Precari della Giustizia e Giustizia per i Precari

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“Precari della Giustizia e Giustizia per i Precari storia di un paradosso inaccettabile dal lavoro nero al lavoro in nero
Parlare della Magistratura Onoraria in Italia non è semplice, né – sotto il profilo della cdd “opinione pubblica – neanche conveniente. Non è tecnicamente comprensibile né più interessante di tanto per la gran parte dei lettori (niente sangue e niente scandalo per intenderci).
Ma a ben vedere lo scandalo c’è eccome!
In un momento storico di forte delegittimazione della Categoria dei Magistrati legata a recenti e note vicende di rilievo nazionale e locale (si pensi allo scandalo che ha colpito la sezione Misure di Prevenzione di uno dei Tribunali più di “frontiera” del Paese) non può non parlarsi di Chi, ogni giorno e senza batter ciglio, dedica ogni energia all’Amministrazione della Giustizia, in cambio di pochi spicci e con il sacro fuoco della passione per un Paese migliore.
Già nei numerosi comunicati stampa della categoria che si sono avvicendati nel tempo si è parlato di : “Giudici in prima linea a costo zero”, “Precari della Giustizia” od addirittura “ fuori legge ”.

Per comprendere la portata della scandalosa situazione che ormai si sta cronicizzando, con la compiacenza del Governo che nulla ha fatto e – sembra – farà per risolvere il problema, occorre fare una brevissima premessa che chiarisca cosa è la Magistratura Onoraria.
Il regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, meglio conosciuto come “Ordinamento giudiziario”, tuttora vigente, prevede varie figure di magistrato onorario.
La previsione della magistratura onoraria tra origine inoltre da un articolo della nostra Carta Costituzionale ( 106, comma 2) che stabilisce: “La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”.
L’impiego dei magistrati onorari nel nostro – come in altri paesi – può essere variamente rintracciato a seconda dello specifico periodo storico ma oggi il fenomeno ha assunto dimensioni impressionanti tanto da passare da strumento di supporto a fondamento del sistema Giustizia.
Non di rado – nella storia del paese – è parso poco produttivo, oltre che dispensioso, affidare cause di non ampia complessità a giudici ordinari, tali cause venivano così affidate a giudici “minori” reclutati per brevi periodi di tempo. Si pensi – ad esempio – al giudice conciliatore, magistrato onorario per antonomasia.
L’ordinamento quindi dopo aver sancito che i giudici sono normalmente reclutati per concorso, apre la possibilità alla nomina di magistrati (giudicanti e requirenti) anche attraverso altri canali di reclutamento.
La norma dell’art. 106 Cost., non è però stata attuata completamente. Infatti, se la legge n. 303/1998 ha dato attuazione (dopo 50 anni) al terzo comma dell’art. 106 Cost., non è stata data attuazione compiuta al secondo comma.
In sua vece è stata prevista una disciplina concepita sin dalle origini come transitoria e relativa all’introduzione delle figure di giudice onorario di tribunale e vice procuratore onorario, pressocchè contestuali alla soppressione del pretore.
Il D. Lgs. n. 51/1998 prevedeva nella sua versione originaria, all’art. 213, che entro 5 anni si effettuasse la riforma della magistratura onoraria. Il termine è stato spostato varie volte e a tutt’oggi giace in Parlamento la legge di riforma di tale categoria di magistrati.
A nulla è valsa, e nessuna tesaurizzazione è stata quindi tratta, dai numerosi aspetti negativi e disfunzioni delle cdd “sezioni stralcio” destinate – peraltro – ad esaurire il carico Pretorile ma rivelatasi presto un cul de sac per la durata irragionevole di processi anche semplici
Oggi esistono quindi varie tipologie di magistrati onorari, diversi per poteri, funzioni, durata o compensi, accomunati solo dall’esercizio della giurisdizione. Vi sono infatti :
Il giudice di pace;
Il giudice onorario aggregato;
Il giudice onorario di tribunale (GOT);
Il vice procuratore onorario (VPO);
Accanto a questi giudici onorari ve ne sono altri che a vario titolo intervengono nel processo, oppure che si occupano di giurisdizioni diverse.
