Entra in vigore domani la Legge n.161/2014: I Trattenimenti nei Cie non potranno superare i 90 giorni o i 30 giorni per coloro che sono stati già detenuti in carcere

cietorino
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 261 del 10 novembre 2014 – Supplemento Ordinario n. 83- è stata pubblicata la Legge 30 ottobre 2014, n. 161, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis”.
Entra in vigore domani la Legge n.161/2014: I Trattenimenti nei Cie non potranno superare i 90 giorni o i 30 giorni per coloro che sono stati già detenuti in carcere. Unità Democratica Giudici di Pace Onorari esprime una soddisfazione nel rilevare che le norme restrittive approvate negli anni scorsi sono state abrogate ed i trattenimenti nei Centri di Identificazione ed Espulsione saranno finalmente riportati al periodo precedente al 2002.
La Legge n.161/2014

Pubblichiamo un documento dell’ASGI sull’argomentoASGI – LE MODIFICHE AD ESPULSIONI E

“TRATTENIMENTI: INSERITE DALLA LEGGE N. 161/2014
LE MODIFICHE AL D.LGS. 286/98 IN MATERIA DI ESPULSIONI E TRATTENIMENTI DEGLI STRANIERI
APPORTATE DALLA LEGGE 30.10.2014, N. 161 (LEGGE EUROPEA 2013 BIS)
Sulla Gazzetta ufficiale del 10.11.2014 è stata pubblicata la legge 30.10.2014, n. 161 (legge europea 2013 bis), contenente disposizioni eterogenee volte ad adeguare le norme interne all’ordinamento europeo al fine di risolvere talune procedure d’infrazione e scongiurarne altre.
La legge entrerà in vigore il 25 novembre 2014.
L’art. 3, L. 161/2014 introduce modifiche al D.Lgs. 286/98 che riguardano:
1) L’espulsione del titolare di permesso di soggiorno rilasciato da altro Stato membro dell’U.E., valido per il soggiorno in Italia, che ometta di effettuare la dichiarazione di presenza entro otto gg. lavorativi dall’ingresso in Italia.
L’art. 5, co. 7, TU, prevede l’obbligo di effettuare la dichiarazione di presenza per gli stranieri muniti di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato da altro Stato membro dell’U.E. valido per il soggiorno in Italia. Mentre la disposizione previgente prevedeva che qualora la dichiarazione non venisse resa entro 60 gg. dall’ingresso in Italia il Prefetto avesse la facoltà di disporre l’espulsione amministrativa, la nuova norma elimina la facoltà di espellere, ma prevede soltanto l’applicazione della sanzione amministrativa da 103 a 309€.
Sono invece introdotti i nuovi commi 7 bis, 7 ter e 7 quater che ridisegnano la potestà espulsiva nei confronti di questo tipo di stranieri.
In particolare, il comma 7 bis prevede che se lo straniero in questione si trattiene in Italia oltre i tre mesi dall’ingresso (senza avere adempiuto all’obbligo di effettuare la dichiarazione di presenza), il questore gli intima di recarsi immediatamente, o comunque entro sette giorni, nello Stato dell’Unione che gli ha rilasciato il titolo di soggiorno – in corso di validità – che gli conferiva il diritto di soggiornare in Italia.
Soltanto in caso d’inottemperanza alla predetta intimazione, il prefetto adotta (trattasi di obbligo e non più di mera facoltà) il provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 13, co. 2, lett. b), TU, secondo la previsione del successivo comma 7 ter.
Pertanto qualora lo straniero titolare di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato da altro Stato membro dell’U.E. valido per il soggiorno in Italia non abbia presentato la dichiarazione di presenza entro 8 gg. dall’ingresso nel territorio italiano riceve la sanzione amministrativa da 103 a 309 Euro, ma se si trattiene oltre 3 mesi senza avere fatto la dichiarazione di presenza il Questore gli intima di rientrare nell’altro Stato UE entro i successivi 7 giorni e in caso di inottemperanza a questa intimazione è adottato nei suoi confronti un provvedimento amministrativo di espulsione.
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ASGI – LE MODIFICHE AD ESPULSIONI E TRATTENIMENTI INSERITE DALLA LEGGE N. 161/2014
Dunque il provvedimento amministrativo di espulsione per irregolarità del soggiorno si arricchisce di un nuovo tipo di presupposto e anche in tale ipotesi il provvedimento è eseguibile con gli ordinari strumenti attuativi vigenti (accompagnamento, trattenimento, ordine – e non più intimazione- del questore), fermi restando i numerosi profili di illegittimità costituzionale e comunitaria che in più occasioni sono stati evidenziati in materia di espulsioni amministrative prefettizie, anche in relazione alla sostanziale elusione della Direttiva 2008/115/CE.
Tuttavia, ordinariamente tale straniero espulso sarà accompagnato non già verso il territorio dello Stato extracomunitario di cui è cittadino, bensì verso il territorio dell’altro Stato membro della UE che aveva rilasciato il permesso di soggiorno – in corso di validità – di cui è titolare lo straniero.
Merita attenzione la previsione secondo la quale questa particolare procedura espulsiva ha come presupposto che lo straniero sia titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da altro Stato membro in corso di validità. Ciò significa che se lo straniero era titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da altro Stato UE ormai scaduto o comunque non più valido, sarà trattato alla stregua di tutti gli altri stranieri irregolarmente soggiornanti e dunque sarà espulso e rinviato verso lo Stato extraUE di cui è cittadino.
In buona sostanza, le previsioni più favorevoli contenute nella nuova norma si applicano soltanto nei confronti di uno straniero che abbia 3 requisiti:
1) sia titolare di un permesso di soggiorno valido rilasciato da altro Stato dell’UE che gli consenta di soggiornare in Italia;
2) non abbia effettuato la dichiarazione di presenza entro 8 gg. lavorativi dal suo ingresso nel territorio italiano e vi si trattenga oltre tre mesi dall’ingresso;
3) non abbia ottemperato all’intimazione fattagli dal Questore di fare rientro – subito o entro il termine massimo di 7 gg. – nello Stato membro che gli aveva rilasciato il titolo di soggiorno.
Invece nei casi in cui l’espulsione nei confronti dello straniero titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da altro Stato UE deve essere disposta per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato (art. 13, co. 1, TU), ovvero per motivi di prevenzione del terrorismo, anche internazionale (art. 3, L. 155/2005), il provvedimento di espulsione deve essere adottato dopo avere sentito l’altro Stato membro ed è eseguito con accompagnamento verso lo Stato non appartenente all’Unione europea.
Si delinea così una sostanziale identità della procedura espulsiva dello straniero titolare di permesso di soggiorno rilasciato da altro Stato membro che consenta il soggiorno in Italia, con l’espulsione dello straniero in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, disciplinata dall’art. 9 bis, TU.
Infine, analogamente alle ipotesi in cui il provvedimento espulsivo italiano è eseguito di norma verso il territorio dell’altro Stato membro della UE che aveva rilasciato il permesso di soggiorno, il nuovo comma 7 quater dell’art. 5, TU, prevede la riammissione in Italia da parte di altro Stato membro dello straniero che soggiornava in altro Stato UE e che era titolare di un permesso di soggiorno rilasciato dall’Italia, in corso di validità, salvo che costui costituisca un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
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2) L’espulsione dello straniero sottoposto alla permanenza domiciliare o al lavoro di pubblica utilità per i reati di cui agli artt. 10 bis e 14 co. 5 ter e quater TU
Una premessa è d’obbligo per comprendere il tema della riforma.
