“‘Mi avrebbero schiacciato’. I «verbali falsi» e il ruolo «consapevole» del giudice nel rimpatrio di Alma Shalabayeva


Pubblichiamo un articolo di questi giorni di una testata locale ed un video di qualche anno fa della giornalista Raffaella Cosentino (già di Repubblica ed ora della RAI) sul caso Shalabayeva e confidiamo in un completo scagionamento della giudice di pace dalle gravi accuse che in questi giorni si sono tramutate in un rinvio a giudizio che dovrebbe concludersi dopo l’estate con l’udienza preliminare dalla quale l’esito sarà presumibilmente (ci auguriamo) di assoluzione per non aver commesso il fatto…
video di Raffaella Cosentino repubblica.it

“S. L. convalidò il fermo della kazaka. I pm di Perugia: «Nonostante chiedesse asilo»

Alma Shalabayeva è stata rimpatriata nel maggio 2013

E’ il coinvolgimento del giudice di pace romano S. L., 62 anni, che ha trascinato a Perugia l’inchiesta sul presunto rapimento di Alma Shalabayeva. Secondo il criterio di imparzialità dettato dall’articolo 11 del Codice di procedura penale, infatti, i procedimenti riguardanti i magistrati, siano essi inquisiti o persone offese, vengono assegnati per competenza territoriale al distretto di corte di appello determinato dalla legge. Era già accaduto in passato per l’omicidio di Mino Pecorelli, per lo spettacolare furto al caveau della banca del Palazzaccio, per la vicenda dell’archivio riservato del Sismi.

Più recentemente per le vicende giudiziarie della ‘Cricca’ del G8 e per lo scandalo del pm R. S.accusato di aver fatto sesso a piazzale Clodio con alcuni transessuali brasiliani.

Sequestro di persona e falso ideologico Il giudice L. deve difendersi dalle accuse di sequestro di persona e falso ideologico. Reato, quest’ultimo, contestato dai pm umbri due volte nella richiesta di rinvio a giudizio avanzata contro sette persone tra ex dirigenti e poliziotti della squadra mobile e dell’ufficio immigrazione della questura di Roma. Per tre diplomatici kazaki (tra cui l’ambasciatore Andrian Yelemessov) invece le posizioni sono state «separate».

«Hanno pagato il mio silenzio» «Mi avrebbero schiacciato, ho fatto pippa – sono alcune frasi spiate al giudice indagato dagli inquirenti, impegnati a ricostruire quella che ritengono un’operazione illegale portata avanti da alcuni poliziotti e i vertici dell’ambasciata kazaka a Roma -. Non ho sputtanato nessuno… hanno pagato il mio silenzio… i panni sporchi si lavano in famiglia». Chi ha pagato cosa? Chi l’avrebbe schiacciata? Di quale famiglia si sta parlando? Domande dalle quali il gup Carla Giangamboni proverà ad ottenere risposte nell’ambito dell’udienza preliminare che inizierà dopo l’estate.

Pm: convalida fu passaggio essenziale Scrivono i magistrati di Perugia: «L. ha attestato falsamente attestato alcune circostanze nel verbale dell’udienza di convalida del trattenimento di Alma Ayan del 31 maggio 2013 nella consapevolezza che la convalida del trattenimento costituisse un passaggio essenziale della traduzione forzata di Alma Shalabayeva». Tra le altre cose – contestano il procuratore Luigi De Ficchy, l’aggiunto Antonella Duchini e il sostituto Massimo Casucci – «non viene attestato che gli avvocati hanno evidenziato che Alma Ayan era il nome di copertura, per ragioni di sicurezza personale, della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, né che egli e la moglie godevano dello status di rifugiato politico concesso nel 2011 dal Regno Unito». Il giudice ha omesso pure di verbalizzare che Ablyazov era «perseguitato dal regime» e che gli avvocati, della cui presenza non v’è menzione, «hanno rappresentato la richiesta di asilo politico e il gravissimo rischio per l’incolumità della Shalabayeva qualora fosse stata forzatamente rimandata in Kazakistan». Nel provvedimento «viene falsamente attestato che ‘dal colloquio con la trattenuta non sono emersi elementi tali per revocate l’ordine del questore‘» ma neppure «la presenza della bambina di sei anni non avrebbe consentito il trasferimento».

L’indagine amministrativa Il secondo episodio di falso sarebbe stato commesso dalla L. nella relazione presentata al presidente del tribunale di Roma nel corso dell’indagine amministrativa. Lì è scritto che Alma «ha dichiarato di non avere un valido documento di identificazione» e che «nel corso del colloquio né lei né i legali hanno fatto rilevare l’esistenza di situazioni di asilo, di dissidenza politica o di persecuzione». Anche per questo Alma Shalabayeva, indicata dalla Procura tra le persone offese, potrebbe chiedere di costituirsi parte civile nell’eventuale processo.”di Enzo Beretta (fonte:umbria24.it)

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