Tra i primi si annoverano i giudici onorari del tribunale per i minorenni, esperti nel campo dell’assistenza ai minori che fanno parte del collegio giudicante con potere pari a quello dei giudici di carriera,; gli esperti della sezione specializzata agraria; gli esperti del tribunale di sorveglianza , i giudici popolari, cioè quelle persone estranee alla giustizia, ma cittadini comuni che nelle Corti d’assise e di assise d’appello costituiscono l’organo giudicante (talvolta definiti giurati impropriamente per suggestione da fiction d’oltre oceano).
Tra i secondi, i giudici con funzioni di consiglieri di cassazione, designati per meriti insigni dal Consiglio superiore della magistratura ed i componenti delle Commissioni tributarie.
A differenza che nella gran parte degli altri paesi, in cui tale figura è prevista dall’ordinamento, in Italia le nomine dei Magistrati Onorari non sono di natura politica, ma vengono reclutati mediante uno specifico concorso per titoli (da cui emerge una graduatoria ammissiva) e quindi nominati con decreto del Ministero.
Secondo gli ultimi dati resi noti dal CSM i numeri sono veramente impressionanti :Componente privato corte appello minorenni 361, Componente privato tribunale minorenni 724, Esperto di sorveglianza 445, Esperto di tribunale Acque Pubbliche 30, Giudice ausiliario di Corte di Appello 142, Giudice di pace 1760, Giudice onorario di tribunale 2161, Vice procuratore onorario 1791.
Sono quindi ben 7414 i Magistrati Onorari su cui oggi il “sistema Giustizia” può contare.
Il Giudice di pace nasce di fatto nel 1991 (in sostituzione del vecchio giudice conciliatore che non riceveva un compenso ed aveva competenze assai ridotte) ed ha competenze in materia civile e penale (quest’ultima dopo qualche tentennamento, estesa con un originale sistema sanzionatorio – parzialmente inattuato – solo nel 2000 con il D. Lgs n. 274/2000) e riceve un compenso commisurato prevalentemente ai provvedimenti adottati.
L’incarico dura quattro anni, rinnovabile per un ulteriore quadriennio ma anche in questo caso il ruolo si è ormai di fatto stabilizzato
Per quel che interessa ai fini della presente trattazione la Magistratura Onoraria sulla quale grava il carico prevalente e quotidiano dell’Amministrazione della Giustizia (penale, ma anche civile) è composta, essenzialmente, da due delle figure di cui sopra si è cennato: Vice Procuratori Onorari (VPO) e Giudici Onorari di Tribunale (GOT).
Il giudice onorario di tribunale (GOT) ha competenza in materia civile e penale in tutti i casi in cui la competenza è monocratica, salvo per i reati per i quali è prevista l’udienza preliminare, ovvero di un unico giudice secondo le norme dei codici di rito. La sua durata sarebbe dovuta essere di 3 anni rinnovabili per un ulteriore triennio (in ragione della “contingenza” coeva al suo concepimento).
Ne esistono alcuni in “servizio” da oltre 15 anni.
Quanto ai VPO, l’art. 71 dell’Ordinamento giudiziario (R.D. n. 12/1941), stabilisce che alle procure della Repubblica presso il tribunale Ordinario possano essere addetti magistrati onorari per l’espletamento delle funzioni che sono elencate nel successivo art. 72 nonché delle altre funzioni a essi attribuite dalla legge.
Il vice procuratore onorario (VPO) è quindi un magistrato inquirente che rappresenta l’ufficio del pubblico ministero in tutte le cause penali di competenza del tribunale in composizione monocratica, e del giudice di pace, nonché nelle cause civili in cui la legge ne impone la presenza (ad es. nei procedimenti per interdizione). Essi svolgono le funzioni di pubblico ministero in udienza per delega nominativa del procuratore della Repubblica a cui sono sottoposti gerarchicamente. Infine, possono anche coordinare le indagini dei casi di competenza del giudice di pace. Le funzioni proprie del pubblico ministero sopra descritte, sono delegabili ai vice procuratori onorari in forza del disposto dell’art 72 dell’Ordinamento giudiziario (r.d.30.1.1941 nr. 12).
Di certo si tratta di una figura lavorativa atipica (ma atipica assai, come confermeranno anche alcune recenti pronunzie giurisdizionali) ma tanto comoda alla Giustizia Italiana, alla Magistratura Togata che delega molto del suo lavoro sulle spalle dell’Onoraria, e quindi – in sintesi (ma non tanto) al Popolo tutto (nel cui nome, è bene ricordarlo, ogni forma di Juris dictio, è amministrata ed esercitata).