La L. n. 129/2011 (conseguente alla nota sentenza El Dridi dell’aprile 2011 della Corte di giustizia U.E.) ha ridefinito il sistema sanzionatorio per i reati d’inosservanza, anche reiterata, all’ordine di allontanamento del questore, previsti dall’art. 14, co. 5 ter e quater, TU: in luogo della pena detentiva si applica la pena pecuniaria della multa, e la competenza è stata attribuita all’ufficio del giudice di pace (grazie al richiamo, effettuato dal coma 5 quinquies dell’art. 14 cit., agli art. 20 bis, 20 ter e 32 del D. Lgs. n. 274/2000, che, come noto, disciplina la competenza penale del giudice di pace).
Anche il reato d’ingresso e di soggiorno illegali, previsto dall’art. 10 bis TU (che entro il 17 gennaio 2015 dovrebbe essere abrogato e trasformato in illecito amministrativo, per effetto della delega legislativa alla depenalizzazione prevista dall’art. 2, comma 3 L. n. 67/2014 ) è sanzionato con la pena pecuniaria – nella specie l’ammenda – ed è attribuito alla competenza del giudice di pace.
Per tutte le citate fattispecie penali, in caso di condanna e di successiva insolvenza del condannato, ai sensi dell’art. 55, D. Lgs. n. 274/2000 la pena pecuniaria non eseguita si converte in lavoro sostitutivo ( se richiesto dal condannato), ovvero nell’obbligo di permanenza domiciliare.
Occorre ancora rammentare che la Corte di giustizia dell’Unione con la sentenza Sagor del 6.12.2012 si è pronunciata circa l’ostatività del reato d’ingresso e soggiorno illegale ( art. 10 bis TU), rispetto alla Direttiva 2008/115/CE, nella parte in cui tale fattispecie consente di reprimere il soggiorno irregolare con un obbligo di permanenza domiciliare, senza garantire che l’esecuzione di tale pena debba cessare dal momento in cui è possibile il trasferimento fisico dello straniero fuori dallo stato membro, potendo in tal modo violare l’effetto utile della Direttiva stessa, consistente nell’allontanamento effettivo dello straniero irregolare dal territorio dell’Unione.
Infatti, secondo la Corte, la Direttiva potrebbe non consentire l’applicazione della permanenza domiciliare (cfr. § 43 – 46 della sentenza Sagor) perché:
– detta permanenza non contribuisce alla realizzazione dell’allontanamento, cioè al trasporto fisico dell’interessato fuori dello Stato membro;
– quindi non è una misura coercitiva ai sensi dell’art. 8, §4 della Direttiva ( ove si precisa che le misure coercitive – applicabili in ultima istanza – servono per allontanare lo straniero che oppone resistenza);
– è idonea a ritardare l’accompagnamento alla frontiera e il rimpatrio forzato; però
– siffatto rischio di pregiudizio alla procedura di rimpatrio sussiste qualora la disciplina
italiana applicabile non preveda che l’esecuzione dell’obbligo di permanenza domiciliare debba avere fine dal momento in cui sia possibile realizzare l’accompagnamento,
– quindi il giudice del rinvio deve esaminare se esista, nella normativa nazionale, una disposizione che faccia prevalere l’allontanamento sull’esecuzione dell’obbligo di permanenza domiciliare;
– in assenza di siffatta disposizione, occorrerebbe concludere che la Direttiva osta a che un meccanismo di sostituzione della pena pecuniaria con la permanenza domiciliare – del tipo previsto dagli artt. 53 e 55 D. Lgs. n. 274/2000 – sia applicato ai cittadini di Paesi terzi in condizione di soggiorno irregolare.
E’ evidente che analoghi dubbi sussistono pure in relazione alla possibilità di applicare la permanenza domiciliare per i reati di cui all’art. 14, TU.
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E’ per scongiurare questi possibili contrasti con la Direttiva rimpatri che, con la legge europea 2013 bis, il legislatore introduce il nuovo comma 3 septies nell’art. 13, TU.
La nuova disposizione prescrive che il provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero che si trovi in ognuna delle ipotesi contemplate nell’art. 13 TU, debba essere eseguito in ogni caso nei confronti degli stranieri sottoposti alla pena della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità per i reati di cui agli artt. 10 bis e 14, co. 5 ter e quater TU, fermo restando che i giorni di pena residui si convertono in pena pecuniaria.
Un paio di considerazioni si impongono a proposito di questa nuovo (ennesimo!) comma dell’art. 13 TU:
a) la legge di riforma prevede che l’espulsione amministrativa non possa essere ostacolata dall’esecuzione della pena del “lavoro di pubblica utilità”, che è istituto formalmente diverso dal “lavoro sostitutivo” delle pene pecuniarie. Invero, il primo, che è disciplinato dall’art. 54, D. Lgs. n. 274/2000, è una delle sanzioni applicabili dal giudice di pace solo su richiesta dell’imputato, mentre il secondo è una delle modalità di conversione – applicabile a richiesta del condannato – della pena pecuniaria in caso di insolvenza dello stesso (art. 55, D. Lgs. n. 274/2000). Le ipotesi in cui possa incorrere il condannato straniero per i reati di ingresso e soggiorno illegale e d’inottemperanza, anche reiterata e senza giustificato motivo, all’ordine di allontanamento del questore, riguardano l’insolvenza per il pagamento delle pesanti sanzioni pecuniarie previste per i reati in questione. E’ quindi probabile che la dizione normativa sia frutto di un refuso, volendo il legislatore riferirsi al lavoro sostitutivo della pena pecuniaria, per il caso d’insolvibilità.
b) Poiché non consta che vi siano mai stati casi di applicazione né della permanenza domiciliare né del lavoro sostitutivo per i reati in questione, forse il legislatore avrebbe potuto prevedere l’inapplicabilità in radice dell’art. 55 D. Lgs. n. 274/2000 con riferimento a tali fattispecie. Inoltre, si consideri che la L. 28.4.2014, n. 67, all’art. 2, co. 3, lett. b) delega al governo l’abrogazione del reato previsto dall’art. 10 bis TU, con decreto legislativo da emanarsi entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa, sicché tale delega avrebbe potuto essere attuata sin da subito da parte del governo, nell’ottica di una migliore sinergia tra legislativo ed esecutivo.
3) La registrazione dei divieti di reingresso nel S.I.S.
All’art. 13, dopo il comma 14 – relativo alla durata dei divieti di reingresso dello straniero espulso ( e non anche di quello oggetto di respingimento, né immediato, né differito, per cui il divieto di reingresso non è previsto dal comma 13 della stessa norma) – è aggiunto il comma 14 bis, in base al quale il divieto di rientro dello straniero espulso è registrato dall’autorità di pubblica sicurezza ed inserito nel Sistema d’informazione Schengen. Trattasi del recepimento nel diritto interno degli obblighi derivanti dal Regolamento 1987 del 2006.
4) Il rinvio dello straniero espulso verso altri Stati U.E. con cui siano stati stipulati accordi di riammissione
“In presenza di accordi o intese bilaterali con altri Stati membri dell’Unione europea entrati in vigore in data anteriore al 13 gennaio 2009, lo straniero che si trova nelle condizioni di cui al comma 2 [ dell’art. 13 TU] può essere rinviato verso tali Stati”. Così recita il nuovo comma 14 ter dell’art. 13 TU.
Occorre chiarire che il 13 gennaio 2009 entrò in vigore la Direttiva 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. La nuova disposizione fa salvi gli accordi o le intese bilaterali stipulati
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dall’Italia con altri Stati dell’Unione prima dell’entrata in vigore della predetta Direttiva, consentendo così il rinvio degli stranieri espellendi verso il territorio di tali Stati e non verso il territorio dello Stato di cui sono cittadini.
