendiate dall’obiettivo di evitare la celebrazione di processi “non meritevoli” di una risposta penale, ammettendo così definizioni anticipate (tramite archiviazione ex art. 411 co. 1-bis c.p.p. o sentenza predibattimentale ex art. 469 c.p.p.) e rinunciando a dare esecuzione a pene di modesta entità o misure alternative applicate a fatti lievi (con significativi effetti positivi, anche in termini di costi, per lo Stato).

Fatte queste premesse, rinviando per i dovuti approfondimenti agli articoli che hanno già trattato il tema, è ora possibile una breve disamina delle prime sentenze dei giudici di merito.

1. Tribunale di Asti, sent. 13 aprile 2015.

Nel caso di specie, veniva agli imputati contestato il reato di cui all’art. 44 lett b) d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 “perché, in qualità di committenti e costruttori, eseguivano in Asti, loc. Vallarone, 180 senza permesso di costruire le seguenti opere: Installazione di una casa mobile, previo sbancamento di terreno per circa mq. 14, appoggiata su assale dotato di ruote e su blocchetti prefabbricati e adiacente container prefabbricato poggiante su piedritti di metallo, coibentati internamente e tra loro comunicanti, utilizzati come cucina, soggiorno. Il primo ha dimensioni di mt. 6,10 x 2,90 e altezza mt. 2,30 (sollevato da terra dì mt. 0,60) e il secondo ha dimensioni pari a mt. 8,60 x 3,00 (sollevato da terra di mt. 0,60). E’ stato inoltre creato un terrazzino d’ingresso di mt. 2,90 x 1,55 con soprastante tettoia metallica. In Asti, il 18.2.2013”.

La Difesa degli imputati ha chiesto in sede predibattimentale l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., con conseguente pronuncia di non doversi procedere ex art. 469 co. 1-bis c.p.p..

Il Giudice investito della questione, in aderenza al dettato normativo, è partito dalla valutazione dei requisiti preliminari dell’art. 131-bis c.p..

L’indagine, in particolare, ha interessato la valutazione del massimo della pena prevista per il reato contestato, nonché l’insussistenza delle molteplici cause di esclusione tipizzate dalla norma.

Sul punto il Tribunale di Asti ha osservato che:

“… – il reato contestato è punito con pena detentiva inferiore, nel massimo, a 5 anni; – dalla formulazione del capo d’imputazione è evidente che nessuno degli imputati ha agito per motivi abbietti o futili né con crudeltà, ha adoperato sevizie né ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima;

– dal fatto contestato non sono derivate né lesioni gravissime né la morte di alcuno; – non vi sono elementi da cui desumere l’abitualità della condotta e il fatto contestato consiste in una condotta singola e non reiterata; – dal certificato penale di entrambi gli imputati emerge che gli stessi non hanno commesso reati della stessa indole di quello per cui si procede; – nessuno dei due imputati è mai stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza”.

Così la particolare tenuità dell’offesa in relazione alle modalità della condotta e l’esiguità del danno o pericolo è stata valutata alla luce degli indici elencati dall’art. 133 co. 1 c.p.. Si è in questo modo tenuto conto della “natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione”, nonché della “gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa, intensità del dolo o grado della colpa”.

Alla stregua dei suddetti criteri, il Tribunale ha sottolineato che:

“- le opere asseritamente realizzate sono di ridotte dimensioni e non comportano una significativa modificazione del territorio (casa mobile e container prefabbricato, privi di fondamenta e appoggiati su blocchetti di calcestruzzo), di talché le modalità della condotta possono definirsi certamente di scarso rilievo e dunque “tenui”;

– si tratterebbe di opere strettamente funzionali alle esigenze primarie della vita quotidiana (utilizzate come cucina-soggiorno), quindi l’elemento psicologico che ha animato la condotta contestata andrebbe individuato nella necessità di soddisfare bisogni primari, più che nella coscienza e volontà di costruire un’opera abusiva o in una grave imprudenza o imperizia: ne consegue che certamente anche l’elemento psicologico pare caratterizzato da speciale tenuità;

– il danno al bene giuridico è minimo, trattandosi di costruzioni evidentemente provvisorie, realizzate all’interno dell’area del campo nomadi e “armoniche” rispetto a tutte le altre già presenti in loco (cfr. in tal senso verbale di sopralluogo del Settore Urbanistica del Comune di Asti del 19.2.2013 e fotografie allegate, utilizzabili ai fini della valutazione della procedibilità, in quanto inserite nel fascicolo del dibattimento)”.

