Parere del CSM sul D.L. 132/14 (la c.d. riforma della giustizia civile)

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” parere del CSM sul D.L. 132/14 (la c.d. riforma della giustizia civile)
I TRE PUNTI DELLA DISCUSSIONE.
Credo che, tenuto conto dei contenuti del decreto legge n.132, l’oggetto di questa sintetica esposizione, la nostra discussione e la relativa delibera finale possano articolarsi su tre punti:
a) i mezzi alternativi di risoluzione del contenzioso civile in vista di una accelerazione dello smaltimento dei notevoli carichi di lavoro;
b) le modifiche specifiche in materia di esecuzione civile
c) gli interventi in materia di ordinamento giudiziario, sospensione feriale della attività giudiziaria, ferie dei magistrati

3. PREMESSA SULLA DECRETAZIONE D’URGENZA
– E’ doverosa, tuttavia, una premessa di carattere generale. Ancora una volta le sorti della giustizia civile e dell’ordinamento giudiziario sono affidate alla decretazione di urgenza. Su materie che, per il boom del contenzioso degli ultimi 25 anni (fenomeno che tocca non solo l’Italia ma in generale le democrazie avanzate) e per l’evoluzione dei tempi, richiederebbero una rimeditazione profonda del sistema con disegni di riforma organici, registriamo anche in questo caso il procedere per interventi frammentari e discontinui, secondo un approccio che sembra privo di una preventiva riflessione sugli effetti di sistema e particolarmente affezionato alla esigenza di lanciare messaggi semplificati alla pubblica opinione.
– Nel complesso la mancanza di un disegno organico, di cui auspichiamo una approvazione a tempi ravvicinati (commissioni appositamente costituite ci stanno lavorando), rende le materie toccate da questo decreto ancora più complesse, con zone di impropria interferenza tra diversi istituti e quindi di difficile interpretazione, anche sotto il profilo della successione delle leggi nel tempo; con effetti controproducenti per la ragionevole durata dei processi e per le dinamiche di una giurisdizione immaginata dai padri costituenti come strumento per rendere effettivi i diritti e non come mero strumento di risoluzione delle controversie.
4. I CONTENUTI: LA DE-GIURISDIZIONALIZZAZIONE. MEZZI ALTERNATIVI AI MODELLI PROCESSUALI
Andiamo ai contenuti del testo di legge. Con illustrazione per sintesi e in modo inevitabilmente rapsodico vista la quantità delle norme oggetto del nostro approfondimento e il tempo che ho a disposizione.
Questo decreto tende a rafforzare il principio della de-giurisdizionalizzazione della risoluzione delle controversie civili. Va alla ricerca di mezzi alternativi ai modelli processuali della giurisdizione. Queste modalità alternative si sono progressivamente evolute nel tempo. E, in via generale, sono state considerate positivamente dagli esperti del settore. Gli istituti della mediazione e dell’arbitrato ne sono una chiara manifestazione. Ma, in questi casi siamo pur sempre in presenza di un ente terzo ed imparziale, che promuove una definizione della controversia secondo le regole di diritto.
Nel decreto n.132 tra i mezzi alternativi si registra una significativa novità: la NEGOZIAZIONE ASSISTITA (da un avvocato) OBBLIGATORIA.
In altri termini per le controversie aventi oggetto un pagamento di somme sino a 50.000 euro su diritti disponibili, il decreto legge prevede che prima di andare dal giudice, le parti (con i loro avvocati) tentino una composizione consensuale. Si tratta di una specifica condizione procedibilità per esperire il giudizio civile.
Il passaggio culturale è di non poco momento. E’ obbligatorio il tentativo di accordo tra le parti. Si punta sulla libera contrattazione per deflazionare. Quello che conta è l’accordo tra la parti, comunque esso si atteggi, a prescindere dal contenuto.
Non c’è un pregiudizio verso queste forme di composizione della controversia tra le parti, ma penso che sia nostro dovere segnalare certi rischi al fine di consentire al legislatore opportuni accorgimenti per evitarli.
C’è il rischio che la soluzione non si realizzi solo al di fuori del processo,ma anche in maniera indifferente agli interessi generali tutelati dall’ordinamento. Non dimentichiamo che il ruolo degli avvocati è istituzionalmente collegato alla tutela dell’interesse del cliente nella singola fattispecie . Ciò, a nostro avviso, è rischioso soprattutto nelle materia in cui esiste una sproporzione di potere contrattuale tra le parti coinvolte. Prendiamo ad esempio le modifiche in materia di diritto del lavoro, versante particolarmente sensibile in questo momento storico anche per via della crisi economica del nostro paese. Si prevede la modifica art 2113 c.c.. Con le novità del decreto, le transazioni o rinunce del lavoratore non sono più impugnabili ove l’accordo sia avvenuto con negoziazione assistita. Si consente sostanzialmente le libera disponibilità di diritti che possono derivare anche da norme inderogabili e quindi si sovverte il presupposto dell’intero ordinamento del diritto del lavoro. Ad esempio, l’indisponibilità preventiva del diritto al riposo settimanale derivante da norma imperativa non comporta l’indisponibilità del diritto al risarcimento dei danni conseguenti alla violazione di tale diritto: di conseguenza non si esclude che tale diritto possa formare oggetto di transazione, anche se derivante in via mediata da norma inderogabile di legge.
