Giudice di Pace eccepisce l’illegittimità costituzionale della non punibilità per particolare tenuità del fatto per mancata previsione che l’imputato possa esprimere in maniera vincolante il proprio dissenso

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Pubblichiamo l’ordinanza del gdp di Matera sull’illegittimità costituzionale della non punibilità per particolare tenuità del fatto per mancata previsione che l’imputato possa esprimere in maniera vincolante il proprio dissenso
Reg. ord. n. 215 del 2015 pubbl. su G.U. del 28/10/2015 n. 43
Ordinanza del Giudice di pace di Matera del 07/05/2015
Oggetto:
Reati e pene – Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto – Denunciata mancata previsione che l’imputato possa esprimere in maniera vincolante il proprio dissenso in ordine alla definizione del processo con sentenza declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto (sentenza poi iscritta nel casellario giudiziale) – Lesione del diritto di difesa e del diritto ad un giusto processo – Violazione del principio di non colpevolezza – Lesione del diritto alla tutela della propria onorabilità e reputazione – Violazione del principio di ragionevolezza.

Norme impugnate Num. Art. Co. Nesso
codice penale 131 bis inserito dall’ (collegamento a Normattiva)
decreto legislativo 16/03/2015 28 1 2 (collegamento a Normattiva)
decreto legislativo 16/03/2015 28 4 (collegamento a Normattiva)

Parametri costituzionali Num. Art. Co. Nesso
Costituzione 2 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 3 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 24 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 27 (collegamento a Normattiva)
Costituzione 111 (collegamento a Normattiva)
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza 3
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza 48

Testo dell’ordinanza
N. 215 ORDINANZA (Atto di promovimento) 07 maggio 2015

Ordinanza del 7 maggio 2015 del Giudice di pace di Matera nel
procedimento penale a carico di B.R..

Reati e pene – Disposizioni in materia di non punibilita’ per
particolare tenuita’ del fatto – Denunciata mancata previsione che
l’imputato possa esprimere in maniera vincolante il proprio
dissenso in ordine alla definizione del processo con sentenza
declaratoria di non punibilita’ per tenuita’ del fatto (sentenza
poi iscritta nel casellario giudiziale) – Lesione del diritto di
difesa e del diritto ad un giusto processo – Violazione del
principio di non colpevolezza – Lesione del diritto alla tutela
della propria onorabilita’ e reputazione – Violazione del principio
di ragionevolezza.
– Codice penale, art. 131-bis [inserito dall’art. 1, comma 2, del
decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 29]; decreto legislativo 16
marzo 2015, n. 29 (recte: n. 28), art. 4.
– Costituzione, artt. 2, 3, 24, 27 e 111; Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea di Nizza, artt. 3 e 48.

(GU n. 43 del 2015-10-28)

IL GIUDICE DI PACE DI MATERA

Ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale Art.
134 Costituzione e 23, co. 2° Legge 11 marzo 1953 n. 87.
Il Giudice dott. Pietro Santoro, chiamato a decidere per
competenza in ordine al procedimento penale iscritto al n. 36/10 RG a
carico di B.R. nt. l’11 dicembre 1950, imputata dei reati di cui agli
art. 81 cpv 612 e 582 cp.;
Rilevato che nel nostro Ordinamento e’ stato introdotto il
decreto legislativo 16 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 64 del 18 marzo 2015 – Disposizioni in materia di non
punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, a norma dell’art. 1,
co. 1, lettera m) della legge 28 aprile 2014, n. 67;
Rilevato che detto ultimo articolo ha conferito delega al Governo
per «escludere la punibilita’ di condotte sanzionate con la sola pena
pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque
anni, quando risulti la particolare tenuita’ dell’offesa e la non
punibilita’ del comportamento, senza pregiudizio per l’esercizio
dell’azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la
relativa normativa processuale penale»;
Rilevato ancora che la norma fondamentale di riferimento e’
quella contenuta nell’art. 131-bis del Cp, introdotta con il decreto
succitato che, in ossequio alle indicazioni di delega, configura la
possibilita’ di definire il procedimento con la declaratoria di non
punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto relativamente ai reati
per cui e’ prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a
cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena
detentiva;
Rilevato inoltre che ai fini della declaratoria di non
punibilita’ assumono rilievo gli indici-criteri (secondo la nozione
datane nella Relazione di accompagnamento) della «particolare
tenuita’ dell’offesa», a sua volta desumibile dalle «modalita’ della
condotta» e dalla «esiguita’ del danno del pericolo» derivato dal
reato, e dalla «non abitualita’ del comportamento» rilevato altresi’
che il reato per cui questo Giudice e’ chiamato a decidere rientra
astrattamente m quelli previsti dall’art. 131-bis Cp, per cui
dovrebbe (o potrebbe trovare) applicazione «declaratoria di non
punibilita’,