Il Tribunale di Asti ha quindi concluso: “… per la particolare tenuità dell’offesa, in considerazione delle modalità dell’azione così come contestata, della minima intensità dell’elemento psicologico nonché dell’esiguità del danno. In presenza di tutte le condizioni richieste dalla recente normativa, riscontrata la particolare tenuità del fatto alla luce degli indici dell’art. 133 c.p., in assenza di persone offese (citate e non comparse), deve procedersi alla necessaria declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p, in via preliminare, prima dell’apertura del dibattimento. Ai sensi del DPR 14.11.2002 n. 313, come modificato dall’art. 4 d. lgs. 16.3.2015 n. 28, la presente pronuncia dev’essere iscritta nel casellario giudiziale degli imputati”.

2. Tribunale di Torino, sent. 9 aprile 2015.

Nel caso di specie all’imputato veniva contestato il reato di cui all’art. 217 co.2., 224 L. Fall., “perché, quale socio accomandatario della ZZZ SAS, dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Torino in data 22.10.2009, ometteva di tenere nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento i libri e le altre scritture contabili previste dalla legge, e segnatamente il libro giornale e il libro inventari. In Torino, il 22.10.2009”.

Al Tribunale di Torino è stato chiesto di esaminare i presupposti applicativi della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. in fase successiva a quella predibattimentale.

Il Giudice sul punto ha rilevato che:

“Il reato ascritto, punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni, rientra quoad poenam, nell’ambito di applicabilità della nuova causa di non punibilità; le modalità della condotta (art. 133, 1° co., n. 1, c.p.) – come detto, meramente omissiva e altrimenti contraddistinta dalla regolare tenuta della contabilità prescritta dalle leggi fiscali – non hanno connotazione di gravità; la entità del danno arrecato alla massa dei creditori (art. 133, 1° co., n. 2, c.p.) è, oggettivamente, di particolare tenuità, se si pensa che dalla menzionata nota del curatore fallimentare risultano presentate (in via tempestiva e tardiva) insinuazioni al passivo della società per circa 127.000,00 Euro, a fronte, comunque, di un attivo realizzabile consistente in un’autovettura e in diverse attrezzature dell’officina (e ciò senza contare il patrimonio personale dell’imputata, fallita in proprio e illimitatamente responsabile anche per le obbligazioni della società); non solo, dunque, sussisterebbe l’ipotesi attenuata di cui all’art. 219, 3° co., L.F. (che, per espressa previsione dell’art. 131 bis, 2° co., c.p., non esclude l’applicabilità della fattispecie), ma ci si trova certamente di fonte ad un deficit di modesta entità; quanto alla intensità del dolo o grado della colpa (art. 133, 1° co., n. 3, c.p.), le circostanze di fatto accertate in istruttoria e più sopra riassunte evidenziano una rimproverabilità minima e di natura sostanzialmente colposa, soprattutto se si tiene conto di quanto riferito dal c.t. Defstefanis (si rammenti, commercialista della società in bonis) circa il fatto che lui stesso considerava corretta prassi per le imprese in contabilità semplificata quella di non istituire il libro giornale ed il libro degli inventari (sicché, evidentemente, non ne consigliava la tenuta); trattasi poi, all’evidenza, di condotta illecita occasionale, considerando la natura formale del reato e l’incensuratezza dell’imputata quale attestata dal certificato del casellario giudiziale”.

