“I giudici di pace e le espulsioni: per gli immigrati una giustizia di serie B

Unità’ Democratica Giudici di Pace Onorari ha partecipato alla presentazione della ricerca e ci riserviamo di commentarla ampiamente in seguito mentre pubblichiamo, per ora ,un articolo apparso in rete.

“I giudici di pace e le espulsioni: per gli immigrati una giustizia di serie B
Udienze svolte direttamente dentro i Cie, provvedimenti scarsamente motivati, lo stesso difensore per centinaia di casi… In una ricerca dell’università Roma Tre in cinque grandi città le cattive pratiche nei confronti degli stranieri trattenuti
Dalle cattive pratiche all’assoluta illegalità. Delinea il quadro di una giustizia sommaria e assolutamente di serie B la ricerca condotta dall’Osservatorio sulla giurisprudenza del giudice di pace in materia di immigrazione, che ha raccolto e analizzato sistematicamente i provvedimenti (639) emessi dai giudici di pace di Roma, Bologna, Bari, Firenze e Napoli in un periodo compreso tra il 2013 e il primo semestre 2014. La ricerca riguarda, in particolare, i procedimenti di convalida e proroga del trattenimento degli stranieri in attesa di espulsione e gli atti di opposizione all’espulsione.

In questo senso lo studio, presentato oggi all’università di RomaTre e finanziato da Open Society Foundations, rappresenta la prima analisi dettagliata sulla giustizia, o meglio l’ingiustizia, all’interno dei Cie.
Tra le cattive pratiche, quella di fare le udienze all’interno degli stessi Centri di identificazione ed espulsione, che “compromette il ruolo di l’imparzialità del giudice”, si sostiene nella ricerca. È stato poi riscontrato un numero enorme di provvedimenti scarsamente motivati, o addirittura privi di motivazione. E non manca tra gli aspetti negativi rilevati il ruolo degli avvocati: nella maggior parte dei casi la difesa risulti affidata a legali nominati, almeno formalmente, come” difensori di fiducia”. Ma in alcune sedi gli avvocati sono gli stessi nella quasi totalità dei procedimenti, seppure non sia chiaro quando questi siano venuti in contatto con i trattenuti (a Bari uno è risultato nominato in 128 procedimenti, oltre i due terzi del totale). Largamente disatteso inoltre il ricorso a misure alternative alla detenzione.(fonte: redattore sociale.it)

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