Caso Alina : chiesto il giudizio per quattro poliziotti

trieste
“Caso Alina, chiesto il giudizio per quattro poliziotti.
La Procura ha notificato loro l’avviso di conclusione delle indagini aperte sul suicidio della donna, avvenuto nel Commissariato di Opicina nell’aprile 2012. Tra gli accusati, l’ex dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura .

La Procura di Trieste ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura triestina, e tre agenti di Polizia, indagati in seguito al suicidio della cittadina ucraina Alina Bonar Diaciuk, avvenuto in una “sala controllo” del Commissariato di Villa Opicina il 16 aprile 2012. La donna si era impiccata con la cordicella di una felpa nella stanza, dove si trovava da due giorni dopo essere stata scarcerata nell’ambito di un’altra indagine, in attesa degli adempimenti amministrativi finalizzati alla sua espulsione, dopo nulla osta concesso dall’autorità giudiziaria. Stamani la Procura della Repubblica ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio all’allora dirigente dell’Ufficio immigrazione, cui viene contestato il reato di sequestro di persona aggravato, e a tre agenti del Commissariato, per violata consegna e morte come conseguenza di altro reato.

In una nota il Questore di Trieste manifesta «rispetto per la decisione della Procura e per il dolore dei familiari della donna suicidatasi» e nel contempo esprime «sincera vicinanza al personale di Polizia con la certezza che si riuscirà a dimostrare di aver agito nell’esclusivo intento di adempiere, nell’ambito della complessa normativa prevista, alle procedure previste per l’effettiva espulsione dei soggetti ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica». Le indagini, svolte con la collaborazione della Questura di Trieste, hanno accertato – si legge in una nota della Procura di Trieste – che quella di trattenere cittadini stranieri senza alcun provvedimento restrittivo della magistratura sarebbe stata una prassi non occasionale ma non prevista dalla legge sull’ immigrazione. Le «sale controllo» erano dotate di impianti di videosorveglianza, ma nel caso di Alina non furono sufficienti a evitare che la donna, terrorizzata dall’idea di dover tornare in patria perché condannata per omicidio e per timore di ritorsioni da parte di organizzazioni criminali del suo Paese, si togliesse la vita. Altri capi di imputazione, per sequestro di persona, vengono contestati al dirigente e al suo vice e ad altri quattro appartenenti all’Ufficio immigrazione, relativi ad altri episodi di trattenimento di stranieri. Nella nota il Procuratore della Repubblica esprime «ferma fiducia nell’istituzione della Polizia di Stato, dedita al continuativo controllo del territorio e alla tutela quotidiana del cittadino, con sacrificio quotidiano dei singoli agenti».”(fonte:ilpiccolo.gelocal.it)
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La Procura della Repubblica di Trieste ha notificato questa mattina l’avviso di conclusione delle indagini all’allora dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Trieste (a cui viene contestato il reato di sequestro di persona aggravato) e a tre poliziotti per la morte di Alina Bonar Diaciuk, la donna ucraina che si tolse la vita, impiccandosi, in una sala di controllo del commissariato di Villa Opicina il 14 aprile 2012 mentre era in attesa di espulsione.

Alina aveva 32 anni. Era stata rinchiusa illegalmente per tre giorni nella “stanza di controllo”.

Morì dopo 40 minuti di agonia impiccandosi con la cordicella di una felpa, quella che serve per stringere il cappuccio. Nel corso del blitz in Questura vennero sequestrati 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti secondo la Procura illegalmente al commissariato di Opicina.(fonte:ilgazzettino.it)

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