Il dramma dei migranti «A metà tragitto via gli organi a chi non può pagare la traversata»

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“PALERMO- A metà tragitto, se non viene pagata la tratta successiva verso l’Europa perché dall’estero non arrivano più i denari pattuiti, può succedere qualcosa di terribile. «Talvolta i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio effettuato via terra né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, e allora queste persone vengono consegnate a degli egiziani che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15 mila dollari. In particolare, questi egiziani vengono attrezzati per espiantare l’organo e trasportarlo in borse termiche».

Migranti, i soldi del traffico passavano in un bar di Palermo e una profumeria di Roma

«Il Buscetta del traffico dei migranti»
È ciò che ha raccontato ai pubblici ministeri della Procura di Palermo N.A.W., ribattezzato dagli inquirenti «il Buscetta del traffico dei migranti»: un eritreo di 32 anni arrestato due anni fa, e dal 2015 collaboratore di giustizia. Le sue dichiarazioni sono state giudicate attendibili, ma su questo punto particolare si tratta di confidenze ricevute da altri, che lui non ha verificato personalmente: «Me lo hanno detto E. e A. (i capi dell’organizzazione per cui ha lavorato in Libia, ndr), nonché alcuni migranti sopravvissuti».

Riscontri al momento non ce ne sono, ma è emerso un particolare inquietante che potrebbe avere a che fare con questo drammatico commercio parallelo: sul telefonino sequestrato al presunto Y. M. M.- l’eritreo estradato dal Sudan nel maggio scorso, che nega di chiamarsi così e di essere coinvolto nel traffico – sono state trovate immagini di cadaveri sezionati, pezzi di corpi umani tagliati e fotografati. Proprio lunedì è cominciata davanti al giudice l’udienza preliminare per l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nella quale i pm hanno depositato nuovi elementi a carico dell’eritreo, che continua a sostenere di essere vittima di uno scambio di persona. Non le foto dei cadaveri sezionati, che saranno oggetto di ulteriori accertamenti, ma altre immagini della presunta moglie citata dal pentito, intercettazioni e dialoghi via internet in cui si parla di persone da trasferire in vari Paesi europei, sbarchi imminenti e soldi che devono arrivare.

Poco prima, gli investigatori della Squadra mobile di Palermo e del Servizio centrale operativo della polizia avevano eseguito il fermo ordinato dal procuratore di Palermo Franco Lo Voi, dall’aggiunto Maurizio Scalia e dai sostituti Calogero Ferrara, Claudio Camilleri e Anna Picozzi, nei confronti di 38 persone (tutti eritrei, tranne qualche etiope e un italiano), accusati di far parte della rete che organizza il trasferimento clandestino dei migranti dall’Africa in Italia e da qui in Nord Europa. L’operazione è il frutto della collaborazione di A. W., che ha fatto venire alla luce molti retroscena del traffico. Dal bar nel centro di Palermo utilizzato come punto di ritrovo per gli extracomunitari aiutati a fuggire dai Centri di accoglienza e poi fatti partire verso il Nord, alla profumeria di Roma, a pochi passi dalla stazione Termini, che funzionava come una banca per il pagamento delle singole tratte con il metodo hawala (consegne di denaro a distanza, tramite familiari e mediatori, senza le quali non si può proseguire il viaggio).
Hawala
«Il soggetto di Roma che fa hawala, il sabato mattina ha normalmente la disponibilità di circa 300 mila euro che consegna ai vari soggetti che si presentano per riscuotere il denaro relativo al trasferimento di migranti effettuato in varie parti», dice il pentito. È la contropartita dei pagamenti in Libia a coloro che fanno partire le barche, in particolare E. G.(latitante) e un certo A., mai identificato con certezza, per i quali il «Buscetta dei migranti» ha lavorato fino all’arresto. Queste somme vengono poi «spedite a Dubai o in altri Paesi attraverso dei commercianti libici. In particolare A.ha guadagnato circa 20 milioni di dollari da questi traffici. In parte tali somme sono state spedite a Dubai e in Etiopia, ma so anche che sono stati acquistati dei beni in Italia, in particolare 14 trattori o mezzi agricoli usati, da spedire in Ciad dove lo stesso A. ha una azienda agricola intestata a un’altra persona».
Falsi ricongiungimenti
Oltre alla traversata via mare, nella quale si rischia di morire in un eventuale naufragio, c’è il metodo dei falsi ricongiungimenti familiari con persone già legalmente residenti in Italia, per ingressi in sicurezza (solitamente in aereo) ma molto più costosi. «Per avere un nulla osta – ha spiegato il collaboratore di giustizia – ci si reca in diverse Prefetture italiane e si fa richiesta per persone diverse quale propria moglie. Un certo W. Y., nato in Eritrea nel 1980 o 1981, ha chiesto la riunione per motivi familiari alle Prefetture di Agrigento, Pisa, Pescara, Avellino e Roma, indicando per ciascuna di tale pratica una donna diversa. Per ogni ricongiungimento si paga una cifra di 15 mila dollari. Il nulla osta della Prefettura italiana viene inviato in Eritrea e poi presentato all’ambasciata italiana che consente il ricongiungimento. Dopo che la persona ottiene il visto in Eritrea vola su Fiumicino, e da lì dopo qualche giorno si reca nel Nord Europa. Tutti i matrimoni sono fittizi e io posso fornire documentazione che conservo nella mia posta elettronica di centinaia di ricongiungimenti falsi che ho curato». Magistrati e poliziotti hanno rintracciato le pratiche di almeno 48 falsi ricongiungimenti familiari.”di Giovanni Bianconi (fonte:corriere.it)

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