Va subito precisato che – in termini di tutela e trattamento retributivo – ma in molti casi a parità di responsabilità – tra Magistratura Onoraria e Togata (di ruolo su concorso) c’è un abisso.
Il problema non è – né potrà mai esserlo – il “paragone” tra le due categorie ai fini di una loro equiparazione.
L’argomento – così posto – ha fatto assai comodo ai detrattori della sostanza e sacralizzatori della forma.
Il problema oggi (come un tempo purtroppo) non è assolutamente da porre in termini equiparativi a questo o quel ruolo della P.A., sarebbe illogico, antigiuridico e poco sensato.
Tale approccio ermeneutico è proprio quello che – pur essendo stato portato avanti assai di rado e decenni fa – è però quello che oggi i detrattori dei diritti di tale categoria di lavoratori, amano rinvangare.
Il punto di vista corretto è quello di verificare quali tutele e quali peculiarità abbia e spettino a tale “anomala” categoria di precari.
Se sol si riflette sulla circostanza per cui solo in Italia può accadere che tre tra le più importanti categorie di soggetti, utili alla crescita ed allo sviluppo di un paese e dei suoi consociati, abbiano passato le tribolazioni che tutti conosciamo, restando in un limbo precariale da terzo mondo, vien da ridere (o da piangere, secondo la predisposizione dell’interprete).
L’Italia è infatti uno dei pochi paesi al mondo dove gli insegnanti (senza i quali la società non progredirebbe), i medici (senza i quali la società si ammalerebbe e morirebbe), ed i Giudici (senza i quali regnerebbe il Caos e la regressione) non abbiano ricevuto un’organica e compiuta tutela giuslavoristica condannati a precariato sine die.
I numeri, quelli veri, fanno spavento.
I Vpo (sostanzialmente i facenti funzioni del P.M. nei processi, ergo dell’accusa PUBBLICA) rappresentano l’Ufficio del pubblico ministero nell’80-85% dei processi davanti al giudice monocratico.
Per i Got non esistono statistiche disaggregate rispetto ai giudici professionali (e non sembra essere un caso, anche perché da tempi ormai risalenti non vengono più impiegati nel solo rito monocratico, ma sono stati inseriti all’interno dei collegi giudicanti).
Nelle intenzioni originarie c’era quella di ricorrere al Got quando l’ufficio non riesce a smaltire i fascicoli in gestione.
E’ ormai di comune dominio che l’Organico della Giustizia però soffre un sottodimensionamento cronico ed ingestibile per cui la Magistratura Onoraria è divenuta condizione essenziale per la stessa sopravvivenza dell’intero sistema.
Una statistica di qualche tempo fa indicava che a fronte di 8.469 magistrati ordinari in servizio in uffici giudiziari, operavano 5.750 magistrati onorari (tra giudici di pace, Got e Vpo).
Un dato di chiara evidenza che da solo rappresenta la necessarietà di tali figure per il corretto funzionamento della macchina della Giustizia.
Quello che era nato come strumento temporaneo e contingentale, deflattivo del carico giudiziario per consentire finalmente il raggiungimento di un’equilibrio nell’ORDINARIA gestione di un servizio fondamentale come la Giustizia è diventato oggi l’asse portante del sistema stesso.
In pratica l’intero sistema poggia oggi su palafitte di legno non su fondamenta di cemento.
E si vedrà che il legno (stando alle cronache di questi giorni) è assai meno robusto, e se crolla rischia di far accartocciare su se stessi tutti i piani soprastanti.
Come dire che una banca per penetrare meglio un nuovo mercato assuma degli stagisti, poi, progressivamente – piuttosto che consolidare la propria posizione con la dirigenza già in servizio – affida agli stagisti il compito di gestire il nuovo traguardo ma senza assumerli mai lasciandoli in una perenne condizione di precarietà nonostante costituiscano il cuore dell’azienda.
Ma è l’analisi di quanto viene pagato un lavoratore del genere che disvela le reali dimensioni del problema e la particolare ripugnanza dell’attuale comportamento Statuale.
A fare il Got o il Vpo certo non si diviene ricchi.