RITENIAMO DOVEROSO SEGNALARE TUTTO QUESTO
Sul medesimo versante, senz’altro positiva è la valutazione relativa alle novità in materia di separazione e divorzio. In tali casi, secondo il decreto legge in esame, il ricorso alla negoziazione assistita (art 6) o alla dichiarazione all’ufficiale dello stato civile (art. 12) per sgravare gli uffici giudiziari e semplificare gli onere per le parti, recepisce orientamenti ideali diffusi, quando non vi siano figli minori o maggiorenne disabili o non autosufficienti. In tali casi in effetti il tribunale si limita a recepire accordi ed il tentativo di conciliazione non ha quasi mai successo nella prassi. Tuttavia, INTENDIAMO SEGNALARE CHE la verifica in ordine alla condizione di autosufficienza economica dei figli maggiorenni è circostanza di fatto incerta. Sarebbe affermata dai genitori, senza che nel procedimento l’interesse dei figli sia rappresentato, con conseguente rischio di conflitto di interessi. Forse sarebbe meglio non prevedere meccanismo consensuale ogni volta che vi siano figli
5. Sull’ARBITRATO (art.1). Nessuna critica sul principio e quindi sull’estensione dell’istituto alle liti già pendenti IN PRIMO GRADO. Tuttavia è prevedibile l’inutilità del mezzo che richiede l’istanza congiunta. Le parti avrebbero potuto ricorrervi comunque prima del decreto legge e, in ogni caso non è prevedibile che lo faranno aggravando le spese (non è previsto alcun incentivo), soprattutto normalmente una parte sa di avere torto e non ha interesse alla definizione rapida. Quanto alla estensione dell’arbitrato a giudizi già definiti in primo grado, sorgono spontanee due considerazioni. In primo luogo difficilmente la parte che ha avuto ragione in primo grado sarà disponibile a rivolgersi agli arbitri. E in ogni caso, in tale circostanza, con l’esperimento dell’arbitrato risulterebbe stravolto il sistema processuale nella sua fondamenta, giacchè verrebbe introdotto un meccanismo che consente ad arbitri di statuire persino su situazioni già definite nel merito con un provvedimento giurisdizionale e sottoposte, in sede di gravame, alla cognizione del giudice di secondo grado, peraltro nei limiti di una materia del contendere già confinata e delimitata con i motivi di appello.
6.LE MODIFICHE IN MATERIA DI ESECUZIONE CIVILE (art.18 e ss)
Il capo V del decreto legge n. 132/2014 disciplina, agli articoli 18 e ss., la semplificazione e l’accelerazione del processo di esecuzione forzata e delle procedure concorsuali.
Si tratta di un intervento, nel complesso, utile ed apprezzabile, che disciplina e migliora alcuni passaggi procedimentali, dando, in qualche caso, attuazione ad indicazioni e suggerimenti della dottrina e degli stessi “operatori”.
Infatti, la ratio che il legislatore intende perseguire con tali norme è la riduzione dei tempi della procedura esecutiva e la sua maggiore efficacia, anche mediante un potenziamento del ruolo del creditore rispetto a quello dell’ufficiale giudiziario.
E’, tuttavia, illusorio pensare che le misure adottate possano portare ad una significativa accelerazione dei tempi di durata delle procedure esecutive. Le nuove disposizioni introdotte, in particolare quella che disciplina la ricerca dei beni, se avranno una completa attuazione, potranno portare ad una maggiore efficacia complessiva dei procedimenti espropriativi, soprattutto di quello mobiliare e presso terzi, ma non potranno incidere sulla durata delle procedure.
7. LE MISURE ORDINAMENTALI. UNA LINEA DI TENDENZA.
Al di là delle effettive intenzioni dei redattori delle recenti innovazioni legislative, compreso il decreto legge in esame, la peculiare (e direi spasmodica) attenzione verso i temi della retribuzione, dei giorni di ferie e della età pensionabile dei magistrati (comprensibile in un quadro generale di interventi di riduzione della spesa e recupero dell’efficienza sul pubblico impiego), unitamente agli interventi restrittivi della discrezionalità procedimentale del massimo organo di autogoverno (tramutamenti, e procedure conferimento incarichi direttivi), sembrano in assenza di una riflessione generale da parte del parlamento sul ruolo della magistratura e della giurisdizione nel sistema istituzionale, e paiono riportare alla ribalta una antica dicotomia ben scolpita, 50 anni orsono, dal quesito di Giuseppe Maranini: Magistrati o funzionari?
Al di là delle soluzioni adottate nel decreto, vorrei ricordare che vi è una peculiarità nella prestazione lavorativa dei magistrati. Secondo un orientamento costante, ribadito anche da una pronuncia della Corte costituzionale del 2013, si tratta di una funzione dello Stato irriducibile ad un rapporto burocratico formalizzato in termini di quantificazione oraria. E vorrei anche aggiungere che, in tale sistema, da tanti anni, i magistrati italiani forniscono una prestazione di standards quantitativi elevatissimi sulla base anche del rapporto CEPEJ del 2010.
