Caso Shalabayeva : terminate le indagini della Procura della Repubblica di Perugia

shalaba
Come riportato dal quotidiano L’Avvenire di oggi sono terminate le indagini della Procura della Repubblica di Perugia relative al caso Shalabayeva per cui si attendono ora gli esiti che verranno comunicati con il provvedimento di chiusura indagini della Procura stessa alle quali sono interessati sette indagati tra i quali vi è il gdp di Roma già interrogato dalla Procura di Perugia.

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Dal Quotidiano Il Sole24ore:
“Caso Shalabayeva, l’ex giudice di pace: «Hanno pagato il mio silenzio»
25 novembre 2016
«Mi avrebbero schiacciato», «non ho sputtanato nessuno», «hanno pagato il mio silenzio». Le intercettazioni sull’ex giudice di pace di Roma, S. L., aprono interrogativi sui presunti mandanti del sequestro e del rimpatrio forzato di Alma Shalabayeva, la moglie di Muhtar Ablyazov, il dissidente kazako fortemente contrario al governo di Nazarbaev e titolare dello status di rifugiato politico nel Regno Unito. Per questi fatti, consumatisi a maggio del 2013, rischiano il processo il magistrato e sette poliziotti. Tuttavia gli atti dell’inchiesta aprono interrogativi sul presunto ruolo che avrebbe avuto anche la politica italiana.

INCHIESTA A PERUGIA 27 novembre 2015
Shalabayeva: fiducia in giustizia Italia, svolto lavoro serio
Avviso di chiusura delle indagini
La Procura di Perugia ha notificato l’avviso di chiusura della indagini preliminari a Renato Cortese, allora capo della squadra mobile di Roma e attuale capo del Servizio centrale operativo della polizia; Francesco Stampacchia, ex commissario capo della squadra mobile di Roma; Maurizio Improta, ex dirigente dell’ufficio Immigrazione e attuale questore di Rimini; gli ex assistenti della polizia in servizio all’ufficio Immigrazione Vincenzo Tramma, Stefano Leoni e Luara Scipioni; Luca Armeni, ex dirigente della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Roma; l’ex giudice di pace S. L.. Nei loro confronti sono ipotizzati, a vario titolo e secondo le singole posizioni, i reati di sequestro di persona, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale e frode nel farsi rilasciare certificati del casellario giudiziale e uso indebito di tali certificati.

Le pressioni
Stando all’accusa, come formulata dalla Procura di Perugia, i diplomatici kazaki Adrian Yelemessov, Nurlan Khassen e Yerzhan Yessirkepov avrebbero compiuto pressioni – nel periodo in cui era già ministro dell’Interno Angelino Alfano – sull’«autorità di polizia italiana», al fine di «privare la libertà personale di Alma Shalabayeva e la minore A.A. di anni 6, rispettivamente moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov (ricercato ai fini estradizionali per il Kazakistan e dissidente del regime kazako con status di rifugiato politico riconosciuto il 7 luglio 2011 dal Regno Unito)». Successivamente la polizia ha consegnato le due donne ai tre diplomatici kazaki all’aeroporto di Ciampino, dove sono state imbarcate su un aereo per il rimpatrio. Questo anche se in più occasioni la Shalabayeva ha chiesto asilo politico all’Italia e sottolineato come il marito fosse già un rifugiato in Inghilterra.

Shalabayeva, indagati capo Sco e questore
Una regia più alta
Nelle pieghe degli atti d’indagine, però, spuntano particolari che farebbero ipotizzare a un livello più alto, nell’organizzazione del sequestro e del rimpatrio della Shalabayeva. Gli inquirenti hanno messo sotto intercettazione l’allora giudice di pace a Roma S. L.. Dalle conversazioni emerge in modo chiaro come il magistrato fosse perfettamente a conoscenza che la convalida del trattenimento, che era stata chiamata a fare in un’udienza, fosse un «passaggio essenziale della traduzione forzata» della Shalabayeva. Così, in alcune conversazioni afferma che «mi avrebbero schiacciato ho fatto pippa», «non ho sputtanato nessuno» e «hanno pagato il mio silenzio», facendo presunto riferimento a una regia di più alto livello.” (fonte:Ilsole24ore.com)
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Da L’Espresso
“Caso Shalabayeva, per i pm fu di sequestro di persona ma Alfano resta sereno
Il reato contestato a dirigenti e funzionari della polizia è “sequestro di persona”. La procura di Perugia riaccende il caso della moglie del banchiere e dissidente kazako. E 5 stelle e sinistra italiana insistono: «Avevamo ragione quando presentammo la mozione di sfiducia»

27 novembre 2015

Si riaccende il caso Shalabayeva, e così anche la luce su Angelino Alfano, che aveva superato senza troppi problemi il dibattito parlamentare, due anni fa, e la richiesta di dimissioni avanzata dalle opposizioni. Si riaccende la luce, ma Alfano non ha molto da temere, nei fatti, anche perché quanto sta uscendo dalle indagini della procura di Perugia racconta semmai di un Viminale all’oscuro dei fatti come aveva già scritto al termine di un’indagine interna il capo della Polizia Alessandro Pansa. A rimetterci il posto fu solo il capo di gabinetto di Alfano, Procaccini, che si dimise per «senso delle istituzioni».