Ciò consente di eseguire il provvedimento amministrativo di espulsione nei confronti di straniero extracomunitario, entrato irregolarmente attraverso la frontiera (interna) con altro Stato dell’Unione europea, mediante il rinvio verso il territorio dell’altro Stato membro, il quale a sua volta potrà eventualmente eseguire il rimpatrio.
Poiché l’art. 8 della Direttiva rimpatri fa salva l’applicazione di norme più favorevoli previste dagli accordi bilaterali già in vigore in ogni Stato dell’Unione al momento dell’entrata in vigore della direttiva (13.1.2009), la nuova norma consente di rinviare lo straniero direttamente nello Stato membro da cui costui aveva fatto ingresso in Italia – invece che nel paese terzo di appartenenza – ma soltanto nel caso in cui le norme previste dall’accordo di riammissione tra l’Italia e tale Stato siano più favorevoli.
Gli accordi di riammissione stipulati dall’Italia con gli altri Stati UE sono anteriori al 13.1.2009 Tuttavia essi non sono comunque applicabili allo straniero irregolare, nei casi cui egli manifesti in qualsiasi forma (anche verbale) la sua volontà di chiedere asilo, e dunque anche prima che sia formalizzata la domanda. In tali casi infatti si applicano tutte le norme concernenti i richiedenti asilo e dunque le autorità dovranno comunque svolgere gli accertamenti previsti dal regolamento Dublino III.
La nuova norma legislativa appare molto pericolosa nella parte in cui consente il rinvio in Stati come la Grecia, nei quali gli standard di diritto o di fatto sono notevolmente al di sotto del rispetto dei diritti umani e di accoglienza, così come acclarato da pronunce della Corte EDU.
Inoltre la nuova norma appare di dubbia legittimità costituzionale, perché si riferisce agli accordi di riammissione stipulati, che pur avendo natura politica, non sono stati ratificati con legge previa autorizzazione delle Camere, in violazione dell’art. 80 Cost.
Peraltro occorrerà verificare caso per caso l’applicabilità concreta di ognuno di questi accordi (il cui testo è consultabile nell’apposito archivio del Ministero degli affari esteri inserendo la parola “riammissione” nell’apposita voce del motore di ricerca on-line che si trova al link http://itra.esteri.it/Ricerca_Documenti/wfrmRicerca_Documenti.aspx). Infatti ogni accordo prevede condizioni di applicabilità diverse (p. es. alcuni si applicano a tutti, altri soltanto nei confronti dello straniero extracomunitario sia transitato irregolarmente, ma che abbia soggiornato regolarmente nell’altro Stato o che sia entrato regolarmente nel territorio dell’altro Stato), termini diversi (p. es. il fermo dopo che l’ingresso irregolare dal territorio dell’altro Stato sia avvenuto da non oltre 3 mesi o 6 mesi di soggiorno) ed esclusioni diverse (p. es. non applicabilità in caso di pericolo di estradizione o di rischio di violazione dei diritti umani, esclusione dall’applicazione delle espulsioni per motivi di ordine pubblico ecc.).
5) La riscrittura del comma 5 dell’art. 14 TU in tema di proroga e termini del trattenimento
La nuova legge sostituisce l’intero comma 5 dell’art. 14 TU che disciplina la convalida e la proroga dei termini di trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione.
E’ sicuramente la parte più innovativa delle modifiche introdotte dall’art. 3 della legge 161/2014, se non altro perché riduce drasticamente i termini massimi di trattenimento: da 18 mesi a 90 gg.
Occorre tuttavia esaminare con attenzione la nuova disciplina foriera di dubbi interpretativi di non agevole soluzione.
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Innanzitutto, va premesso che la fase esecutiva dell’espulsione e del respingimento resta immutata sia nelle premesse che nell’autorità che dispone accompagnamenti e trattenimenti, con tutte le conseguenze sotto i vari profili d’illegittimità costituzionale e comunitaria che sono stati evidenziati in vari documenti dell’ASGI cui si fa integrale rinvio, e che comunque vengono sinteticamente riassunti nell’appendice del presente commento.
L’incipit della nuova disposizione del comma 5 dell’art. 14 TU è identico al testo previgente: il provvedimento di convalida rimane il titolo di privazione della libertà personale posto che esso “comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi 30 gg.”.
In presenza di “gravi difficoltà” in relazione all’accertamento dell’identità e della nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio (e dunque non difficoltà vaghe o generiche) il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine del trattenimento di ulteriori 30 gg. secchi: al giudice continua ad essere inibita la prescrizione di un trattenimento avente una durata massima inferiore agli ulteriori 30 giorni, commisurata in relazione alle esigenze concretamente addotte dalla P.A. nel caso di specie. Ovviamente il questore esegue l’espulsione o il respingimento anche prima dello scadere dei termini.
Quindi, la disciplina dell’adozione del trattenimento, della convalida e quella della prima proroga del trattenimento sembra immutata.
Tuttavia, il giudice allorché deve esaminare la prima richiesta di proroga dovrà verificare con la massima severità se davvero sussistano le gravi difficoltà” in relazione all’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio. Infatti, la legge ha modificato anche l’art. 14, comma 5-bis TU, prevedendo che il Questore debba (adottare) impartire (l’ordine) allo straniero l’ordine di lasciare l’Italia entro 7 giorni (invece che il) in luogo del trattenimento allorché “dalle circostanze concrete non emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza”.
Pertanto le gravi difficoltà circa l’accertamento dell’identità o della nazionalità o l’acquisizione dei documenti di viaggio che legittimano la proroga del trattenimento devono essere senz’altro gravi (e non ordinarie), ma non devono essere mai consistere in elementi concreti che fanno ritenere già ora che manchi ogni ipotesi ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza: infatti, in tal caso, il Questore non dovrà certo chiedere la proroga del trattenimento, ma dovrà disporre l’ordine di allontanamento dello straniero previsto dall’art. 14 co. 5 bis TU.
Incidentalmente, si osserva come il legislatore abbia perso l’ennesima occasione per disciplinare normativamente le udienze di proroga del trattenimento, la cui inderogabile necessità è stata a più riprese sottolineata dalla giurisprudenza di legittimità, a far data dalla sentenza della 1^ sez. civile della Corte suprema del 24.2.2010, n. 4544.
Mutano parzialmente il sistema delle successive proroghe, e, significativamente, i termini massimi di trattenimento.
Vediamo le differenze.
Mentre la disciplina previgente prevedeva ulteriori proroghe di 60 gg. l’una in presenza delle condizioni legittimanti il trattenimento ab origine per un periodo non superiore a 180 gg., ora – dopo la prima proroga, cioè decorsi i primi 60 gg. di trattenimento (30 conseguenti alla convalida del primo trattenimento e 30 conseguenti alla prima proroga del trattenimento) “il questore può chiedere al giudice una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione ovvero sia necessario [il trattenimento, ndr.] al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. In ogni caso il periodo massimo di trattenimento …non può superare il 90 gg”.
E’ pertanto evidente che, decorsi 60 gg, sono concedibili una o più proroghe per un periodo massimo di ulteriori 30 gg, nel limite massimo di 90 gg.
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I criteri per la concessione dell’ultimo frazionabile segmento di proroga sono significativamente differenti – quanto ai presupposti – rispetto sia alla convalida che alla prima proroga e trattandosi di misura restrittiva della libertà personale in cui la riserva di legge prevista dall’art. 13 Cost. è assoluta, occorre un’interpretazione in senso tassativo e restrittivo dei presupposti della proroga dei trattenimenti.