La retribuzione consiste in 98 euro lordi, ovvero 73 euro netti per ogni delega ricevuta (comunque non più di due al giorno, i giudici onorari sono delegabili solo per le udienze, i viceprocuratori anche per altre attività di ufficio ma non per lo studio dei fascicoli (che pure è indispensabile e assorbe buona parte del tempo) e dovrebbe ormai essere chiaro che ‘netti’ vuol dire al netto delle imposte ma ‘senza rete’, né assistenziale né previdenziale.
Paola Bellone, Vpo a Torino da 14 anni, nel suo libro “Precari (fuori)legge-Ogni giorno in tribunale” (Round Robin editore, 2013) racconta di un collega che, infortunatosi durante il viaggio per raggiungere la sede distaccata del tribunale, non si è visto riconoscere dal Tar la richiesta di indennizzo Inail in quanto «il magistrato onorario non ha diritto alla liquidazione dell’equo indennizzo per un infortunio occorso in itinere, non essendo la disciplina dettata dall’ordinamento per il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio e per l’equo indennizzo estensibile alla categoria dei magistrati onorari».
Ma quali le vere differenze (per quanto al rito monocratico ed il lavoro quotidiano) con la Magistratura Togata?
Ben poche visto che a Palermo, ad esempio, ogni VPO arriva a trattare una media di 250/300 processi al mese, svolge indagini, coadiuva il P.M. togato in processi di particolare importanza ed ha una competenza che arriva sino a reati che prevedono la reclusione fino a dieci anni.
Si tratta di omicidi colposi, anche per colpa medica, estorsioni, furti, rapine, ricettazioni, diffamazioni (anche a mezzo stampa), ingiurie, stalking, lesioni, spaccio di stupefacenti, reati finanziari, truffe o false testimonianze, anche nei casi in cui derivino da processi trattati in Corte di Assise, che abbiano avuto ad oggetto omicidi volontari o sequestri di persona o in genere reati che, prevedendo una pena detentiva superiore a dieci anni, sono di competenza “superiore” al Tribunale Monocratico.
Molte delle deleghe eccedono però i poteri originariamente attribuiti.
Processi di questo tipo richiedono, quindi, oltre che evidentissime responsabilità (!), anche e soprattutto preparazione, competenza, professionalità, studio, capacità di saper padroneggiare l’udienza in cui vi sono imputati, anche pericolosi e numerosi testimoni che si avvicendano.
Processi di questo tipo, però, se da una parte possono essere professionalmente gratificanti, presentano dall’altra diversi inconvenienti, e non di scarsa importanza, e non soltanto logistici.
Le ire e le rimostranze che suscita un “Servitore dello Stato” che fa il suo dovere perseguendo i colpevoli, non abbisognano di grandi spiegazioni.
Ma gli imputati – nel predetto 80 e passa per cento dei processi cui assistono – con chi se la prendono?
Con il nome che firma un foglio di carta o con l’ESSERE UMANO che vedono all’opera?
Rischi senza coperture.
Lanci con il paracadute senza paracadute appunto, perché di tutele al riguardo, neanche l’ombra.
Nel foro Panormita non sono stati infrequenti episodi che hanno visto coinvolti, loro malgrado, VPO come vittime di minacce, ingiurie ed altro, sia all’interno che all’esterno delle aule del Tribunale, da parte di imputati e/o loro familiari.
Ogni VPO è impegnato nel suo lavoro quotidianamente, poiché, a parte la presenza in udienza, la sua attività consiste anche, e soprattutto, nello studio di circa 25/30 processi ad udienza, effettuato nei giorni precedenti.
Ma va subito precisato che tale attività di studio è rimessa al senso di responsabilità del singolo.
Perché l’attività è gratuita, lo studio del fascicolo non è retribuita essendo contemplato un pagamento a cottimo (ossia a udienza).
A fare strettamente il proprio dovere ognuno dovrebbe studiarsi decine di migliaia di pagine solo ed esclusivamente durante l’udienza e non prima e se non è umanamente possibile, pazienza.
Ma che scherziamo?
Di fatto oggi il SISTEMA GIUSTIZIA si fonda su un contesto precariale da fare invidia alle delocalizzazioni più spregiudicate in Asia da parte delle imprese private da un lato, sul senso di responsabilità da volontario dello Stato dall’altro.
