La Corte di Cassazione pone un argine ai respingimenti immediati in frontiera mentre aumentano i casi di trattenimento amministrativo nei CIE ed i dinieghi da parte delle Commissioni territoriali

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Pubblichiamo un interessante commento del prof.Fulvio Vassallo sulla recente giurisprudenza della Cassazione che abbiamo già pubblicato nel sito con una nostra breve nota.

“La Corte di Cassazione pone un argine ai respingimenti immediati in frontiera mentre aumentano i casi di trattenimento amministrativo nei CIE ed i dinieghi da parte delle Commissioni territoriali. Non esistono “paesi terzi sicuri”.Tutti hanno diritto ad una procedura individuale.
Una ordinanza della Cassazione ( Ordinanza 25 marzo 2015, n. 5926) davvero importante, che dovrebbe limitare la prassi dei respingimenti immediati in frontiera eseguiti prima che si sia data la possibilità di essere informati sulla possibilità di chiedere asilo e di accedere alla procedura per il riconoscimento di uno status di protezione.

Centinaia di migranti, soprattutto egiziani e nigeriani, grazie agli accordi bilaterali che prevedono forme semplificate per i “riconoscimenti” di nazionalità da parte delle autorità consolari dei paesi di origine, sono stati respinti a poche ore dallo sbarco, soprattutto da Catania e Siracusa. Adesso sembra che vengano trasferiti nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) dove hanno accesso alla procedura abbreviata e sostengono l’audizione prima di essere rimessi in libertà con un permesso di soggiorno provvisorio per tre mesi. Non si sa quali informazioni ricevano i richiedenti asilo trattenuti nei CIE prima di essere sentiti dalla Commissione territoriale, se non quelle, spesso fuorvianti, ricevute dagli altri migranti trattenuti. I dinieghi assai probabilmente, aumenteranno ancora.

Il problema dei respingimenti immediati in frontiera era già sollevato nella parte introduttiva della ricerca “Il diritto alla protezione” coordinata dall’ASGI e pubblicata nel 2012, sono passati tre anni, ed adesso si intravede un barlume di stato di diritto anche alle frontiere portuali. Lo stesso principio dovrebbe peraltro valere alle frontiere aeroportuali, dove si continuano a segnalare respingimenti sommari di migranti arrivati senza documenti regolari, spesso si tratta di siriani.

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I giudici di tribunale, da ultimo a Caltanissetta, fanno applicazione del principio affermato dalla Cassazione e annullano i decreti di trattenimento nei CIE conseguenti ai provvedimenti di respingimento adottati dai questori. Ma per alcuni migranti, che magari comprendono solo dopo la liberazione di avere presentato una domanda di asilo, senza averne comunque compreso appieno la portata, il futuro non è roseo. Vanno incontro ad un diniego “scontato” ed alla perdita del permesso di soggiorno temporaneo ( tre mesi). Per altri, lasciati senza informazione nei centri di accoglienza. o del tutto esclusi dl circuito dell’accoglienza ( CAS, CARA, SPRAR), non rimane che prepararsi ad una lunga precarietà.

Non esistono “paesi terzi sicuri”.Tutti hanno diritto ad una procedura individuale, e possono otenere il riconoscimento di uno status di protezione, anche se provengono dal Gambia, dal Camerun, dal Ghana o dalla Nigeria.
Rispetto a decisioni di diniego da parte delle Commissioni territoriali, si vedano, ad esempio, le seguenti sentenze:
-Corte di appello di Roma, 6 giugno 2013, che riconosce la protezione sussidiaria ad un cittadino del Ghana, per la necessità di sottrarsi alla pena di morte, come conseguenza possibile della qualificazione di un omicidio colposo come omicidio volontario, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2014,1, 105
-Tribunale di Roma, 2 agosto 2013, che riconosce ad un cittadino del Camerun lo status di rifugiato per il rischio di omofobia nel paese di origine, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2014,1,109
-Corte di appello di Roma, 16 gennaio 2014, che riconosce la protezione sussidiaria ad un cittadino del Gambia, disertore, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2014,2, 151. Nello stesso senso una sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 16 febbraio 2015 (inedita), sempre relativa ad un diniego ricevuto da un richiedente asilo cittadino del Gambia, al quale è stata riconosciuta la protezione sussidiaria, in quanto si riconosce che il ricorrente in caso di rientro nel paese di origine può subire un “danno grave” nella forma di “minaccia grave ed individuale alla vita” derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto internazionale ( art.14, comma 1,lett.c) d.lgs. 251/2007”
-Corte di appello di Trieste, 15 maggio 2014, che riconosce la protezione sussidiaria ad un cittadino della Nigeria per la sussistenza di violenza indiscriminata e diffusa nel suo paese, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, 2014,2,156

E tutti coloro che fuggono dalla Libia in questo periodo dovrebbero ottenere quanto meno il riconoscimento della protzione umanitaria, senza passare dalle Commissioni terrritoriali, ma sulla base di un decreto che il governo dovrebbe adottare in base all’art. 20 del T.U. 286 del 1998, in presenza di un afflusso massiccio di sfollati.
Nel 1999 ( Kosovo)e nel 2011 ( Emergenza nordafrica) questi decreti furono adottati, non si comprende perchè oggi il governo Renzi, di fronte ad una gravissima crisi umanitaria indotta anche dai tempi troppo lunghi delle procedure in Italia, mentre l’Unione Europea non considera neppure l’ipotesi di modificare l’iniquo Regolamento Dublino III, non possa fare altrettanto.

In questo senso la Corte d’Appello di Cagliari Ordinanza del 18 – 31 maggio 2012 n. 51: in materia di Emergenza Nordafrica, secondo la quale, ai fini del riconoscimento di uno status di protezione, non risulta manifestamente infondata l’equiparazione fra i cittadini libici e coloro che, pur non libici, vivevano stabilmente da anni in Libia. A fronte delle torture e delle sevizie inflitte ai migranti trattenuti nei campi e nei capannoni di concentramento in Libia, in considerazione delle condizioni fisiche e psichiche nelle quali arrivano i migranti dopo traversate sempre più pericolose, si dovrebbe dunque riconoscere almeno la protezione umanitaria a tutti coloro che riescono a fuggire da un paese nel quale non è neppure garantita la sicurezza degli osservatori e degli operatori umanitari occidentali, al punto che anche l’OIM e l’UNHCR hanno dovuto sospendere le attività in territorio libico avviate negli anni precedenti.

Non si comprende che, al di là dell’ ultima Ordinanza della Corte di Cassazione, che dovrebbe porre fine ad una stagione di abusi di polizia in frontiera, occorre riaprire canali legali di ingresso in Europa anche per lavoro, con forme di regolarizzazione successiva per le persone che sono state costrette a partire da paesi in una situazione di conflitto ormai generalizzato. E che non si mettano a diffondere informazioni sui soliti fogliettini plurilingue allegati alle circolari del ministero dell’interno…
eius.it
di Fulvio Vassallo
(fonte:dirittiefrontiere.blogspot.it)

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