In primo luogo occorre la sussistenza di elementi concreti (e non vaghi o presunti o genericamente non riferiti al caso) che consentano di ritenere probabile l’identificazione. Perciò al giudice debbono essere forniti elementi di fatto che gli consentano di sciogliere positivamente la prognosi che il trattenuto è in via di imminente identificazione. Tali elementi non possono che consistere in attestazioni documentali fidefacenti provenienti dall’autorità consolare del paese di origine dello straniero, che attestino incontrovertibilmente l’avanzato stato della procedura di identificazione. Dovrebbero così scongiurarsi prassi, poste in essere nel passato, come la semplice produzione di un telefax contenente la richiesta d’identificazione inviato dalla questura al consolato del Paese di (presunta) appartenenza dello straniero, per ottenere l’ultimo segmento di proroghe del trattenimento.
In alternativa, l’amministrazione deve fornire al giudice elementi concreti che attestino che le operazioni di rimpatrio sono imminenti, come ad esempio la prenotazione del titolo di viaggio.
Questa stringente previsione si accorda con il potere, riconosciuto al giudice, di concedere proroghe per uno o più periodi non predefiniti per legge, ma orientabili in funzione delle concrete necessità prospettate dall’amministrazione, sempre nel limite dei 30 gg. Pertanto, il giudice dovrà concedere una proroga anche di pochi giorni, quando si dimostri che la partenza e l’identificazioni sono imminenti.
Vi è quindi una sostanziale differenza tra la prima proroga, che pur sempre presuppone la sussistenza di gravi difficoltà in ordine all’accertamento dell’identità e nazionalità dello straniero o all’acquisizione di documenti per il viaggio e che è di 30 gg. secchi, e la (o le) successiva (e) che, invece, possono essere inferiori a 30 gg, e richiedono la prova concreta che l’identificazione è probabile (dunque che le procedure sono già in stato avanzato e che quindi l’amministrazione ha proficuamente utilizzato i 60 gg. che ha già avuto a disposizione), ovvero che le operazioni di rimpatrio sono prossime (e che quindi lo straniero è stato compiutamente identificato e che l’amministrazione si è concretamente adoperata per superare – con esito positivo- le gravi difficoltà relative l’acquisizione dei documenti per il viaggio che avevano giustificato la prima proroga).
Sono dunque chiare le due novità importanti:
1) Si elimina per le proroghe successive alla prima, la durata fissa del trattenimento, e si affida alla valutazione del questore e del giudice di pace il tempo che in concreto risulti necessario per l’esecuzione del rimpatrio; tale modifica appare conforme con la direttiva UE sui rimpatri, che in materia di trattenimento richiede una valutazione caso per caso delle effettive esigenze della procedura di rimpatrio.
2) Si prevede il presupposto che sussistano “elementi concreti” che rendono probabile l’identificazione, il che impedisce al giudice di pace, di accogliere proroghe in mancanza di qualsiasi elemento concreto che renda probabile l’identificazione e il rimpatrio.
Circa la probabilità di identificazione ci si può riferire anche ai criteri, ai tempi e ai modi di identificazione previsti dagli eventuali accordi bilaterali di riammissione con lo Stato (incluso quello extraUE).
La necessità del trattenimento al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio dovrà essere verificata anche alla luce del pericolo di fuga, delle condizioni di salute e dell’impossibilità di disporre in concreto misure coercitive alternative al trattenimento.
Peraltro, il giudice, allorché deve esaminare la seconda richiesta di proroga dovrà verificare con la massima severità se davvero sussistano gli elementi concreti che fanno ritenere probabile l’identificazione nei successivi 30 gg.
Infatti in base al nuovo art. 14, comma 5-bis TU il Questore deve adottare l’ordine allo straniero di lasciare l’Italia entro 7 giorni invece che il trattenimento allorché “dalle circostanze concrete non
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emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza”.
Pertanto gli elementi concreti che fanno ritenere probabile l’identificazione dovrebbero essere il contrario degli elementi concreti che fanno ritenere già ora che manchi ogni ipotesi ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza: infatti in tal caso il Questore non dovrà certo chiedere la proroga del trattenimento, ma dovrà disporre (adottare l’ordine allo straniero di lasciare l’Italia entro 7 giorni.) l’ordine di allontanamento ex art. 14 co. 5 bis, TU.
In assenza della prova della sussistenza di questi rigorosi presupposti, il termine massimo di trattenimento non può superare i 60gg.
In ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero nei CIE non può superare i 90 gg.
Occorre ora esaminare l’applicabilità di questo termine massimo sia rispetto ai trattenimenti già in corso, che in relazione a pregressi trattenimenti nei confronti della stessa persona che, in una o più soluzioni, abbiano già superato tale termine.
Deve trovare applicazione il principio del c.d. “tempus regit actum” che regola l’azione amministrativa delle PPAA: si applica la regola in vigore al momento del compimento dell’atto, e la formulazione “in ogni caso” vuol dire che mai quel termine può essere superato, senza possibilità di deroga alcuna.
Da questa importante premessa scaturiscono le seguenti conseguenze:
a) le nuove norme si applicano ai trattenimenti che siano già in corso al momento dell’entrata in vigore della legge: il 25 novembre 2014. Quindi qualsiasi straniero trattenuto in un CIE deve essere immediatamente dimesso se dopo la mezzanotte del 24 novembre p.v. è già trattenuto da 90 gg.;
b) analogamente, non può più essere sottoposto alla misura di un nuovo trattenimento lo straniero che, in passato, sia stato già trattenuto continuativamente ovvero per periodi di trattenimento diversi e intervallati da periodi di dimissione, per un tempo che solo o congiunto a diversi periodi, superi i 90 gg., senza che sia mai stato effettuato l’allontanamento dal territorio nazionale;
c) infine, non può protrarsi il trattenimento in atto dello straniero che alla data del 25.11.2014 non abbia ancora superato i 90 gg., ma che sia già stato soggetto a precedenti periodi di trattenimento che, sommati a quello in atto, superino i 90 gg.
Il termine massimo di trattenimento si applica a tutte le ipotesi in cui trova applicazione la misura in questione nell’ambito del D. Lgs. n. 286/1998 e della medesima procedura di allontanamento, trattandosi di regola generale in materia di privazione della libertà personale che soggiace alla riserva assoluta di legge ai sensi dell’art. 13 Cost.
Poiché il trattenimento è finalizzato esclusivamente all’esecuzione dell’allontanamento, soltanto in caso di avvenuta esecuzione dell’allontanamento e di successivo rientro illegale nel territorio nazionale da parte della medesima persona, riprende da capo una nuova procedura di allontanamento e, in tal caso, i termini di trattenimento decorrono da zero, non computandosi i periodi di trattenimento trascorsi antecedentemente all’esecuzione del provvedimento ablativo. Tuttavia, è evidente che se la stessa persona è già stata allontanata coattivamente almeno una volta la P.A. ha provveduto ad identificarla e, pertanto, difficilmente sussisteranno gravi difficoltà per la sua identificazione, al più il trattenimento potrà essere disposto al fine di acquisire i documenti per il viaggio.
Diversamente, ove, come spesso accade, a carico della stessa persona vengano disposti plurimi provvedimenti espulsivi che si susseguono nel corso del tempo, senza che a nessuno di questi sia
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mai stata data esecuzione (né spontaneamente, né coattivamente) – come ad esempio nell’ipotesi della nuova espulsione prevista dall’art. 14, co. 5 ter TU nei confronti dell’inottemperante, senza giustificato motivo, all’ordine di allontanamento di cui all’art. 14, co. 5 bis TU – la procedura di allontanamento non si è mai interrotta, essendo sempre costante l’illegittimità della permanenza sul territorio dello Stato, ed il fatto che l’amministrazione non sia riuscita a dare esecuzione ai suoi provvedimenti si qualifica come un incidente di esecuzione nell’ambito della medesima procedura, sicché deve ritenersi che i diversi periodi di trattenimento siano tra loro cumulabili ai fini del decorso del termine massimo di 90 gg.