Sulla base di ciò, il giudice di merito ha emanato sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 530 c.p.p., evidentemente valorizzando l’inciso “l’imputato non è punibile per altra ragione”, in luogo del non doversi procedere ex art. 529 c.p.p..

3. Tribunale di Milano, sent. 9 aprile 2015.

Si segnala, infine, un’altra sentenza, questa volta del Tribunale di Milano in materia di furto tentato (art. 624 e 56 c.p.) aggravato dal mezzo fraudolento utilizzato (art. 625 n. 2 c.p.).

Sinteticamente il Tribunale ha osservato: “Sussistono gli elementi da cui emerge che la condotta dell’imputato sia idonea ad integrare il reato così come correttamente contestato. Il reato non è giunto a consumazione, rimanendo allo stadio del tentativo a causa dell’intervento del personale addetto al servizio antitaccheggio. La presenza, in capo all’agente, della finalità di profitto richiesta dalla norma è di tutta evidenza, avendo lo stesso agito allo scopo di consumare i prodotti alimentari sottratti senza pagarne il corrispettivo. Sussistono anche gli estremi della circostanza aggravante contestata, in quanto l’imputato cercava di uscire dal supermercato, occultando la merce sottratta sotto il giubbotto”.

Il giudice milanese, verificata la sussistenza del reato ed esclusa la presenza di elementi che consentano l’emissione di pronunce più favorevoli, è passato al vaglio dei requisiti ex art. 131-bis c.p..

Ha osservato, quanto ai limiti edittali di pena, che l’ipotesi di furto tentato aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 2 c.p. deve guardare al massimo edittale previsto per la circostanza ad effetto speciale (da 1 a 6 anni), diminuito per il tentativo. Ne è derivata una cornice edittale che va da 4 mesi a 4 anni e, pertanto, la pena prevista in astratto rientra nel limite dei 5 anni ex art. 131-bis c.p..

Nell’ipotesi in esame, non sono state riscontrate le cause di esclusione indicate dalla norma. L’imputato non ha agito per motivi abietti o futili, ma ha tentato di commettere il furto per procurarsi generi alimentari, di ridotto valore. Va esclusa anche la abitualità del comportamento.

Venendo ad analizzare il profilo della modalità della condotta e dell’esiguità del danno o pericolo, valutati alla stregua dei criteri ex art. 133 co. 1 c.p., il Tribunale ha osservato che è proprio quest’ultimo profilo a giocare un ruolo decisivo. D’altra parte, l’imputato non non ha portato a compimento la condotta di impossessamento, necessaria per la consumazione del delitto di furto, sicché non è stato arrecato alcun danno patrimoniale. L’assenza di danno patrimoniale è ulteriormente confermata dal fatto che la merce sottratta stata successivamente rimessa in vendita, in considerazione delle buone condizioni in cui si trovava.

Quanto invece alle modalità della condotta, l’imputato ha sì adoperato mezzi fraudolenti, ma tali mezzi non possono considerarsi particolarmente insidiosi e tali da connotare una condotta particolarmente riprovevole.

Il Tribunale ha così concluso con l’emanazione di una sentenza ex art. 469 co. 1-bis c.p.p., riconoscendo la particolare tenuità del fatto.

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Per approfondimenti:

A. DI MURO, Reati “lievi”: non punibilità ed archiviazione. Tutte le novità introdotte dal decreto di depenalizzazione, in CamminoDiritto.it
I. FERRARA, La nuova tenuità del fatto affrontata dalla giurisprudenza: il 131-bis al vaglio della magistratura, in CamminoDiritto.it
V. CALDARELLA, La Procura di Trento detta le linee guida per l’applicazione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, in CamminoDiritto.it
G. ALBERTI, La particolare tenuità del fatto (art. 131-bis): tre prime applicazioni da parte del Tribunale di Milano, in penalecontemporaneo.it
D. N. CASCINI, Tenuità del fatto: le prime applicazioni anche in fase predibattimentale, in archiviopenale.it
Autore Alessandro Schillaci Responsabile di redazione Valentina Caldarella”
(fonte:camminodiritto.it)

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