Graffiare il viso integra il reato di lesioni

graffio
“Non di rado accade che la gelosia possa portare uno dei due partner a compiere azioni inconsulte, impulsive e sconsiderate. E’ appunto il caso dell’aggressione compiuta in danno del rivale d’amore. Proprio così. Non si badi, certamente, ai casi eclatanti in cui le lesioni riportate dalla persona “attaccata” siano gravissime. Quello affrontato dalla Suprema Corte di Cassazione è uno dei casi più semplici e, se vogliamo, banali che possano capitare in un litigio. Nota a Corte di Cassazione, sezione V, Sentenza del 19 dicembre 2013, n. 51393.

Sommario: 1. Il Caso – 2. Cenni sul reato di lesioni – 3. La decisione

1. Il Caso

Durante un alterco intercorso tra due donne (moglie e amante) per motivi di gelosia sentimentale, la prima cagionava alla seconda un graffio al viso procurandole una prognosi di dieci giorni.

Tanto il giudice di pace, quanto il Tribunale in funzione di giudice d’appello, assumendo per fondata la versione fornita dall’imputata e dal marito, hanno ritenuto che quel graffio non fosse idoneo ad integrare il reato di lesioni. La Suprema Corte di Cassazione, investita del ricorso proposto dalla costituita parte civile, ovvero sia l’amante, ha invece privilegiato una decisione ben differente.

2. Cenni sul reato di Lesioni

Il reato che in questo particolare caso ci occupa, è quello di cui all’art. 582 c.p. il quale prescrive che chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Al secondo comma, poi, la norma incriminatrice afferma che se la malattia ha una durata non superiore a venti giorni, e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 583 e 585 c.p., ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’art. 577 c.p., il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Proprio all’interno della cornice descritta nel secondo comma si inserisce il caso sottoposto all’attenzione della Corte, essendo la prognosi inferiore a venti giorni e non essendo stata contestata né ritenuta sussistente alcuna delle circostanze aggravanti sopra menzionate.

La norma sanziona penalmente la lesione personale lieve, da cui deriva una malattia di durata tra i ventuno ed i quaranta giorni, e lievissima, da cui deriva una malattia di durata non superiore ai venti giorni.

La norma de qua è posta a tutela dell’integrità fisica dell’individuo. Trattasi di reato comune che richiede, ai fini della sua configurabilità, sotto il profilo oggettivo, una condotta idonea a cagionare, nella persona offesa, una malattia, intendendosi tale una qualsiasi alterazione, anatomica o funzionale dell’organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali.

Per malattia[1] si intende qualsiasi processo patologico acuto o cronico, localizzato o diffuso, idoneo a determinare un apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo fisico (malattia nel corpo) o psichico (malattia nella mente).

In altri termini, la condotta richiesta dalla norma m esame consiste, trattandosi di un reato a forma libera, in qualsivoglia manomissione fisica dell’altrui persona. Sotto il profilo soggettivo, è necessario che il soggetto agente sia animato dal dolo generico, ovvero dalla consapevolezza e volontà di realizzare la condotta richiesta dalla norma incriminatrice. Se il fatto è stato commesso con il dolo che è proprio del delitto di omicidio, come nel caso frequentissimo della ferita inferta animo necandi, il soggetto risponderà di omicidio tentato. Il reato di lesione personale resterà in tal caso assorbito nel reato maggiore, essendo necessariamente contenuto in esso.

Il verificarsi della malattia che è il vero evento naturalistico della lesione personale, segna il momento consumativo del reato. Nessun dubbio sulla configurabilità del tentativo.

Il reato di lesione personale viene meno ove la condotta lesiva sia scriminata dal fatto di essere stata posta in essere nell’esercizio di attività inclusa in competizioni sportive ovvero di attività medico chirurgica (ove sussistano i presupposti elaborati dalla giurisprudenza.” di Fabio Zambuto (fonte:camminodiritto.it)

FacebookTwitterEmailTelegramShare

I Commenti sono chiusi