La procedura di allontanamento – cui è finalizzato il trattenimento – si conclude solo con il trasporto fisico dello straniero fuori dei confini dell’Unione europea.
5. bis) Le nuove disposizioni e il trattenimento del richiedente protezione internazionale
Nei confronti del richiedente protezione internazionale è disposto il trattenimento nei casi previsti dall’art. 21, co. 1, D. Lgs. n. 25/2008.
Ai sensi del comma 2, il trattenimento è adottato dal questore con le modalità di cui all’art. 14 TU, mentre “quando è già in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del trattenimento per ulteriori 30 gg per consentire l’espletamento della procedura di cui all’art. 28”.
Occorre pertanto definire i rapporti tra le nuove norme sul trattenimento e le norme sul trattenimento del richiedente asilo.
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’U.E. “il periodo durante il quale una persona è collocata in un centro di permanenza temporanea in forza di una decisione adottata dalle disposizioni nazionali e comunitarie relative ai richiedenti asilo non deve essere considerato un trattenimento ai fini dell’allontanamento ai sensi dell’art. 15 della Direttiva 2008/115 “ (CGUE, Grande sezione, 30.11.2009, Kadzoev), dal che si potrebbe argomentare che il termine di 30 gg. indicato dall’art. 21, co. 2, D. Lgs. n. 25/2008 sia estraneo al computo dei termini di trattenimento pre-espulsivo.
A proposito della proroga del trattenimento ai fini dell’espletamento dell’esame prioritario si riscontra un orientamento giurisprudenziale non univoco:
– secondo una lettura letterale della disposizione di cui all’art. 21, co. 2, D.Lgs. 25/2008, un orientamento propende per l’estensione della misura coercitiva una sola volta, per 30 gg., senza applicare l’intera disciplina dell’art. 14 TU;
– secondo altro orientamento prevalente, il richiamo all’art. 14 cit. comporta l’integrale applicazione di questa disposizione e, conseguentemente, la possibilità di effettuare il trattenimento per tutta la durata indicata dall’art. 14 cit., posto che i termini previsti dall’art. 28 D.Lgs. 25/2008, per l’effettuazione dell’esame prioritario della domanda di protezione da parte di una persona sottoposta alla misura coercitiva del trattenimento , non sono perentori.
Occorre ancora osservare che il richiedente protezione internazionale, di per sé, non può essere trattenuto ( perché, a monte, non può neppure essere espulso o respinto) fino alla definizione della domanda e sino a che non sono spirati inutilmente i termini per ricorrere contro il diniego della stessa.
L’art. 21, D. Lgs. n. 25/2008 prescrive, al primo comma, i casi di trattenimento del richiedente asilo dettati dall’essere il richiedente gravato dall’avere commesso gravi crimini internazionali preclusivi dello status di rifugiato o da determinate condanne ivi espressamente indicate, ovvero dall’essere destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento; mentre il secondo
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comma disciplina la proroga del trattenimento quando la domanda di protezione sia stata avanzata quando il trattenimento era già in corso ad altro titolo.
In proposito, tutte le ipotesi di trattenimento del richiedente asilo previste nell’art. 21 d. lgs. n. 25/2008 sono tuttora legittime soltanto se ad ognuna di esse si dà una interpretazione conforme alle norme dell’UE in materia di trattenimenti dei richiedenti asilo previste dalla direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (direttiva che comunque dovrà essere pienamente attuata entro il 20 luglio 2015, ma che in base alla giurisprudenza comunitaria lo Stato non può violare prima di allora).
Infatti, come ha ricordato la sentenza della CGUE, terza sezione, 30.5.2013, Arslan, l’applicazione di tutti i tipi di trattenimento del richiedente asilo non deve essere automatica, ma presuppone una verifica caso per caso e comunque se la persona era già trattenuta per un rimpatrio a causa del soggiorno irregolare occorre “comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio” (art. 8, par. 3, lett. d) direttiva UE 2013/33). La sentenza Arslan del resto ricorda che già le precedenti Direttive 2003/9/CE (direttiva accoglienza) e (Direttiva) 2005/85 (direttiva procedure) non ostano a che il cittadino di Paese terzo che ha presentato domanda di protezione internazionale dopo che sia stato disposto il suo trattenimento ai sensi dell’art. 15 Direttiva rimpatri, continui ad essere trattenuto in base ad una norma di diritto nazionale, qualora appaia, in esito ad una valutazione individuale di tutte le circostanze pertinenti, che tale domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o compromettere l’esecuzione della decisione di rimpatrio, e che è oggettivamente necessario che il provvedimento di trattenimento sia mantenuto al fine di evitare che l’interessato si sottragga definitivamente al proprio rimpatrio.
Perciò, come si ricava dalla citata sentenza Arslan, il mero precedente provvedimento di respingimento o di espulsione o di trattenimento non è sufficiente e renderebbe nullo il provvedimento di trattenimento del richiedente asilo perché “non permette di presumere, senza una valutazione caso per caso di tutte le circostanze pertinenti, che egli abbia presentato tale domanda al solo scopo di ritardare o compromettere l’esecuzione della decisione di allontanamento e che sia oggettivamente necessario e proporzionato mantenere il provvedimento di trattenimento”.
In mancanza di tali presupposti, dunque, il provvedimento di trattenimento del richiedente asilo non deve essere adottato, né convalidato, fermi restando i diversi profili di illegittimità costituzionale che viziano tutti i provvedimenti di trattenimento e i provvedimenti di respingimento e di espulsione amministrativa.
Inoltre la stessa sentenza Arslan ha affermato che la direttiva UE sui rimpatri degli stranieri in situazione di soggiorno irregolare è inapplicabile ai richiedenti asilo, perché il loro soggiorno non può considerarsi irregolare durante il periodo che intercorre tra la presentazione di tale domanda e l’adozione della decisione dell’autorità di primo grado, o, eventualmente, fino all’esito del ricorso che sia stato proposto avverso tale decisione.
Pertanto, non può applicarsi ai richiedenti asilo tutta la disciplina del trattenimento prevista dall’art. 14 TU ed infatti anche l’art. 21, D. Lgs. 25/2008 si limita a richiamare l’art. 14 TU soltanto per la tipologia dei centri in cui avviene il trattenimento (c. 1) e alle modalità di adozione del decreto di trattenimento dei richiedenti asilo (c. 2), senza alcun riferimento alla durata del trattenimento.
Perciò al trattenimento dei richiedenti asilo si deve applicare soltanto l’art. 21, D. Lgs. n. 25/2008, e ciò significa che il limite massimo del trattenimento del richiedente asilo è di 30 giorni, il che è coerente con la tempistica delineata dal legislatore nazionale: disposizione del trattenimento (48+48 ore), procedura prioritaria (9 giorni al massimo dalla trasmissione del fascicolo, che deve essere “contestuale” al trattenimento, secondo la lettera dell’art. 28, D. Lgs. n. 25/2008) e termine per l’impugnazione (15 giorni) durante il quale il r.a. non può essere espulso (4
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+ 9 + 15 = 29 giorni al massimo). Con l’inutile decorso del termine per il ricorso, il Prefetto provvede ad una nuova espulsione (art. 32, c. 4, D. Lgs. 25/08, che richiama l’art. 13, c. 4, TU), cui può seguire un trattenimento “ordinario”, previa richiesta e convalida giudiziaria nelle 96 ore dall’adozione del provvedimento.
