Centri di identificazione ed espulsione:in arrivo il regolamento unico

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“Il regolamento unico sui criteri per l’organizzazione dei Centri di identificazione ed espulsione, approvato con decreto del ministero dell’Interno del 20 ottobre scorso, è un passo importante che si accompagna alla recente modifica dei termini di permanenza stabilita dalla legge 161/2014.
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Obiettivi
Come espressamente affermato nelle premesse del regolamento, l’intento è fissare misure uniformi a tutela dei diritti degli stranieri trattenuti nei Cie, nel “pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona, tenendo conto anche del Paese di provenienza, della religione professata, delle condizioni di salute fisica e psichica”.
Molte delle critiche piovute negli ultimi anni sui Centri hanno riguardato, oltre alle condizioni di vita all’interno di questi, soprattutto il periodo massimo di permanenza (18 mesi), ormai superato dalla legge 161/2014, che lo ha ridotto a tre mesi, considerato che per chiunque è degradante rimanere rinchiuso per così lungo tempo in attesa di essere espulso dal Paese ove aveva scelto di vivere, sia pure con modalità non conformi alla legge.
Il nuovo regolamento consente anche di uniformare la disciplina interna dei Cie per evitare difformità di trattamento sul territorio che potevano registrarsi in base ai regolamenti approvati presso ciascun Centro dai Prefetti competenti, come previsto dal Dpr 394/19099.

Le singole disposizioni
Prima dell’accoglienza nel Centro viene effettuata una visita medica per accertare che non vi siano condizioni fisiche ostative alla vita in una struttura collettiva.
Poi, al momento dell’ingresso, occorre garantire il diritto dello straniero a essere informato dei motivi del suo trattenimento, nonché dei diritti e doveri a lui riconosciuti all’interno del Cie. E’ importante che tali informazioni vengano fornite al momento dell’ingresso, in quanto il trattenimento deve essere convalidato dal giudice di pace e in questa fase lo straniero ha la possibilità di farsi assistere da un legale, anche individuato tra quelli che prestano gratuito patrocinio.
La gestione dei Centri è affidata in appalto a soggetti esterni che garantiscono tutti i servizi disciplinati dal Regolamento (tranne, ovviamente, quelli di stretta competenza della Pubblica Sicurezza) e sulla loro corretta esecuzione è tenuta a vigilare la Prefettura competente, anche con sopralluoghi “a sorpresa”. I gestori devono quindi garantire i servizi di assistenza alla persona, come la custodia degli effetti personali degli stranieri, la somministrazione dei pasti nel rispetto dei diversi regimi alimentari (dovuti anche al credo religioso oltre che a eventuali prescrizioni mediche), la possibilità di mantenere corrispondenza epistolare o telefonica, la possibilità di acquistare, con un buono economico di 5 euro ogni due giorni, beni come schede telefoniche, snack alimentari, bibite analcoliche, sigarette, libri, riviste o giornali.
Lo straniero, in sostanza, deve avere la possibilità di acquistare o chiedere di procurare beni non previsti nell’ambito dei servizi normalmente erogati. E’ anche previsto che il gestore si attivi per consentire agli stranieri che provengono dal carcere di recuperare le cosiddette mercedi per il lavoro svolto all’interno dell’istituto carcerario (che evidentemente non sono corrisposte puntualmente dall’amministrazione carceraria). Ma soprattutto è previsto che il gestore debba garantire quotidianamente l’organizzazione di attività ricreative, sociali e religiose, in modo da impegnare il tempo di queste persone. In questo caso la norma avrebbe avuto un impatto ben più importante se i tempi di permanenza fossero rimasti 18 mesi, perché avrebbe risolto un problema molto sentito nell’ambito del dibattito cui si è fatto cenno, riguardante la prolungata inattività di queste persone che comporta seri stati depressivi. In ogni caso, anche con i nuovi termini di permanenza, resta fondamentale l’esigenza che il gestore promuova attività che consentano di impegnare il tempo all’interno del Centro.

Accessi e vigilanza nei Cie
I cie sono strutture dalle quali gli stranieri non possono allontanarsi, quindi il regolamento unico ha dovuto disciplinare anche l’accesso degli operatori che vi lavorano e delle altre persone che desiderano visitare i trattenuti.
Normalmente la procedura prevede l’autorizzazione della Prefettura competente, ma talvolta è sufficiente che questa venga solo avvertita precedentemente. In quest’ultimo caso si tratta dei membri del Governo e del Parlamento nazionale ed europeo (che hanno la possibilità di farsi accompagnare da un assistente), dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, del delegato dell’UNHCR e del Garante per la tutela delle persone detenute. Allo stesso modo è necessario chiedere espressamente l’autorizzazione per effettuare riprese video fotografiche e interviste.
Il regolamento disciplina anche i servizi di vigilanza da parte del personale di pubblica sicurezza e contiene, in allegato, la Carta dei diritti e dei doveri, i requisiti dell’ambulatorio sanitario che si trova in ciascun Centro e lo schema di protocollo d’intesa che può essere stipulato per l’assistenza sanitaria presso le strutture pubbliche, in caso di necessità (per le persone irregolarmente soggiornanti sono garantite solo le prestazioni urgenti ed essenziali).
Molto interessante è l’approvazione della “Carta dei diritti e dei doveri dello straniero nel Centro di identificazione ed espulsione” che il regolamento prevede debba essere consegnata a chiunque entri nel Centro. Nominata solo in una vecchia circolare ministeriale, ora invece questa “Carta” acquista la dignità di far parte di un decreto e quindi impone la necessità di assicurare il rispetto dei diritti e l’osservanza dei doveri, che non consistono solo nel non allontanarsi dal Centro, ma anche nel rispettare le regole di civile convivenza e di mantenere un atteggiamento di collaborazione con gli operatori del Centro, di rispettare l’igiene personale e la pulizia dei locali (il disagio del trattenimento ha troppo spesso causato disordini e danneggiamenti molto costosi per l’Amministrazione), di rispettare le regole di organizzazione, i beni e le strutture del Centro, di risarcire eventuali danni arrecati a persone o cose.
In quest’ultima ipotesi appare difficile immaginare con quali modalità sarà possibile ottenere il risarcimento dei danni, essendo necessario un giudizio civile. Forse sarebbe più utile prevedere misure sanzionatorie pecuniarie a ristoro, sia pure simbolico, dei danni che potrebbero essere arrecati”.di Mimma Amoroso (fonte:ilsole24ore.com)

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