In sintesi, cifre singole a parte, l’intero lavoro di cui si è detto viene svolto per circa 900 euro al mese (al lordo delle imposte), senza contributi previdenziali o assistenza o malattia o maternità, senza, dunque, tutti quei diritti che sono, comunque, riconosciuti a qualunque lavoratore dalla stessa Costituzione italiana.
Pensare che tutto ciò possa avvenire sotto il Paracadute dello Stato come parte forte del rapporto suscita sgomento se non nausea.
Diritti fondamentali per cui si è lottato decenni e sono ritenuti conquiste di una “società evoluta” come la malattia, la maternità, la previdenza ed una sana, equa e proporzionata retribuzione, vanno – nel caso di specie – e perdonando l’eufemismo “a farsi friggere”.
Stando ai numeri e le statistiche la Magistratura Onoraria in Italia rappresenta quasi la metà della Magistratura complessiva con un carico processuale molto rilevante, che comprende circa il 90% dei procedimenti monocratici.
Per comprendere quanto oggi tale strumento sia divenuto essenziale basti riflettere su quanto accade quando tale categoria decide (almeno di questo diritto non è stata privata, sebbene con le opportune limitazioni) di scioperare come avvenuto in questi giorni.
In un articolo di qualche giornio fa si legge “La protesta dei PM onorari, se scioperano è paralisi, l’allarme del Procuratore : sono loro a seguire la maggior parte delle udienze”, ed ancora “Non possono guadagnare come le Colf”.
“Sciopero bloccate duecento udeinze” (Il Gazzettino mercoledì 10 dicembre 2015) o “I precari si fermano, caos Giustizia….l’UE valuta una procedura d’infrazione” (Repubblica 11 dicembre 2015).
Se si pensa che talvolta due aule appena accanto in cui si trattano lo stesso numero di processi e tipologia di reati hanno seduti due Servitori dello Stato (diversamente inquadrati) che compiono il loro difficile dovere senza neanche il tempo di un caffè od una breve pausa.
L’uno ha un trattamento retributivo (meritatissimo per carità) di circa sei/settemila euro al mese, l’altro (ed è questo che è inconcepibile) di appena 900/1000,00.
Un magistrato di grande esperienza come Marcello Maddalena, già procuratore capo e attualmente procuratore generale di Torino, senza mezzi termini afferma : «Per le procure della Repubblica la magistratura onoraria è assolutamente fondamentale…. ». Ma resta comunque il problema dell’assenza assoluta di garanzie. La soluzione migliore, secondo il pg torinese, sarebbe «la stabilizzazione una tantum dei magistrati onorari che operano da anni, con il riconoscimento di tutte le tutele necessarie».
La stessa Associazione nazionale magistrati, nella sua proposta di riforma della giustizia, sostiene l’esigenza del «riordino della magistratura onoraria» con «l’introduzione di opportune forme di previdenza». Come dire, un inquadramento più solido, giusto e vantaggioso per tutti. Anche per i cittadini.
Come detto ci sono facenti funzioni della Pubblica Accusa che svolgono con costanza ed abnegazione la loro delicata funzione da oltre 16 anni all’ombra di un sistema non tutelante e della più totale assenza di garanzie sul passato, sul presente e soprattutto sul futuro.
Peraltro con l’andar del tempo, e la progressiva individuazione dell’importanza del ruolo le loro competenze si sono progressivamente allargate.
Oggi vengono utilizzati anche per le indagini in ordine ai reati di competenza dei Giudici di Pace, per gli affari civili, per la formulazione dei Decreti Penali di Condanna in caso dei cdd “FSD” (FURTI SEMPLICI DOMESTICI: furti Enel, furti acqua e gas)e per coadiuvare i P.M. Togati.
Considerato il colore della Toga che indossa per servizio questa peculiare categoria di lavoratori, e quanto si è appena detto, non sembra assurdo affermare che oggi si stenta a riconoscere il confine tra il lavoro IN nero ed il lavoro nero.
Seguendo la legge istitutiva – come visto – “non è istituzionalmente previsto” che un magistrato onorario si ammali, abbia un incidente (anche sul lavoro!!!) o – non sia mai – abbia l’infelice e malsana idea di procreare.
Certo tutto ciò può anche accadere ma non riceverà alcun compenso.
Quante volte ad avvocati e Magistrati è venuto il voltastomaco a sentir dire ad un testimone “per piacere non rinviate il processo, lavoro in nero, non posso tornare, se mi assento mi licenziano”.
