Cassazione: la cognizione della controversia spetta al giudice ordinario, giacché il lavoratore straniero, contestando il provvedimento di allontanamento dal territorio dello Stato – disposto dell’Amministrazione dell’interno non per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ma per la rinuncia dell’interessato alla domanda di protezione internazionale

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Civile Ord. Sez. U Num. 15693 Anno 2015
Data pubblicazione: 27/07/2015
2015 359
ORDINANZA
sul ricorso 21288-2014 per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione proposto d’ufficio dal: TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO con ordinanza n. 9262/2014 depositata il 01/09/2014 (r.g. n. 7822/2013) ed il TRIBUNALE DI ROMA con sentenza n. 13063/13 depositata il 14/06/2013 (r.g. n. 75583/2012) nella causa tra:

Ritenuto in fatto
1. -xxx xxx, cittadino del Bangladesh, ha proposto ricorso dinnanzi al Tribunale di Roma avverso il decreto di allontanamento dal territorio nazionale emesso a suo carico dal Questore di Roma in data 21 novembre 2012.
Con sentenza in data 14 giugno 2013, il Tribunale adito ha declinato la giurisdizione in favore del giudice amministrativo.
Il Faruk ha quindi riassunto il giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
Il Ministero dell’interno si è costituito.
Il TAR, con ordinanza depositata il 1° settembre 2014, ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione.
Il TAR confliggente premette in punto di fatto quanto segue:
che il Faruk ha presentato alle autorità italiane in data 9 .agosto 2012 una domanda volta ad ottenere il permesso di soggiorno per protezione internazionale;
che successivamente, in data 5 ottobre 2012, il suo datore di la- voro ha presentato domanda di emersione dal lavoro irregolare ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109 (Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a san- zioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che im- piegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare);
che in ragione di tale seconda domanda il ricorrente ha rinunciato all’istanza di protezione internazionale;
che al Faruk è stato quindi notificato – si tratta del provvedimen- to impugnato – un atto di rifiuto del permesso di soggiorno per protezione internazionale con contestuale intimazione di rilasciare il territorio nazionale entro quindici giorni.
Tanto premesso, il TAR rileva che i provvedimenti che negano il per- messo di soggiorno per protezione internazionale rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la posizione giuridica azionata dall’interessato ha consistenza di diritto soggettivo.
2. – Il conflitto è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sulla base delle conclusioni scritte del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., il quale ha chiesto che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
Nella sua requisitoria scritta, il pubblico ministero osserva che in pendenza della procedura di emersione manca temporaneamente all’autorità amministrativa il potere di adottare il decreto di espulsione. Spetta di conseguenza al giudice ordinario, in mancanza di norma de- rogatrice al criterio generale, la cognizione dell’impugnazione del respingimento, incidendo il relativo provvedimento su situazioni soggetti- ve aventi consistenza di diritto soggettivo.
Considerato in diritto
1. – Si tratta di stabilire se spetti al giudice ordinario o al giudice amministrativo la giurisdizione sulla controversia sorta a seguito dell’impugnazione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale emesso dal questore, a carico dello straniero rinunciante all’istanza di protezione internazionale, in costanza del procedimento di emersione dal lavoro irregolare.
2. – L’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2012, di attuazione della direttiva 2009/52/CE, nel prevedere un procedimento di emersione della occupazione irregolare di lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto dalla data del 31 dicembre 2011, sancisce, al comma 11, che, nelle more della definizione del procedimento, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi previsti al comma 13 (che ricorrono quando nei confronti del lavoratore straniero sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 13, commi 1 e 2, lett. c, del testo unico n. 286 del 1998, e dell’art. 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, recante “Misure urgenti per il contrasto del terrori- smo internazionale”; ovvero quando il lavoratore straniero risulti segnalato, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, o risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per uno dei reati pre- visti dall’art. 380 del medesimo codice, o comunque sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Pa- esi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone).
Come queste Sezioni Unite hanno già statuito (ordinanza 2 luglio 2015, n. 13570), in pendenza del procedimento di emersione del lavoro irre- golare, per espressa previsione normativa, di regola manca tempora- neamente all’autorità amministrativa il potere di adottare il provvedi- mento di espulsione, con la conseguente piena attrazione della relativa contestazione, in mancanza di norma derogatrice al criterio generale di riparto, nell’ambito della giurisdizione dei diritti soggettivi.
Questo potere di espulsione sussiste, pur nelle more della definizione dei procedimento, quando ricorrono i casi tassativamente previsti dal comma 13 dell’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2012, ma anche in tale eve- nienza la posizione giuridica soggettiva dello straniero destinatario del provvedimento di espulsione è e resta di diritto soggettivo allorché l’atto dell’amministrazione è correlato all’accertamento positivo di circo- stanze o di presupposti esaustivamente individuati dalla legge, senza ulteriori spazi di discrezionalità valutativa (cfr. Sez. Un., 9 settembre 2009, n. 19393; Sez. Un., 17 giugno 2013, n. 15115): il che avviene, ad esempio, quando l’espulsione del lavoratore straniero sia stata di- sposta per l’intervenuta condanna, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per uno dei reati previsti dall’art. 380 del medesimo codice.
Diverso è il caso in cui il provvedimento di espulsione sia stato adottato per motivi di prevenzione del terrorismo o, più in generale, a causa del- la pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato: in tal caso la posizione giuridica dell’interessato è di interesse legittimo e la giurisdizione nella relativa controversia spetta al giudice amministrativo (cfr. art. 3, comma 4, del decreto-legge n. 144 del 2005), essendo rimessa all’amministrazione, non una mera discrezionalità tecnica e ricognitiva al cospetto di ipotesi già individuate e definite dal legislatore nel loro perimetro applicativo, ma una ponderazione va- lutativa degli interessi in gioco.
3. – Da tanto deriva che la cognizione della controversia spetta al giudice ordinario, giacché il lavoratore straniero, contestando il provvedimento di allontanamento dal territorio dello Stato – disposto dell’Amministrazione dell’interno non per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ma per la rinuncia dell’interessato alla domanda di protezione internazionale -, ha fatto valere in giudizio il suo diritto soggettivo, ai sensi dell’art. 5, comma 11, del d.igs. n. 109 del 2012, a non essere espulso nelle more della definizione del procedimento di emersione conseguente alla presentazione di dichiarazione di regolarizzazione avanzata dal datore di lavoro (Sez. Un., 2 luglio 2015, n. 13570, cit.).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, pronunciando sul conflitto, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e cassa la pronuncia declinatoria del Tribunale di Roma in data 14 giugno 2013.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 21 luglio 2015

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