Osserva

Questo Giudice non ignora le finalita’ di deflazione processuale
perseguite dal Legislatore con l’introduzione della nuova normativa
introdotta;
Dal punto di vista procedurale l’art. 131-bis Cp e’ la norma di
riferimento, presa in esame in questa fase di giudizio, allorquando
la declaratoria intervenga dopo l’esercizio dell’azione penale-
sebbene la causa di non punibilita’ puo’ essere applicata anche
durante la fase dell’indagini preliminari in quanto l’art. 411-bis
Cpp prevede che possa essere disposta l’archiviazione per particolare
tenuita’ del fatto ed in quest’ultimo caso la peculiarieta’, rispetto
alla applicazione successiva all’esercizio dell’azione penale,
consiste in un meccanismo di interlocuzione dell’indagato e della
della persona offesa, che possono censurare nel merito la richiesta
di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero.
Orbene, al di la’ delle condivisibili finalita’ perseguite dal
Legislatore, non puo’ sfuggire all’operatore del diritto chiamato ad
applicare la norma indicata (art. 131-bis Cp), che il sistema
normativo introdotto con il decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28
si pone in contrasto con principi e valori di rango costituzionale
quali, per l’imputato:
il diritto alla difesa (art. 24 Cost), inviolabile in ogni
stato e grado del procedimento, il diritto ad un giusto processo
(art. 111 Cost.) nella misura in cui non viene consentito 1) che il
processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, 2) di esercitare
la facolta’, davanti al Giudice di interrogare o far interrogare le
persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la
convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse
condizioni dell’accusa e l’aquisizione di ogni altro mezzo di prova a
suo favore, 3) che il processo penale sia retto dal principio del
contraddittorio nella formazione della prova;
Viene altresi’ leso il diritto a non essere considerato colpevole
fino alla sentenza definitiva di condanna (cd. Presunzione di non
colpevolezza – art. 27 Cost. e art. 48 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea) nonche’ il diritto alla tutela
della propria onorabilita’ e reputazione (art. 2 e 3 Cost. ed art. 3
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea).
E neppure si puo’ sottacere che il decreto legislativo 16 marzo
2015 n. 98, introduce degli aspetti di inquisitorieta’ che si pongono
in aperto ed irragionevole contrasto con l’impianto del nostro
sistema penale, riformato in questo senso nell’anno 1992 ed
improntato al principio accusatorio nell’ambito del quale la prova,
specie quella orale, si forma in dibattimento, nel contraddittorio
nelle parti salvo specifiche eccezioni espressamente regolamentate
dalla legge.
Orbene, l’art. 132-bis Cp prevede che, dopo l’esercizio
dell’azione penale, la definizione del giudizio possa avvenire con
sentenza anche prima del dibattimento, nella ricorrenza dei
presupposti di cui all’art. 469 Cp, ovvero all’esito del giudizio
(ergo, in esito all’udienza preliminare o in esito al dibattimento).
Proprio tale fattispecie – sentenza prima del dibattimento – e’
quella che manifesta le maggiori criticita’ di contrasto con il
dettato costituzionale.
Difatti il Giudice, anziche’ accertare il fatto in tutti i suoi
elementi essenziali attraverso il ricorso al dibattimento, si ritrova
a dover verificare, pre-dibattimentalmente (quindi attraverso l’esame
dei soli documenti contenuti nel fascicolo del dibattimento – e
pertanto attraverso l’esame del capo di imputazione contenuto nel
decreto di citazione a giudizio, il certificato del Casellario
giudiziale ed eventuali atti dal contenuto irripetibile) soltanto la
particolare tenuita’ dell’offesa, le modalita’ della condotta, la
esiguita’ del danno o del pericolo derivato dal reato e la non
abitualita’ del comportamento. E’ di tutta evidenza, che il Giudice,
non inoltrandosi nel merito, e’ costretto ad abdigare – con