Ma al senso di nausea che questo sistema di imperante illegalità del mercato del lavoro suscita ad ogni persona “per bene” si affianca lo sbigottimento per un contesto “in bianco” – e per di più STATALE – che consente angherie e vessazioni non molto dissimili.
Da tempo la Categoria denunzia senza mezzi termini quello che definito il “IL PARADOSSO DEI PARADOSSI”.
Una “barzelletta” tutta italiana.
Se da un lato LO STATO LEGIFERA PER TUTELARE la categoria dei LAVORATORI COMMINANDO PESANTI SANZIONI PER QUEI DATORI DI LAVORO CHE “SFRUTTANO” I dipendenti SENZA RICONOSCERE LORO ALCUNA ASSISTENZA PREVIDENZIALE ed affidando a VPO e GOT il delicato compito di perseguire, giudicare e comminare le sanzioni previste, dall’altro lato quello STESSO STATO fonda uno dei comparti più delicati dell’ordinamento giuridico e sociale su lavoratori precari (e per alcuni versi davvero in nero)
Ormai da ogni lato (meno quello Politico purtroppo) l’esigenza di tutela esplode con violenza inarrestabile.
«Non sembra esattamente la valorizzazione di una risorsa che, statistiche alla mano, si è rivelata fin qui indispensabile. Anzi, somiglia paurosamente a una forma ingiustificabile di sfruttamento di Stato”. Chiude così l’editoriale di Danilo Paolini, a pagina 2 di “Avvenire” del 4 novembre 2015 (titolo, Risorsa da non mortificare). ( fonte, Movimento Sei Luglio)
La commissione giustizia del senato ha però approvato nei giorni scorsi il disegno di legge orlando 1738 che sarà discusso in aula a gennaio prossimo e dovrebbe essere legge nell’arco di pochi mesi successivi (sul punto e su quanto segue cit. Sei luglio.altervista.org)
Tale disegno di legge, rimasto sostanzialmente immutato nel suo impianto originario stabilisce tra le molte modifiche che la dotazione organica dei vpo e la loro ripartizione tra le procure della repubblica verrà stabilita dal ministero della Giustizia (art. 1 lett.b) che avrà anche il compito di provvedere annualmente ad individuare l’importo annuo di cui ogni tribunale ordinario e ogni Procura potrà disporre ai fini della liquidazione delle indennità dei magistrati onorari che prestano servizio.
Nelle intenzioni – naturalmente – in primis il TAGLIO della spesa e dei compensi.
Scrive il movimento sei luglio “Gli interventi dei membri della Commissione Giustizia al Senato che, il 3 novembre, ha dato parere favorevole al ddl c.d. di stabilità 2016 a condizione che siano escluse «le diminuzioni delle indennità da corrispondere ai magistrati onorari indicati […], anche in considerazione dell’ampliamento delle competenze e dei compiti della magistratura onoraria previsti dal disegno di riforma in itinere (A.S. n. 1738)». Il taglio dei compensi dei magistrati onorari era stato denunciato dal Movimento Sei Luglio non appena era stata resa pubblica la bozza del ddl. La Commissione Giustizia, tuttavia, non ha rimediato, con questo parere, al grave errore di prospettiva commesso nel dare parere favorevole al ddl di riforma della magistratura onoraria. Anzi, riconoscendo che esso amplia le competenze e i compiti dei magistrati onorari, la Commissione ammette che il loro contributo nell’amministrazione della giustizia è non solo irrinunciabile, ma deve essere valorizzato ulteriormente, facendone la chiave di volta per risolvere l’annosa questione italiana della lentezza dei processi. La valorizzazione, tuttavia, deve avvenire anche attraverso il riconoscimento delle tutele dei lavoratori finora incredibilmente loro negate, e il recepimento, anzitutto, della proposta di regime transitorio formulata dal Movimento Sei Luglio.”
Ma lo Stato non si è fermato, è andato, se possibile, ancora oltre, pensando e finanziando il cdd “Ufficio per il processo” .
