CIE Bari. Condannato il Governo: trattamenti inumani e degradanti


Pubblichiamo un articolo relativo ai centri di identificazione ed espulsione ( ora centri permanenti per i rimpatri) sulla quale incostituzionalità la Corte Costituzionale si è già pronunciata mai entrando ,però, nel merito della questione ma soffermandosi sui formali requisiti delle ordinanze di rimessione…

“La prima sezione Civile del Tribunale di Bari, giudice xxx xxx, ha condannato la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno a pagare un risarcimento di 30mila euro per danno all’immagine in favore del Comune di Bari con riferimento alle condizioni «non dignitose» con cui fino al 2016 (anno di chiusura del Centro) sono stati trattati i migranti ospiti del Cie.

Il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati xxx xxx e xxx xxx che hanno agito in sostituzione dell’amministrazione comunale. «Il risarcimento sia immediatamente impiegato per la scolarizzazione dei minori ospiti del Cara», ha chiesto xxx al sindaco di Bari, xxx xxx. «Questa sentenza – conclude il legale – costituisce motivo di orgoglio per il nostro Paese, che si dimostra ancorato alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e ai principi dettati dalla Carta costituzionale repubblicana».

Nelle 42 pagine della sentenza, il giudice ripercorre la storia della città di Bari della quale «lo straniero è parte integrante». Secondo il Tribunale il rischio è che la città venga identificata e ricordata per la «inumanità» con cui sono stati trattati i migranti nel Cie. A questo proposito fa esempi di altri luoghi «rimasti saldamente legati in senso negativo alle strutture di costrizione e di sofferenza di esseri umani che vi erano collocati», come Auschwitz, «luogo che richiama alla mente di tutti immediatamente il campo di concentramento simbolo dell’olocausto e non di certo la cittadina polacca sita nelle vicinanze», e ancora Guantanamo e Alcatraz: “istintivamente – dice il giudice – il pensiero corre subito e soltanto ai noti luoghi di prigionia di massima sicurezza e non certo alla base navale dell’isola di Cuba, né tantomeno all’isola nella baia di San Francisco».
«Se i Cie sono noti alle cronache per le significative restrizioni ai diritti fondamentali che vengono perpetrati ai danni degli immigrati – scrive ancora il giudice Potito motivando la condanna al risarcimento danni – d’altro canto la città di Bari è nota, invece, per essere da sempre un territorio di accoglienza per gli stranieri». Ricorda le decine di popoli che negli ultimi quattro millenni si sono succeduti a Bari, dagli Illirici ai Borboni di Spagna, passando per romani e bizantini, normanni e angioini. Ne sottolinea la «eterogeneità di realtà etniche, linguistiche, culturali, religiose e politiche» che costituiscono «parte integrante della cultura barese». Cita San Nicola, la Fiera del Levante, gli oltre 12mila stranieri di 133 diverse nazionalità che oggi risiedono nel capoluogo pugliese e la solidarietà dimostrata dai baresi in occasione dello sbarco della nave Vlora, nel 1991, con a bordo 20mila albanesi.

Infine, il giudice evidenzia il «netto contrasto con la presenza del Cie che mina l’immagine della comunità locale barese», ricordando come negli anni lo Stato sia rimasto «inerte dinanzi a numerose segnalazioni sulle condizioni in cui versavano gli immigrati del Cie, nonché dinanzi a richieste di verifica delle condizioni igienico-sanitarie del centro».”Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno (fonte:forodiroma.it)
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Cie «danneggia» il Comune, condannato governo

La presenza a Bari del “Centro di identificazione ed espulsione” ha recato un danno di immagine al Comune che una sentenza del Tribunale civile del capoluogo pugliese ha valutato in 30mila euro. Il risarcimento dovrà essere versato all’amministrazione dalla Presidenza del consiglio e dal ministero dell’Interno. Il verdetto, firmato ieri dal giudice xxx xxx, secondo gli avvocati che hanno presentato il ricorso per conto dell’ente locale «non ha precedenti in Europa».

«Il Cie di Bari – scrive il magistrato nelle motivazioni della sentenza – non risulta idoneo all’assistenza dello straniero e alla piena tutela della sua dignità in quanto essere umano». Il risarcimento è stato quindi ritenuto necessario a causa dell’«ingente danno arrecato alla comunità territoriale tutta, da sempre storicamente dimostratasi, invece aperta all’ospitalità». Basti ricordare la solidarietà espressa dai baresi quando, nell’agosto del 1991, arrivarono in porto le prime navi stracolme di profughi provenienti dall’Albania.

Nella sentenza il giudice parla dello stretto rapporto esistente tra luoghi dove si perpetrano violazioni dei diritti della persona e il territorio che li ospita indicando, come esempio, Auschwitz, che richiama alla mente il campo di concentramento simbolo dell’olocausto, Guantanamo e Alcatraz, famigerati carceri di massima sicurezza situati a Cuba e nella baia di San Francisco. Paragoni che possono sembrare eccessivi ma che servono per comprendere lo stato in cui versava la struttura di Bari – una delle 13 esistenti in Italia – dove, in base alla legge «vengono trattenuti glistranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione o respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera». «Anche in Italia si trovano esempi, come Lampedusa, il cui nome – afferma la magistrata – ormai evoca immediatamente più “la parte”, vale a dire il campo profughi che vi è ospitato, che “il tutto”, cioè l’isola protesta nel Mediterraneo». Nella citazione in giudizio gli avvocati xxx xxx e xxx xxx avevano chiesto anche la chiusura del Cie, provvedimento ormai inutile visto che il centro in zona Palese, che conteneva 140 migranti, è stato smantellato nel 2016. Il giudice non si è pronunciato in merito alla richiesta di un risarcimento del danno «per violazione dei diritti umani all’interno del Cie» in quanto avrebbe dovuto essere avanzata dalle persone, incapaci di autoproteggersi, che vi erano ristrette e che in più occasioni sarebbero state maltrattate, come risulterebbe dalle risultanze probatorie.

«È stata una battaglia di principio, un’azione giudiziaria su diritto da far valere – hanno commentato i due legali – ciò che è importante, quindi, è che il giudice ha riconosciuto che nel Cie di Bari (che sorgeva nelle adiacenze della caserma della Finanza a Palese, ndr) ci sono stati trattamenti inumani e degradanti». D’altra parte, la cifra che lo Stato dovrà pagare al Comune è poco più che simbolica.”(fonte:avvenire.ita.newsmemory.com)

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