Anche con gli ultimi sviluppi le responsabilità sarebbero tutte di dirigenti e agenti. Nel caso specifico, a quanto riferisce l’Ansa, del capo del Servizio centrale operativo della Polizia Renato Cortese, del questore di Rimini Maurizio Improta, di cinque poliziotti e del giudice di Pace S. L.. Renato Cortese, Maurizio Improta e altri due dei poliziotti avrebbero omesso di attestare che la donna si identificava come moglie del dissidente-ricercato kazako Ablyazov pur conoscendone le sue generalità. Per questo sono accusati, oltre che di sequestro di persona, anche di omissione di atti d’ufficio e falso.

La moglie e la figlia dell’oppositore del regime kazako Ablyazov sono state prelevate dalla polizia italiana e riportate in Kazakistan su un aereo privato. Ecco le prime tappe della vicenda, ormai caso politico di primo piano
È utile un breve riassunto dei fatti. Era il 29 maggio 2013 quando gli uomini della Mobile e dell’Ufficio immigrazione prelevarono Alma Shalabayeva, moglie dell’ex banchiere, accusato di bancarotta in Gran Bretagna, e dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, nella sua abitazione di Casal Palocco, alle porte sud della Capitale. Lo fecero seguendo un mandato di cattura dello Stato kazako, e sull’immediato procedimento di espulsione fu apposta la firma dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Un aereo pagato dall’ambasciata kazaka portò via la notte stessa la donna e la figlia di sei anni. Si scatenò però un caso politico, tra le modalità di espulsione, gli interessi del governo kazako in Italia e viceversa, il ruolo dell’Eni. Alcune delle ragioni di chi protestò sono state poi confermate da una sentenza della Cassazione, nel luglio 2014, che ha dichiarato illegittima l’espulsione, comunque quasi subito ritirata dal governo Letta. L’allora ministro degli Esteri Emma Bonino riuscì a far tornare in Italia madre e figlia dopo settimane di trattative. Era ormai Natale. Madre e figlia hanno oggi lo status di rifugiate.

Caso Shalabayeva: la diagnosi che si legge nel verbale di pronto soccorso del 30 maggio di Bolat Seraliyev (cognato di Ablyazov) parla di trauma cranico facciale. Ma ieri il vicepremier ha sostenuto che nelle foto segnaletiche non c’era nessuna lesione
Il caso si riaccende, dunque. Ma ancora una volta non per Angelino Alfano. Tra le reazioni politiche va segnalata quella del Movimento 5 stelle che ricorda come la mozione di sfiducia presentata all’epoca dei fatti «fu sostenuta solo da noi e dal Sel, con Forza Italia che votò a sostegno di Alfano con il Pd e la Lega che si astenne». Dice il capogruppo al Senato Mario Giarrusso: «Avevamo ragione: Il caso Shalabayeva è uno scandalo grave ed enorme, che macchia il nome dell’Italia e coinvolge per colpa di Alfano e di pochi felloni anche le forze dell’ordine che non meritano questa onta». Simile è la nota di Sinistra Italiana: «Gli sviluppi giudiziari dell’affaire Shalabayeva confermano, semmai ce ne fosse stato bisogno», dice il capogruppo alla Camera Arturo Scotto, «che eravamo nel giusto due anni fa, nell’indifferenza del governo e del partito di maggioranza». Indifferenza che prosegue, per Scotto, anche oggi, con nessuno che intende riaprire la polemica.

Polemica che però non viene rilanciata neanche dalla stessa Shalabayeva che commenta così la notizia dell’inchiesta: «Oggi ho fiducia nel sistema giudiziario italiano che sta cercando i responsabili e ringrazio la procura di Perugia che è stata molto autonoma e diligente nelle sue indagini: è stato fatto un lavoro molto serio per la ricerca della verità dietro il rapimento mio e della mia bambina». «Certamente», ha aggiunto, «le investigazioni hanno chiarito che le principali responsabilità per quello che è accaduto sono dei diplomatici kazaki che si trovavano in Italia». Che però non hanno certo fatto tutto da soli.”DI LUCA SAPPINO (fonte:espresso.repubblica.it)

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