Nel caso in cui invece lo straniero avanzi ricorso contro la decisione negativa della Commissione – ferma restando l’inapplicabilità della direttiva rimpatri “fino all’esito del ricorso che sia stato proposto avverso tale decisione” (sent. Arslan) – l’iter seguente dipenderà dalla decisione del giudice in merito alla sospensiva: in caso di accoglimento, seguono il rilascio del permesso di soggiorno e le dimissioni dal Cie, (art. 19, comma 11 d. lgs. n. 150/2011) e in caso negativo seguono l’espulsione e l’eventuale trattenimento post convalida ad hoc.
Invece, nel caso di domanda di protezione avanzata durante il trattenimento già in corso, alla formalizzazione della domanda consegue il mutamento del titolo del trattenimento (sent. Kadzoev), non essendo lo straniero più trattenuto in quanto espellendo ma in quanto richiedente asilo, con conseguente applicazione dell’art. 21, c. 2, D. Lgs. n. 25/2008. Ricevuta la domanda il questore deve richiedere la proroga del trattenimento (originariamente disposto ad altro titolo) per 30 giorni al tribunale monocratico. La norma non individua il termine per la richiesta di proroga, ma la sentenza Arslan chiarisce che il mantenimento del trattenimento (necessario “per non compromettere la finalità della direttiva”) può essere disposto solo se “sia oggettivamente necessario e proporzionato” anche in considerazione dell’eventuale strumentalità della domanda. Tale valutazione, evidentemente preliminare alla decisione di mantenimento del trattenimento, deve intervenire subito, nel consueto termine di 48+48 ore, in ossequio alle garanzie costituzionali nonché allo stesso art. 21, D. Lgs. n. 25/2008, secondo il quale “le modalità di adozione” del trattenimento sono quelle previste dall’art. 14 TU. Il termine di 30 giorni previsto dall’art. 21, c. 2, D. Lgs. 25/2008, deve dunque decorrere dalla formalizzazione della richiesta di protezione (perché è con la firma dell’istanza di protezione che si modifica lo status dello straniero ed il titolo giuridico del trattenimento) e non dalla scadenza dell’originale termine di trattenimento.
Inoltre, poiché la sent. Arslan afferma l’inapplicabilità della direttiva UE sui rimpatri fino all’esito del ricorso giurisdizionale contro il diniego della domanda di protezione internazionale e poiché l’art. 21, c. 2, D. Lgs. n. 25/2008 espressamente prevede che “la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori 30 giorni”, tale termine non è prorogabile, dovendo (e potendo) l’Amministrazione esaurire la relativa procedura in tale lasso temporale.
Come nel caso della richiesta di protezione anteriore al trattenimento, anche in questa ipotesi all’inutile decorso del termine per l’impugnazione succede una nuova espulsione prefettizia, cui può seguire un trattenimento previa richiesta e convalida giudiziaria nelle 96 ore dall’adozione del provvedimento.
Nel caso in cui invece lo straniero avanzi ricorso, si applicano le stesse norme sopra richiamate (accoglimento della sospensiva: rilascio del permesso e dimissioni dal Cie; rigetto della sospensiva: nuova espulsione ed eventuale trattenimento post convalida ad hoc), sempre tenendo fermo il limite massimo dei 90 giorni di trattenimento da “espellendo”.
La circostanza obiettiva per cui difficilmente l’esame prioritario, e le decisioni sull’eventuale impugnazione, possano concludersi nel breve volgere di 90 ( più eventualmente 30gg.), costituisce difficoltà di mero fatto, inidonea a modificare il nuovo assetto ordinamentale in materia di trattenimento, soggetto solo alla riserva di legge.
5 ter) Le nuove disposizioni ed il trattenimento del cittadino dell’UE o del suo familiare
Il trattenimento del cittadino dell’Unione e del suo familiare ( nozione definita all’art. 2, lett. b), D.Lgs. 30/2007) è consentito solo per l’effettuazione dell’udienza di convalida dell’accompagnamento e per l’esecuzione dello stesso.
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Infatti, l’art. 20, co. 11, D. Lgs. n. 30/2007 prescrive che “il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 della stessa norma (motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza, altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza) è immediatamente eseguito dal questore qualora si ravvisi, caso per caso, l’urgenza dell’allontanamento perché l’ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”. Esclusivamente in tali casi “si applicano le disposizioni di cui all’art. 13, c. 5 bis, D.Lgs. 286/98”. Tale ultima disposizione disciplina, com’è noto, la celebrazione dell’udienza di convalida dell’accompagnamento immediato alla frontiera. Poiché l’art. 20 D.Lgs. 30/2007 in nessun modo richiama l’art. 14, D.Lgs. 286/98 (che disciplina il trattenimento e le sue proroghe), non è ammissibile un trattenimento prolungato presso il CIE del cittadino comunitario ( e del suo familiare) e, quindi, non può essere concessa la proroga del trattenimento. Questa previsione si applica anche al coniuge straniero di cittadino italiano, posto che, ai sensi dell’art. 23, D.Lgs. 30/2007 “le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana”.
Tali conclusioni non mutano nemmeno con riguardo a quanto disciplinato dal comma 12 dell’art. 20, cit., inerente l’ipotesi in cui il destinatario dell’ordine di allontanamento si sia trattenuto nel territorio nazionale oltre il termine fissato dal prefetto ai sensi del comma 10 dello stesso articolo; né nelle ipotesi di violazione del divieto di reingresso di cui ai commi 14 ss della medesima norma.
In conclusione, le nuove previsioni sui termini e le condizioni del trattenimento non si applicano ai soggetti in questione per la semplice ragione che costoro non possono essere trattenuti se non per il tempo strettamente necessario per l’effettuazione della convalida dell’allontanamento, che deve esse eseguito immediatamente subito dopo il provvedimento giurisdizionale di convalida.
5 quater) Il limiti temporali del trattenimento dello straniero che sia stato detenuto in carcere per oltre 90 giorni
“Lo straniero che sia già stato detenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di novanta giorni indicato al periodo precedente, può essere trattenuto presso il centro per un periodo massimo di trenta giorni” , tanto prevede il novellato art. 14, co. 5, TU.
Norma di intuitiva ragionevolezza, la cui ratio consiste nell’evitare ulteriore restrizione della libertà personale nei confronti di chi ha già subito un periodo di detenzione idoneo a consentirne l’identificazione, con conseguente risparmio di risorse pubbliche, eppure foriera di dubbi interpretativi.
Infatti, se è pacifico che la norma faccia riferimento esclusivamente alla detenzione in carcere (o in stabilimenti per l’esecuzione di misure di sicurezza), con esclusione delle misure di custodia domiciliare o presso cliniche o comunità terapeutiche, e se è altrettanto pacifico che la norma non distingua tra custodia cautelare in carcere ed espiazione della pena detentiva (che sono ritenute equivalenti), cionondimeno non si chiarisce a quando debba temporalmente risalire il periodo di detenzione rispetto al trattenimento. E’ infatti ovvio che una persona possa essere stata detenuta per lunghi periodi di tempo, però risalenti rispetto all’adozione del provvedimento di allontanamento ed alla emanazione del decreto di trattenimento: si pone dunque il problema se vi possano essere dei limiti temporali oltre i quali la pregressa detenzione possa essere ritenuta ininfluente ai fini che qui rilevano, posto che la norma non prevede affatto che vi sia una contiguità temporale tra detenzione in carcere e trattenimento. Se non vi è soluzione di continuità tra detenzione e trattenimento non sorgano questioni interpretative. Invece, se, come spesso accade, la stessa persona è stata detenuta più volte e il trattenimento viene disposto da una condizione di libertà, il periodo di detenzione sofferto, rileva o meno ai fini del computo in questione? A ciò si aggiunga che la riforma non prevede affatto che i 90 gg. di detenzione in strutture carcerarie siano continuativi.
