Non si possono condonare le sanzioni per il lavoro in nero

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“L’adesione al condono non può estendersi ad una sanzione amministrativa in sé e per sé considerata (quale quella emessa dall’Ispettorato del lavoro), essendo al di fuori dell’ambito applicativo del provvedimento disciplinato dalla l. n. 289/2002. Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza 20357/14.

Il caso

Il condono seppellisce anche le sanzioni “accessorie”? La Commissione tributaria di Napoli rigettava l’appello proposto dalle Entrate avverso la sentenza del giudice di prime cure, il quale aveva accolto il ricorso di una società avverso l’atto di irrogazione di sanzioni amministrative. Tale atto era stato notificato dalle Entrate sulla base di un verbale di accertamento redatto dall’Ispettorato del lavoro con il quale si rilevava l’impiego di un dipendente in nero. Il contribuente aveva operato un condono, avvalendosi di quanto sancito dall’art. 8 l. n. 289/2002, comma 6, lettera b): con il perfezionamento della procedura, si ha l’estinzione delle sanzioni amministrative e previdenziali, comprese quelle accessorie. Gli Ermellini accolgono la doglianza dell’Agenzia delle Entrate. L’esegesi della norma porta a sottolineare come l’art. 3 d.l. n. 73/2002 prescriva sanzioni non di natura tributaria o previdenziale in senso stretto, ma amministrative (con lo scopo essenziale di reprimere il lavoro sommerso). Sanzioni, in buona sostanza, estranee all’ambito di incidenza del condono. L’intento di contrastare l’occupazione in nero non dipende soltanto dal mancato versamento della contribuzione, quindi la sanzione non si può considerare di natura tributaria e previdenziale. L’adesione al condono, conclude la Cassazione, «non può estendersi ad una sanzione amministrativa in sé e per sé considerata essendo al di fuori dell’ambito applicativo del provvedimento di condono».”(fonte:lastampa.it)

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