PONTE GALERIA: Ragazze nigeriane vittime di tratta a rischio rimpatrio dal Cie romano

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“Rimpatriate perché la Nigeria «non è un paese in guerra». È il destino che stava per abbattersi su una ventina di ragazze nigeriane chiuse nel Cie (Centro Identificazione ed Espulsione) di Ponte Galeria alle porte di Roma. «Alcune sono vittime di tratta e stanno subendo un provvedimento di rimpatrio forzato, nonostante vi sia la decisione di sospensiva presa dal tribunale di Roma». A denunciarlo è stato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri.

«Invitiamo il ministero dell’Interno – si è appellato Gonnella – a fermare il rimpatrio e andare a verificare uno a uno i provvedimenti di sospensiva ottenuti dagli avvocati dell’Università di Roma Tre». Solo pochi giorni fa il sindaco di Roma Ignazio Marino e l’assessore Danese si erano recati al Cie proprio per incontrare le donne vittime di tratta. Poi l’intervento e l’annuncio che, per ora, ha salvato le giovani donne dal rimpatrio forzato. Giovedì mattina erano già state portate all’aeroporto di Fiumicino.
Vittime di violenze
«E’ stato scongiurato, al momento, il rimpatrio di cinque delle oltre 20 ragazze nigeriane prelevate dal Cie di Ponte Galeria, dal boarding team di Frontex e portate a Fiumicino per essere rimpatriate»: a darne notizia è stata Gabriella Guido, portavoce della campagna «LasciateCIEntrare», che ha seguito la vicenda delle ragazze che, dopo lo sbarco a Lampedusa, già al loro arrivo nel Cie lo scorso luglio, avevano trovato il console nigeriano pronto a firmare il rimpatrio. Da qui la battaglia degli operatori della campagna per evitare il rimpatrio in Nigeria dove le ragazze sono state vittime di violenze inaudite oltre che di tratta, come verificato non solo attraverso i loro racconti ma anche dagli evidenti segni di violenze sul corpo delle giovani donne. Alle ragazze però è stato negato il diritto di asilo, perchè la Nigeria non è tra i Paesi da cui scappare per violenze e persecuzioni. Il Cie romano è tristemente noto per le proteste delle «bocche cucite», la mobilitazione dei suoi «ospiti», che per chiedere aiuto e non esser rimpatriati si erano cuciti le labbra.
Ricorso inascoltato
«Gli avvocati hanno fatto ricorso contro questo diniego ma siccome il ricorso non sospende il rimpatrio, oggi sono andate a prelevarle per `rispedirle´ nel loro paese», spiega Gabriella Guido, facendo notare anche la coincidenza, proprio oggi, del Sottocomitato Onu per la tortura in visita al Cie romano. «Le sospensive del rimpatrio vanno chieste al Tribunale, come hanno fatto e stanno facendo in queste ore gli avvocati. Man mano che arrivano le sospensive, le stiamo girando alla Questura e alla Polizia di Frontiera. Per ora – riferisce all’Adnkronos – cinque ragazze sono state fatte scendere dall’aereo». Sul caso sono stati in tanti dal mondo politico a mobilitarsi subito.
L’appello di Valeria Fedeli
«Mi sconvolge la notizia di queste ore sull’imminente rimpatrio di una ventina di ragazze nigeriane appartenenti al gruppo delle 66 rinchiuse nel Cie di Ponte Galeria, per le quali avevamo depositato, nei giorni scorsi al Senato, un’interrogazione urgente rivolta al Ministro degli Interni, faccio un appello al Ministro affinché intervenga urgentemente per scongiurare questa azione su donne che, è bene ricordarlo, sono vittime di tratta». La richiesta d’intervento è della vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, che sottolinea come «a tutte le cittadine nigeriane, di cui tre in evidente stato di gravidanza, era stato convalidato il provvedimento di trattenimento senza prendere in considerazione sia la loro condizione fisica, sia il motivo del viaggio attraverso il Mediterraneo, viaggio peraltro `offerto´ a tutte dalle reti di tratta dei migranti presenti in Nigeria ed in Libia». «Ora rischiano di essere rimpatriate in un Paese che non corrisponde a nessuno dei canoni di sicurezza stabiliti dalle convenzioni internazionali» conclude Fedeli. Molto «preoccupata» per le sorti delle ragazze anche Marta Bonafoni, consigliera Sel in Regione Lazio che più volte ha visitato il Cie romano, «constatando un contesto emergenziale, che mi ha portato a presentare una Mozione in Regione per chiederne l’immediata chiusura».PONTE GALERIA
Ragazze nigeriane vittime di tratta
a rischio rimpatrio dal Cie romano