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E’ quindi palese la pessima tecnica legislativa utilizzata, frutto di un emendamento ottimo negli intenti quanto scadente qualitativamente.
Il testo normativo prosegue sulla falsariga di quanto già previsto all’art. 16, co. 5 bis, TU, come emendato con il D.L.146/2013, convertito nella Legge 21.2.2014, n. 10, imponendo prescrizioni utili alla identificazione in carcere degli stranieri “ a qualsiasi titolo detenuti”. Il che, tuttavia, non pare di ausilio per la soluzione della questione proposta, quantomeno in relazione ai condannati in via definitiva.
Si impone pertanto la ricerca di una soluzione ermeneutica ragionevole, partendo dal presupposto che lo spirito della legge è quello di evitare il trattenimento ove l’identificazione dello straniero (che ne costituisce il presupposto) potesse esser effettuata già durante la detenzione in carcere. Occorre dunque individuare il momento in cui è sorto normativamente l’obbligo giuridico di provvedere all’identificazione in carcere ai successivi fini espulsivi. In verità tale obbligo è sorto con l’entrata in vigore della legge 189/2002, che ha introdotto il comma 2 bis nel testo dell’art. 15 TU, a mente del quale “ Della emissione del provvedimento di custodia cautelare in carcere o della definitiva sentenza di condanna nei confronti uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare procedura di identificazione dello straniero e consentire ….l’esecuzione dell’espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione”, norma di chiarezza cristallina che non lascia spazio a dubbi interpretativi, sicché deve ritenersi che ogni periodo di detenzione in carcere a qualsiasi titolo superiore a 90 gg., successivo alla data di entrata in vigore della L. 189/2002 – 10.9.2002 -, deve computarsi ai fini del successivo trattenimento.
Si deve comunque osservare l’irrazionalità della previsione di un termine rigido di 90 gg. di detenzione quale presupposto per un successivo trattenimento di non più di 30 gg.: qualora uno straniero fosse stato detenuto per 89 giorni potrà comunque essere trattenuto per più periodi fino a successivi 90 gg.; qualora invece fosse stato detenuto per 91 gg. il suo trattenimento potrà durare non più di ulteriori 30 gg.
Resta da affrontare un ultimo quesito di carattere procedurale: l’individuazione dell’autorità – giudiziaria o amministrativa – cui il trattenuto o il suo difensore possano rivolgersi al fine di porre termine al trattenimento, decorsi 30 gg.
Tale aspetto rivela una vistosa lacuna, che conferma il perdurante disinteresse del legislatore a disciplinare una procedura sulla giurisdizione del trattenimento e le sue garanzie.
Nel sistema attuale, non esiste un vero “giudice del trattenimento” a cui lo straniero trattenuto possa rivolgersi, perché non è previsto il riesame del trattenimento; infatti dominus del trattenimento è il questore che lo dispone all’inizio, lo esegue e ne pone fine, o con l’esecuzione del titolo ablativo, o con la dimissione del trattenuto nei casi di incompatibilità o per decorrenza dei termini, ovvero nei casi di diniego di convalida e proroga. Il ruolo del giudice si esaurisce con la convalida e con la proroga, ma solo e sempre su iniziativa della P.A.: nessuna norma del TU prevede la possibilità di attivazione del giudice da parte del trattenuto, salvo che in sede di ricorso avverso il provvedimento ablativo.
Perciò sarà in sede di giudizio sulla richiesta di proroga del trattenimento che l’interessato o il suo difensore potranno opporre, documentandola, la pregressa detenzione in carcere per oltre 90 gg., senza tuttavia alcuna disciplina procedurale dell’udienza di proroga e con la sola possibilità di ricorso per cassazione in caso di concessione della proroga. Peraltro in mancanza del giudice del trattenimento ci si rivolgerà con istanza volta alla revoca della misura o al giudice che aveva convalidato o prorogato o alla questura.
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ASGI – LE MODIFICHE AD ESPULSIONI E TRATTENIMENTI INSERITE DALLA LEGGE N. 161/2014
6) La sorte degli inespellibili di fatto
La Corte di giustizia dell’U.E. – terza sezione – con la sentenza 5.6.2014 resa nella causa C- 146/14 PPU Bashir Mohamed Ali Madhi si è pronunciata – tra l’altro – sulla questione attinente all’interpretazione dell’art. 15 Direttiva 2008/115/CE circa la sussistenza di un obbligo – per lo Stato membro – di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo che conferisca il diritto di soggiorno al cittadino di Paese terzo, privo di documenti d’identità, dopo il suo rilascio dal Centro di detenzione a causa dell’insussistenza di una ragionevole prospettiva di allontanamento.
In tale contesto la Corte ha affermato che la direttiva 2008/115 non disciplina le condizioni di soggiorno, nemmeno per l’ipotesi in esame, precisando che l’art. 6, § 4, fa salva la possibilità, per gli Stati membri, di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura, mentre il considerando 12 si limita a prevedere l’obbligo di rilasciare una conferma scritta della situazione in cui versano i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare e che non possano essere soggetti ad allontanamento. Quindi, a parte tale obbligo, residua agli Stati membri un’ampia discrezionalità circa la condizione giuridica delle persone “inespellibili di fatto”.
E’ in conseguenza di tale pronuncia che, con la riforma in commento, è stata inserita nel comma 5 bis dell’art. 14 TU la previsione per cui l’ordine di allontanamento del questore è disposto se “dalle circostanze concrete non emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza”.
La soluzione adottata dall’Italia è dunque quella di devolvere allo straniero la sua espulsione anche nei casi in cui non vi sia alcuna ragionevole prospettiva – accertata dalla PA – di essere accolto nello Stato di origine o di provenienza, sotto comminatoria di sanzione penale e di nuova espulsione ex art. 14. co. 5 ter TU. Soluzione a dir poco pilatesca ed inutile, posto che già dalle premesse applicative appare palese la sussistenza del giustificato motivo: ad impossibilia nemo tenetur .
Peraltro, la nuova norma appare rilevante anche ai fini della determinazione dei requisiti per il trattenimento, poiché l’ordine di rimpatrio è applicabile solo quando lo straniero non possa essere più trattenuto in un centro, il che equivale ad affermare, come prevede in modo esplicito la direttiva UE sui rimpatri, che in tale ipotesi debba essere immediatamente posto fine al trattenimento: è perciò ipotizzabile che in tutte le circostanze concrete in cui non emerga più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza, tale norma impone al questore di non richiedere la proroga del trattenimento o di revocare subito il trattenimento e di sostituirlo con l’ordine e impone al giudice di pace di rigettare una eventuale richiesta di proroga del trattenimento.
7) I nuovi periodi di durata dell’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena pecuniaria
Infine, la legge in esame rivede i termini di durata delle espulsioni disposte in conseguenza di condanna per i reati di cui agli artt. 10 bis; 14, co. 5 ter e 5 quater, a titolo di sanzione sostitutiva : da un minimo di 3 ad un massimo di 5 anni, fermo restando il termine quinquennale per le altre diverse ipotesi di reato.
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APPENDICE
Sintesi dei profili di illegittimità costituzionale inerenti il trattenimento nei C.I.E.
Pare opportuno questa sede ricordare in sintesi i perduranti profili di illegittimità delle norme vigenti in materia di respingimenti, espulsioni, allontanamenti e trattenimenti. Infatti tali profili rendono rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale che potrebbero essere poste durante qualsiasi giudizio sui ricorsi contro le espulsioni amministrative o sulle convalide o sulle proroghe dei trattenimenti degli stranieri espulsi o respinti, perché tali vizi rendono costituzionalmente illegittima la disciplina di TUTTI i provvedimenti di trattenimento anche dopo la riforma.