Lo stesso Ministero lo definisce espressamente “un progetto di miglioramento del servizio giustizia, che partendo da prassi virtuose di revisione dei moduli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie, consente di supportare i processi di innovazione negli uffici giudiziari. “
Sostiene sempre il Ministero che “ nell’ambito delle sue competenze, ha posto in essere un programma di interventi, organizzativi e normativi, per fornire a Tribunali e Corti di appello, la cornice normativa, le prime risorse finanziarie e strumenti informatici per avviare l’organizzazione di strutture di staff in grado di affiancare il giudice nelle attività d’ufficio. I singoli uffici giudiziari, nell’ambito della loro autonomia, potranno dare la completa attuazione all’avvio di strutture di supporto e assistenza all’attività giurisdizionale dei magistrati. Le attività che possono svolgersi nell’Ufficio per il processo sono di vario contenuto, anche in relazione al soggetto che le svolge: ricerca dottrinale e dei precedenti giurisprudenziali, stesura di relazioni, massimazione di sentenze, collaborazione diretta con il magistrato per la preparazione dell’udienza, rilevazione dei flussi dei dati statistici etc.”
Le risorse finanziarie stanziate dal Ministero comprendono:
8.000.000,00 per borse di studio tirocinanti laureati
7.813.000,00 per borse per stage di perfezionamento in cancelleria
1.000.000,00 circa per l’acquisto di PC, per la gestione amministrativa dei tirocinanti e per il consolidamento dei sistemi informatici.
800.000,00 per ulteriore sviluppo della Consolle dell’assistente e per implementare la banca dati della giurisprudenza di merito.
Ciò che chiunque comprende immediatamente però è che trattasi dell’ennesima manovra tesa a sfruttare il massimo delle energie del lavoratore con il minimo dispendio.
È chiaro che gli stagisti una volta pronti tra non più di due anni e mezzo potranno scendere in udienza ed è altrettanto lapalissiano chetale “servizi etto” costerà appena 400,00 euro al mese (o poco più).
Un gruppo di lavoratori Torinesi (lo stesso foro in cui il Procuratore ne canta le lodi) ha tentato, vinto in primo grado, e perso in appello, un giudizio teso al riconoscimento di un minimo di tutela previdenziale.
La Corte Torinese ha arrestato il percorso mentre quelle Europea sanzionava la civilissima Inghilterra sullo stesso tema (CORTE GIUSTIZIA EUROPEA SEZ II1/3/2012 – C – 393/10 DERMOND PATRICK O BRIEN C MINISTRY OF JUSTICE ).
Nessuno di questi Servitori dello Stato ha mai chiesto di essere parificato ai Giudici Ordinari o di essere stabilizzato senza pubblico concorso in quel ruolo.
Questi uomini e donne su cui oggi le fondamenta del sistema processuale poggiano hanno semplicemente chiesto un minimo di tutela, umana, prima che retributiva e previdenziale, la stabilizzazione in un ruolo DIVERSO e parallelo a quello ordinario che non neghi almeno i diritti che la Costituzione Garantisce ai lavoratori dal 1948 ad oggi.
E mentre da anni invocano il riconoscimento di diritti basilari ogni mattina si alzano e vanno a compiere il loro quotidiano dovere (alcuni da oltre 16 anni), studiando gratis le proprie cause, accollandosi gran parte dei costi vivi, rischiando la propria incolumità personale, e “regalando” la loro passione per un paese migliore ad uno Stato al quale oggi – insensibile al contributo ricevuto – appaiono solo una spina nel fianco.
Appare di lapalissiana evidenza che il complessivo comportamento del datore di lavoro pubblico, per volontà peraltro estranee ai Capi degli Uffici, sembra oggi essere assestata su un vero e proprio abuso del diritto, soprattutto con riferimento al meccanismo delle proroghe all’esercizio di funzioni a tempo determinato tali ormai da determinare situazioni soggettive di continuativo esercizio delle funzioni per più di tre lustri.
Il governo Renzi ha preparato un disegno di legge che riforma la magistratura onoraria che farebbe venire i brividi ad un governo di estrema destra.
Il Ddl “in cantiere” da un lato aumenta le loro competenze, impone l’incompatibilità con altri lavori, dunque prevede un vincolo di esclusività, ma mantiene l’occasionalità.
Si tratta di fatto di un obbligo a fare “soltanto quello” e null’altro (quindi dedicando completamente la propria vita professionale allo Stato e non tesaurizzando le proprie conoscenze per nessun’altra attività) a fronte di una tutela sempre più decrescente piuttosto che ad un aumento retributivo e previdenziale.