Il caso delle venti giovani, trasferite giovedì all’aeroporto di Fiumicino, denunciato da Antigone e LasciateCIEntrare. L’appello della vicepresidente del Senato Fedeli.
Rimpatriate perché la Nigeria «non è un paese in guerra». È il destino che stava per abbattersi su una ventina di ragazze nigeriane chiuse nel Cie (Centro Identificazione ed Espulsione) di Ponte Galeria alle porte di Roma. «Alcune sono vittime di tratta e stanno subendo un provvedimento di rimpatrio forzato, nonostante vi sia la decisione di sospensiva presa dal tribunale di Roma». A denunciarlo è stato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri. «Invitiamo il ministero dell’Interno – si è appellato Gonnella – a fermare il rimpatrio e andare a verificare uno a uno i provvedimenti di sospensiva ottenuti dagli avvocati dell’Università di Roma Tre». Solo pochi giorni fa il sindaco di Roma Ignazio Marino e l’assessore Danese si erano recati al Cie proprio per incontrare le donne vittime di tratta. Poi l’intervento e l’annuncio che, per ora, ha salvato le giovani donne dal rimpatrio forzato. Giovedì mattina erano già state portate all’aeroporto di Fiumicino.
Vittime di violenze
«E’ stato scongiurato, al momento, il rimpatrio di cinque delle oltre 20 ragazze nigeriane prelevate dal Cie di Ponte Galeria, dal boarding team di Frontex e portate a Fiumicino per essere rimpatriate»: a darne notizia è stata Gabriella Guido, portavoce della campagna «LasciateCIEntrare», che ha seguito la vicenda delle ragazze che, dopo lo sbarco a Lampedusa, già al loro arrivo nel Cie lo scorso luglio, avevano trovato il console nigeriano pronto a firmare il rimpatrio. Da qui la battaglia degli operatori della campagna per evitare il rimpatrio in Nigeria dove le ragazze sono state vittime di violenze inaudite oltre che di tratta, come verificato non solo attraverso i loro racconti ma anche dagli evidenti segni di violenze sul corpo delle giovani donne. Alle ragazze però è stato negato il diritto di asilo, perchè la Nigeria non è tra i Paesi da cui scappare per violenze e persecuzioni. Il Cie romano è tristemente noto per le proteste delle «bocche cucite», la mobilitazione dei suoi «ospiti», che per chiedere aiuto e non esser rimpatriati si erano cuciti le labbra.
Ricorso inascoltato
«Gli avvocati hanno fatto ricorso contro questo diniego ma siccome il ricorso non sospende il rimpatrio, oggi sono andate a prelevarle per `rispedirle´ nel loro paese», spiega Gabriella Guido, facendo notare anche la coincidenza, proprio oggi, del Sottocomitato Onu per la tortura in visita al Cie romano. «Le sospensive del rimpatrio vanno chieste al Tribunale, come hanno fatto e stanno facendo in queste ore gli avvocati. Man mano che arrivano le sospensive, le stiamo girando alla Questura e alla Polizia di Frontiera. Per ora – riferisce all’Adnkronos – cinque ragazze sono state fatte scendere dall’aereo». Sul caso sono stati in tanti dal mondo politico a mobilitarsi subito.
L’appello di Valeria Fedeli
«Mi sconvolge la notizia di queste ore sull’imminente rimpatrio di una ventina di ragazze nigeriane appartenenti al gruppo delle 66 rinchiuse nel Cie di Ponte Galeria, per le quali avevamo depositato, nei giorni scorsi al Senato, un’interrogazione urgente rivolta al Ministro degli Interni, faccio un appello al Ministro affinché intervenga urgentemente per scongiurare questa azione su donne che, è bene ricordarlo, sono vittime di tratta». La richiesta d’intervento è della vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, che sottolinea come «a tutte le cittadine nigeriane, di cui tre in evidente stato di gravidanza, era stato convalidato il provvedimento di trattenimento senza prendere in considerazione sia la loro condizione fisica, sia il motivo del viaggio attraverso il Mediterraneo, viaggio peraltro `offerto´ a tutte dalle reti di tratta dei migranti presenti in Nigeria ed in Libia». «Ora rischiano di essere rimpatriate in un Paese che non corrisponde a nessuno dei canoni di sicurezza stabiliti dalle convenzioni internazionali» conclude Fedeli. Molto «preoccupata» per le sorti delle ragazze anche Marta Bonafoni, consigliera Sel in Regione Lazio che più volte ha visitato il Cie romano, «constatando un contesto emergenziale, che mi ha portato a presentare una Mozione in Regione per chiederne l’immediata chiusura».”di Valeria Costantini(fonte:roma.corriere.it)

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