In proposito recentemente la Cassazione, (VI sez. civ. sia nella sent. n. 17407/2014 sia nell’ordinanza n. 12609 del 05/06/2014) ha affermato che il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di convalida del trattenimento non deve essere limitato alla verifica delle condizioni giustificative dell’adozione della misura indicate nel D. Lgs. n. 286/1998, all’art. 13, comma 4 bis e all’art. 14, comma 1, ma deve essere esteso oltre che all’esistenza ed efficacia del provvedimento espulsivo anche alla verifica della sussistenza di condizioni di manifesta illegittimità del medesimo, in quanto indefettibile presupposto della disposta privazione della libertà personale (Cass. Sez. VI civ., sent. n. 17407 del 11.07.2014) e che perciò il giudice, in sede di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da provvedimento di espulsione, pur non potendo sindacare la legittimità di tutti i provvedimenti amministrativi di espulsione deve comunque – alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14 del d.lgs. n. 286/ 1998 in relazione all’art. 5, § 1, della CEDU (che consente la detenzione di una persona a fini di espulsione a condizione che la procedura sia regolare) – rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità originaria del provvedimento di espulsione, consistente nell’aver l’Amministrazione agito al di fuori della propria competenza ovvero in mala fede (Cass. Sez. VI civ., ord. n. 12609 del 5.6.2014).
E’ perciò evidente che le seguenti questioni di legittimità costituzionale possono essere sollevate in ogni giudizio di convalida o di proroga del trattenimento sia sulla disciplina legislativa del trattenimento, sia sulla disciplina legislativa del provvedimento amministrativo di espulsione o di respingimento che sono il presupposto del trattenimento da convalidare o da prorogare :
1) il respingimento disposto dal Questore nei confronti dello straniero che si trova sul territorio italiano al di fuori dei valichi di frontiera (art. 10, comma 2 d. lgs. n. 286/1998) viola l’art. 13 Cost. perché è disposto in casi indicati dalla legge in modo non tassativo ed è eseguito con accompagnamento immediato alla frontiera e dunque è misura coercitiva disposta in via ordinaria dall’autorità di pubblica sicurezza senza neppure alcun controllo dell’autorità giudiziaria;
2) uno dei presupposti dei provvedimenti amministrativi di espulsione disposto dal Prefetto (art. 13, comma 2 d. lgs. n. 286/1998) è la revoca del permesso di soggiorno, la quale però è provvedimento disposto dal Questore in tutti i casi (e non solo allorché vi siano motivati pericoli per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale) (art. 5, comma 5 d. lgs. n. 286/1998), senza che sia preventivamente consentito di difendersi allo straniero che era regolarmente soggiornante, come invece impone l’art. 1 del protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificato e reso esecutivo in Italia dalla legge 9 aprile 1990, n. 98;
3) il provvedimento amministrativo di espulsione è eseguito con accompagnamento alla frontiera in un numero così elevato e generale di ipotesi (art. 13, comma 4 d. lgs. n. 286/1998) che si rende di fatto del tutto residuale la modalità di esecuzione del provvedimento espulsivo con la concessione all’espulso di un termine per un rimpatrio volontario, che invece la Direttiva UE prevede come modalità ordinaria;
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ASGI – LE MODIFICHE AD ESPULSIONI E TRATTENIMENTI INSERITE DALLA LEGGE N. 161/2014
4) il provvedimento amministrativo di espulsione è disposto dal solo Prefetto e in via ordinaria è eseguito con accompagnamento alla frontiera: si tratta di misura limitativa della libertà personale che in via ordinaria è disposta dall’autorità di pubblica sicurezza, il che però viola la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. che attribuisce tali provvedimenti al solo giudice e soltanto in casi eccezionali (non in casi ordinari) lo consente all’autorità di pubblica sicurezza;
5) analogamente anche il provvedimento di accompagnamento alla frontiera è disposto dal solo Questore, che ne deve chiedere la convalida al giudice di pace nelle successive 48+48 ore (art. 13, comma 5-bis d. lgs. n. 286/1998), il che viola la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. che attribuisce tali provvedimenti al solo giudice e soltanto in casi eccezionali (non in casi ordinari) lo consente all’autorità di pubblica sicurezza;
6) le norme italiane non prevedono, come invece prevede la direttiva UE, casi e modi per sospendere l’adozione o l’esecuzione dell’allontanamento alla frontiera;
7) la legge italiana non prevede affatto, come invece prevede la direttiva UE, che il trattenimento sia adottabile soltanto nei casi in cui non vi siano in concreto misure diverse e alternative meno coercitive per consentire comunque l’accompagnamento alla frontiera: l’ordinamento italiano al rovescio prevede come misura ordinaria il trattenimento, perché i presupposti delle misure alternative al trattenimento previste nell’art. 14, comma 1-bis d. lgs. n. 286/1998 (obbligo di dimora, consegna del passaporto, obbligo di presentazione alla forza pubblica) sono sostanzialmente così onerosi e difficili da verificarsi che in concreto sono difficilmente applicabili;
9) la legislazione italiana (art. 14 comma 1 d. lgs. n. 286/1998) prevede che il primo periodo di trattenimento è disposto con provvedimento adottato dal solo Questore, salva successiva convalida del giudice di pace, il che però viola la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost., perché il potere di disporre il trattenimento è dato in via ordinaria (e non in casi eccezionali) alla sola autorità di pubblica sicurezza invece che al giudice;
10) la legislazione italiana non prevede precise garanzie previste dalla direttiva: non consente al giudice di disporre una revisione del trattenimento anche prima del termine previsto per i successivi periodi di proroga, non prevede espressamente (malgrado alcune pronunce della Corte di Cassazione) che anche il giudizio sulla proroga avvenga nel contraddittorio tra le parti e consentendo allo straniero di essere sentito e difeso da un avvocato
11) i giudizi concernenti i provvedimenti espulsivi, di allontanamento e di trattenimento dei cittadini extracomunitari spettano ad un giudice onorario (il giudice di pace, peraltro sempre meno diffuso sul territorio nazionale), anziché ai magistrati ordinari di carriera (come invece è previsto per i provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell’UE e per i provvedimenti sui cittadini extracomunitari concernenti il diritto d’asilo e il diritto all’unità familiare) o al più ad un’apposita sezione specializzata del tribunale ordinario che potrebbe conoscere di tutti i provvedimenti concernenti gli stranieri e in più al giudice di pace la legge (art. 13, comma 5-ter d. lgs. n. 286/1998), in violazione dell’art. 110 Cost., fornisce l’ausilio non già delle strutture del Ministero della giustizia, bensì di quelle del Ministero dell’Interno;
12) le condizioni del trattamento degli stranieri trattenuti nei C.I.E. sono in piccola parte disciplinate dall’art. 14 d. lgs. n. 286/1998, mentre in gran parte sono disciplinate da norme non legislative, in violazione dell’art. 13 Cost. che prevede un riserva di legge assoluta sui “modi” di limitazione della libertà personale, sicché ogni trattenimento è costituzionalmente illegittimo, sia che sia disposto dall’origine, sia che sia prorogato, perché praticato in centri nei quali il trattamento delle persone è disciplinato da norme non legislative (per migliorare la situazione interna ai centri – le cui condizioni igienico-sanitarie e di accoglienza spesso rasentano la violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dall’art. 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo – occorrono nuove norme legislative e non norme regolamentari o direttive ministeriali o bandi per le prestazioni che devono assicurare gli enti gestori dei C.I.E.)”(fonte:asgi.it)

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