Alunni-attori raccontano Shoah tra passato e presente

clandestino
“Ragazzi sardi Scuola media di Suelli vincono Premio nazionale.
Le aule di una scuola diventano la metafora della vita reale, del passato e del presente, della discriminazione: gli alunni rappresentano i cittadini, le sezioni le razze e le etnie, i “diversi” da emarginare e allontanare, mentre la voce fuori campo del preside che impartisce gli ordini interpreta l’autorità dello Stato.

Attori, scenari e storie reali per raccontare “gli altri”, per trovare un immaginario parallelismo tra quanto vissuto dagli ebrei prima della Shoah in Italia e quello che potrebbe accadere oggi, individuando l’intolleranza e l’emarginazione di questi anni. Con questa idea, racchiusa in un cortometraggio autoprodotto dal titolo appunto “Gli altri”, gli alunni della II D della Scuola Media statale di Suelli (Cagliari), appartenente all’Istituto Comprensivo di Senorbì (Cagliari), sono riusciti ad arrivare primi – nella categoria riservata alla scuola secondaria di I grado – al concorso nazionale indetto dal ministero dell’Istruzione “I giovani ricordano la Shoah” e oggi sono alla Camera insieme ai professori per ricevere il premio.
“Ragionando su quanto accaduto prima della Shoah in Italia, durante l’emanazione delle leggi razziali e la diffusione dell’antisemitismo tra la popolazione – racconta Fabio Casta, il professore che ha curato il progetto con la collaborazione del collega Mauro Baccoli – abbiamo cercato di capire quali siano oggi le diverse realtà di intolleranza e di emarginazione. Ne abbiamo individuate diverse, ma quella che ci ha più toccato è la condizione dei clandestini nel nostro Paese. Abbiamo voluto realizzare quindi un video che creasse, per quanto fosse possibile, un parallelo tra discriminazione e intolleranza antisemita nell’Italia fascista e le discriminazioni che subiscono gli stranieri ai nostri giorni“.
E così alcune aule della Scuola media di Suelli si trasformano nel palcoscenico dei piccoli attori per raccontare storie tra passato e presente. La scuola assume il ruolo di nazione, la parola guerra, mai usata nel cortometraggio come quella di ebrei, lascia il posto ad esame, il morire diviene l’essere bocciati e la sezione “E” diventa luogo dell’emarginazione e lettera di appartenenza del diverso. “Il video prende spunto da fatti ed eventi storici realmente accaduti – sottolinea ancora il prof. Casta – come quella del ragazzino costretto a spogliarsi e sporcarsi con un pennarello rosso, ispirata a quanto ha dovuto vivere l’ex Rabbino di Roma Elio Toaff o ai fatti di Rosarno”. Il passato lascia il posto al presente e mentre la scuola continua a essere la metafora dello Stato, la strada viene decritta come il confine che separa l’Italia dalle altre nazioni, diventa il mar Mediterraneo attraversato dai profughi a rischio della vita; gli incidenti stradali sono le onde che inghiottono gli stranieri, mentre alcune aule si trasformano in veri e propri centri di prima accoglienza per migranti“.di Manuel Scordo(fonte:ANSA.it).

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