La Procura contro il reato di clandestinità: «Inutile e inefficace»

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Nel 2015 indagati 3.273 illegali: archiviati quasi tutti i fascicoli «Sprecate risorse economiche e umane con scarsi risultati»
UDINE. Il reato di immigrazione clandestina? Uno «spreco di tempo e di risorse immane», oltre che una norma «totalmente inutile e inefficace». Il procuratore capo di Udine, Antonio De Nicolo, lo va ripetendo da tempo e le parole pronunciate ieri dal presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, non fanno che rafforzarne la convinzione.
Sono i dati in possesso del suo ufficio a suggerirgli un giudizio così tranchant. «Condannare un clandestino a pagare un’ammenda di 5 mila euro che, ovviamente, non verserà mai, perchè non li ha e perchè magari è già sparito dalla circolazione – dice –, non aumenta di una virgola la sicurezza del cittadino. Eppure, oggi, è questo che la legge prevede e che ci obbliga ad aprire fascicoli su fascicoli per il reato 10 bis (ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, ndr)». Una marea e quasi tutti destinati a restare lettera morta.

«Nel corso del 2015 – continua De Nicolo – abbiamo indagato 3.273 clandestini, avviando un totale di 684 procedimenti penali. Ma, in linea con il nostro orientamento e anche con quello dei giudici di pace, la maggior parte è stato o sarà archiviato. Si tratta di gente in fuga da zone di guerra – spiega – e che, quindi, varca illegalmente i nostri confini per “stato di necessità”». Nel valutare e chiedere l’archiviazione delle singole posizioni, la Procura parte appunto da questa motivazione, oppure da quella, non meno frequente, dell’«irrilevanza del fatto».
L’ulteriore riprova di quante energie vengano disperse in attività destinate a lasciare irrisolto il problema si ricava anche da qui. «Per avere un’idea di quanti soldi vengano buttati al vento – osserva De Nicolo –, basta fare la conta delle professionalità impiegate per ciascun fascicolo: dal pm e il suo assistente, al personale di cancelleria che trasmette gli atti al giudice di pace, a quest’ultimo e il suo assistente che li esaminano, al cancelliere dell’esecuzione. Senza contare le forze dell’ordine che hanno rintracciato l’immigrato e l’interprete chiamato di volta in volta a fare da traduttore tra le parti. Ecco – incalza il procuratore –, a questo punto mi si deve spiegare cosa c’entri un’ammenda con tutto questo. Il cittadino chiede prevenzione e soltanto un controllo mirato delle persone che transitano sul territorio può dare una risposta alla popolazione».
Non è finita. Perchè, per com’è impostata, la norma finisce addirittura per ostacolare il contrasto delle forze dell’ordine al fenomeno. «Finchè continuerà a esistere il reato di clandestinità – aggiunge De Nicolo –, l’immigrato non potrà essere sentito come teste. Mi spiego: se un gruppo di richiedenti asilo viene rintracciato nel cuore della notte a Tarvisio e uno di loro decide di rompere il muro dell’omertà e raccontare agli inquirenti chi o dove sia l’uomo che li ha illegalmente trasportati in Italia, non può farlo, in quanto indagato. A rigor di legge, bisogna trovare e attendere l’arrivo di un avvocato, perchè le sue dichiarazioni possano avere una qualche validità nelle indagini finalizzate a individuare il passeur. L’unico “conforto” – è l’amara conclusione – è che ultimamente il “passeur” sembra passato di moda: gli immigrati si muovono con altri mezzi, sempre più spesso in treno».” di Luana de Francisco (fonte:messaggeroveneto.gelocal.it)

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