Il DDL prevede una nuova forma di salario composto da una quota fissa ed una incentivante, con un incarico quadriennale rinnovabile tre volte aridaglie! Direbbe il Marchese del Grillo).
A fronte dell’ennesima perduta occasione di riforma si aggiunge un bel taglio al sistema Giustizia di ben 14 milioni di euro per il prossimo biennio.
Come se non bastasse il Consiglio Superiore della Magistratura ci ha messo come direbbe Camilleri “il carico da undici”.
Chiamato ad esprimersi sul DDL Governativo le commissioni sesta ed ottava hanno rimesso al plenum il proprio parere ove sostanzialmente – pur ermeneuticamente riconoscendo che stante il tempo pieno cui sono stati impiegati, questi Magistrati, di “onorario” hanno ben poco – scelgono una soluzione che farebbe apparire Ponzio Pilato uomo di grande capacità decisionale.
Ed infatti piuttosto che evidenziare come risolvere il problema squalificano Chi ha investito i suoi anni migliori (anzianità di oltre dieci anni) tagliandolo fuori per il futuro.
Come evidenziato dal movimento sei luglio, ed a riprova che nel nostro paese dei problemi si parla troppo e si risolve poco, ben dieci anni or sono, con un’affermazione che tuona di grandissima attualità, il Prof.Sergio Chiarloni, grande esperto e conoscitore della materia scriveva : «Non si può pretendere che giovani magistrati, dopo aver servito a tempo pieno o semi pieno l’amministrazione della giustizia, accettino di buon grado il benservito nel pieno della loro maturità professionale, dopo numerosi anni di servizio magari ancora aumentati dalle proroghe rispetto ai termini di legge».
Chiunque abbia un minimo di buon senso si rende conto che dopo avere rappresentato l’accusa, o fatto il Giudicante, per 10/15 anni ed essersi – per ovvie ed evidenti ragioni etiche e professionali – auto escluso dal contesto professionale riconquistare un bacino d’utenza basilare per esercitare la professione forense è quasi impossibile.
Fare finta che non sia così è solo il segno di un accanimento Statuale degno della trama di Twilight.
Per concludere questa breve disamina di una piaga tutta italiana con un sorriso (amaro), varrebbe da ricordare al Ministro Orlando che “indipendenza” della Magistratura (onoraria) non implica che questi lavoratori debbano essere “economicamente indipendenti” come un figlio maggiorenne di cui ci si vuole liberare.
Metaforicamente, verrebbe da dire, qui non siamo in presenza (a leggere le leggi vecchie e nuove sul punto) del classico “cane che si morde la coda” ma – per la prima volta – di un cane che si morde la testa!
Sì, perché un sistema, anche il più democratico, senza una giustizia che funziona resta uno Stato mutilato e destinato a non progredire.
Tutto quanto sopra relazionato non sarebbe stato possibile senza gli stralci ed i contributi delle fonti da cui informazioni e commenti sono attinti ed a cui si rinvia per ogni approfondimento o lettura integrale e cioè – tra le molte – : Wikipedia voce Magistratura Onoraria, Sei luglio.altervista.org, DOCUMENTO SU RIFORMA MAGISTRATURA ONORARIA, Per una magistratura onoraria efficiente e conforme alla Costituzione (di Paola Bellone, Stefano Marretta, Fabrizio Vicari), La magistratura onoraria in funzione di una giustizia migliore: normativa interna e profili comparati (di Antonella Di Florio), Che fare della magistratura onoraria? (di Andrea Proto Pisani), La riforma della magistratura onoraria: un ddl che mira ad altri obiettivi e va interamente ripensato (di Giuliano Scarselli), Precari fuori legge (di Rita San Lorenzo), Lo strano caso dei magistrati onorari (di Paola Bellone), Lo sciopero dei magistrati onorari (di Paola Bellone), Intervento dell’Oua in Commissione Giustizia al Senato, Ferrarella Luigi (09 giugno 2014) – Corriere della Sera e successive pubblicazioni, Messaggero Veneto), Roberto Ciccarelli (Precari in Procura. L’incredibile storia dei magistrati a partita Iva, Quinto Stato. Storie. I magistrati onorari in sciopero dal 7 all’11 dicembre, ROMA 2015)” di Andrea Dell’Aira (fonte:giornalelora.com)

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