Tutto questo è il frutto anche di una prassi applicativa ben nota, secondo cui finora il magistrato ha compiuto di fatto talune attività di servizio durante il periodo di ferie, non potendosi giovare di nessun sistema sospensivo dei termini o di esonero rispetto agli incombenti normali legati al servizio. I magistrati durante le ferie scrivono sentenze e provvedimenti. Le nostre ferie non sospendono i termini di deposito degli atti: se ritardiamo possiamo anche finire sotto procedimento disciplinare o conseguire valutazioni di professionalità non positive. E poi, il pubblico ministero, se è i turno, lavora 36 ore i fila, ma finite le 36 ore deve stare in ufficio non può godere di forme di riposo compensativo. TENIAMONE COMUNQUE CONTO DI QUESTO DATO.
Sul numero di giorni di ferie annuali per il magistrato di cui si occupa il decreto legge, vorrei ricordare che ogni soluzione deve garantire una totale ed effettiva libertà da carichi di lavoro che non abbia conseguenze sul piano processuale, della funzionalità del servizio o della valutazione della sua professionalità.
Alla luce delle specifiche novità del decreto legge in materia di sospensione feriale dei termini processuali e ferie dei magistrati, per evitare conseguenze non funzionali ad un servizio efficiente e non rispettose dei diritti fondamentali del magistrato (art.36 cost.), il legislatore dovrebbe integrare le novità con un intervento sulla disciplina della sospensione dei tempi di adempimento delle incombenze processuali (es. sospensione termini deposito sentenze durate il periodo in cui il magistrato fruisce delle ferie).
In ogni caso, la stessa legge demanda agli organi di autogoverno della magistratura il compito di adottare le misure organizzative conseguenti alla applicazione delle disposizioni in materia di ferie.
Questo CSM dovrà comunque farsi carico di rendere l’applicazione di questa normativa compatibile, al contempo, con i diritti costituzionali del magistrato e con le diverse esigenze del servizio-giustizia e quindi dei cittadini fruitori di quel servizio, attraverso l’adozione di opportune misure organizzative.
8.LE MODIFICHE IN TEMA DI PROCEDIMENTI DI TRAMUTAMENTO ORDINARIO
Il legislatore intervenendo sui tempi e gli strumenti di definizione delle procedure di trasferimento introduce degli irrigidimenti procedimentali che rischiano di realizzare conseguenze opposte a quelle perseguite. Tutti gli interessi che le norme sembrano voler tutelare (es. cadenza semestrale dei trasferimenti); sono già oggetto di considerazione nella prassi di alta amministrazione del CSM.
Sino ad oggi, le delibere di trasferimento approvate dal C.S.M. sono trasfuse, per ciascun magistrato, in altrettanti decreti del Ministro della giustizia; dalla pubblicazione decorre il termine ordinario di trenta giorni, per la presa di possesso del nuovo ufficio. Mentre l’art. 21 prevede al comma 1 la cadenza biannuale (due volte l’anno) delle pubblicazioni, indica di un termine quadrimestrale per la definizione dei concorsi.
Sia consentito rilevare che:
– la cadenza due volte all’anno dei bandi per i trasferimenti è già previsto dalla circolare CSM ;
– quattro mesi sono tempo congruo per completare la procedura che porta al trasferimento di primo e secondo grado, in linea di principio operati con meccanismi di punteggio automatico; lo sono molto meno per i posti – massimario, cassazione, dna – in cui è necessaria una valutazione discrezionale più approfondita nel merito. Senza dire che per i posti di legittimità c’è la commissione tecnica
– le competenze di governo del personale magistratuale, affidate al CSM dalla Costituzione, sono esercitate secondo modello discrezionale allo scopo di offrire la flessibilità necessaria per perseguire la massima funzionalità nel caso concreto: interventi normativi che impongano all’Organo di governo autonomo anche solo tempi tecnici entro cui esercitare poteri deliberativi rischiano di incidere in termini pregiudizievoli sul concreto esercizio di tali poteri.
Il comma 2 dell’art.21 prevede che il Ministro della giustizia adotta un solo decreto per tutti i magistrati tramutati nell’ambito della medesima procedura. Il successivo comma 3 contempla la sospensione – da disporsi dal parte del C.S.M., sino alla copertura del posto vacante e, comunque, per un periodo non superiore a sei mesi – dell’efficacia del provvedimento di trasferimento del magistrato verso una sede con più bassa percentuale di vacanze
Rilievi:
– nei bandi relativi a decine di posti da assegnare in primo o secondo grado , la stragrande maggioranza di essi viene definita in tempi rapidi perché non sussistono difficoltà istruttorie; in pochissimi casi si manifestano difficoltà che richiedano approfondimenti istruttori e valutazioni delicate: unicità e contestualità di delibera e decreto finiranno, in assenza di correttivi in sede di conversione, per determinare il rallentamento – e, nei casi più gravi, la paralisi – delle procedure più semplici”

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