svilimento della funzione – dalle sue prerogative di accertare il
fatto in posizione di estraneita’, e quindi di terzieta’ ed
imparzialita’, che costituiscono la essenza stessa della
Giurisdizione, (art. 111 Cost. co. 2). Difatti, il giudizio (rectius
la valutazione) del Giudice rimane vincolato irragionevolmente alle
valutazioni finali dell’Organo dell’accusa che raccolto il materiale
probatorio nel segreto istruttorio, unilateralmente, nel corso delle
indagini preliminari; valutazioni, inoltre, basate per dato di
esperienza su atti provenienti dalla persona offesa (es: querele,
dichiarazioni o produzioni) parte interessata per antonomasia.
Ebbene, il Giudice, viene cosi’ spogliato delle sue prerogative
e, quasi fosse un mero organo rogante, e’ chiamato ad avallare, senza
contraddittorio, le prospettazioni e valutazioni del PM. Il tutto,
sacrificando anche il principio del proprio libero convincimento.
Grazie a questo meccanismo, introdotto dal decreto legislativo de
quo, l’imputato – magari innocente – senza alcun contraddittorio e
senza la benche’ minima possibilta’ di difendersi, potrebbe vedersi
attinto da sentenza di non doversi procedere ex art. 131-bis Cp., per
il solo fatto di essere stato rinviato a giudizio, (l’inconveniente
e’ particolarmente avvertito nel procedimento innanzi al Giudice Pace
disciplinato dal decreto legislativo n. 274/2000, che non prevede
l’istituto della chiusura delle indagini e la facolta’ per l’indagato
nei 20 giorni successivi di esercitare le facolta’ difensive di cui
all’art. 415 Cpp. e nel quale non di rado, l’imputato viene rinviato
a giudizio sulla base della sola querela sporta dalla persona
offesa).
Ed a nulla varrebbe una manifestazione di volonta’ contraria
dell’imputato – diretta a voler sostenere il processo per dimostrare
la propria innocenza – poiche’ il Decreto Legislativo 16 marzo 2015
n. 28 non prevede che quest’ultimo possa dissentire da un’eventuale
sentenza di non doversi procedere per particolare tenuita’.
Orbene, si osserva che il meccanismo adottato dal Legislatore,
come detto finalizzato alla deflazione processuale non porrebbe
problemi di sorta circa il rispetto dei valori lesi della
Costituzione se la emissione della sentenza di declaratoria di
improcedibilita’ non avesse ripercussioni negative sulla sfera
giuridica dell’imputato (che, come si e’ visto, nulla puo’ fare per
opporsi alla declaratoria di non punibilita’)
Ed invece, a ben vedere proprio tale declaratoria, quando e’
emessa dopo l’esercizio dell’azione penale ma prima del dibattimento,
incide negativamente sugli interessi giuridici della persona
sottoposta a processo.
Difatti, l’art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 2015 rende
possibile l’iscrizione nel Casellario giudiziale dei provvedimenti in
materia di particolare tenuita’ del fatto.
Cio’ comporta che:
1) restera’ traccia nel casellario giudiziale al fine di
evitare che l’iscritto, in caso di nuovo procedimento possa essere
considerato un soggetto non abituale;
2) l’iscrizione finisce per ledere, indubitabilmente, il
diritto all’onorabilita’ dell’imputa o che si ritrova
nell’impossibilita’ di difendere il suo buon nome.
Si avra’ la indefettibile conseguenza che l’imputato, pur se
innocente del reato ascrittogli, a causa dell’iscrizione intervenuta,
si’ trovera’ nelle condizioni di non poter usufruire di una
declaratoria di improcedibilita’ qualora dovesse davvero commettere
un fatto rilevante penalmente che rientrasse nelle previsioni del
decreto legislativo.
Ma, ancor piu’ grave e’ la lesione della sua onorabilita’ poiche’
si troverebbe, ingiustamente, soltanto perche’ querelato a ritrovarsi
una iscrizione penale nel casellario giudiziale.
E’ allora evidente che la norma di cui all’art. 131-bis Cp
(derivante dall’art. 1 decreto legislativo n. 28/2015) e quella di
cui all’art. 4 del suddetto decreto (che ha modificato il decreto del
Presidente della Repubblica 14 novernbre 2012 n. 313 recante
disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni ammninistrative dipendenti da
reato e dei relativi carichi pendenti) risultano incostituzionali
nella parte in cui statuiscono che il giudice, dopo l’esercizio
dell’azione penale, senza alcun approfondimento dibattimentale,
emetta sentenza declaratofia di non punibilita’ che dara’ luogo alla
relativa iscrizione nel casellario giudiziale; l’incostituzionalita’
di dette norme e’ pertanto legata alla mancata previsione che
l’imputato possa esprimere al Giudice, in maniera vincolante, il
proprio dissenso in ordine alla definizione del giudizio con sentenza
di improcedibilita’ per lieve entita’, in maniera, tale che, una
volta manifestato tale volonta’ negativa, debba procedersi
all’accertamento del fatto, dibattimentalmente e solo all’esito in
mancanza di presupposti per l’assoluzione, procedere con la
declaratoria di improcedibilita’).
Il Giudice, ritenuta pertanto la rilevanza ai fini della
decisione e la non manifesta infondatezza della questione di
legittimita’ costituzionale degli art. 131-bis Cp e dell’art. 4 del
decreto legislativo n. 29/2015 in riferimento ai principi di rango
costituzionale di seguito indicati: il diritto alla difesa (art. 24
Cost), il diritto ad un giusto processo (art. 111 Cost) nella misura
in cui non viene consentito 1) che il processo si svolga nel
contraddittorio tra le parti, 2) di esercitare la facolta’, davanti
al Giudice, di interrogare o far interrogare le persone che rendono
dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e
l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni
dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo
favore, 3) che il processo penale sia retto dal principio del
contraddittorio nella formazione della prova, il diritto a non essere
considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna (cd.
Presunzione di non colpevolezza – art. 27 Cost e art. 48 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) ed il diritto alla
tutela della propria onorabilita’ e reputazione (art. 2 e 3 Cost. ed
art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea),
principio di ragionevolezza in quanto il Giudice irragionevolmente e’
chiamato ad esprimere, una valutazione in ordine alla gravita’ o
tenuita’ del fatto rimanendo tuttavia vincolato in maniera esclusiva
alle valutazioni espresse dal P.M. A seguito delle indagini
preliminari, letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione e 23
c. 2° Legge 11 marzo 1953 n. 87.

P.Q.M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la sollevata,
ex officio, questione di legittimita’ costituzionale dell’ art 131
bis Cp e dell’art. 4 del decreto legislativo 29/2015 in riferimento
ai principi di rango costituzionale come innanzi indicati (art. 24
cost., art. 111 cost., art. 27 cost e art. 48 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, art 2 e 3 cost. in relazione al
diritto alla propria onorabilita’ e dignita’ morale ed art. 3 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, criterio di
ragionevolezza), nella parte in cui manca la previsione che
l’imputato possa esprimere al Giudice, e questi ne debba tener conto
in maniera vincolante, il proprio dissenso in ordine alla definizione
del processo con sentenza ‘declaratoria di non punibilita’ per
tenuita’ del fatto; sentenza, da cui scaturisce per dettato normativo
la iscrizione nel casellario giudiziale.
Dispone l’immediata trasmissione della presente ordinanza, in uno
agli atti del presente fascicolo alla Corte Costituzionale e sospende
il giudizio in corso.
Manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza, di cui si e’ data lettura alle parti all’odierna udienza,
al Presidente del Consiglio dei ministri e per la sua comunicazione
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi’ deciso in Matera il 7 maggio 2015

Il Giudice: dott. Pietro Santoro

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