Medu: arriva il rapporto sui Centri di identificazione ed espulsione

ciemedici
Pubblichiamo un articolo molto interessante sui CIE italiani dei quali non solo il MEDU ma anche Unità Democratica Giudici di Pace Onorari ne chiede la chiusura ed in particolare UDgdpo ha chiesto al Ministro della Giustizia Orlando , nell’ultimo incontro, di destinare i fondi relativi al mantenimento dei CIE soppressi a favore dei giudici onorari di pace ed alla relativa riforma imminente…

“Arriva puntuale il rapporto dei Medici per i diritti umani sui Centri di identificazione ed espulsione (Cie).Un report che traccia la situazione dell’attuale sistema mettendo in evidenza luci ed ombre.
Cosi ecco che Medu evidenzia: La riduzione dei tempi di permanenza nei Cie è una “positiva inversione di tendenza” ma tali provvedimenti risultano comunque “insufficienti a superare l’attuale sistema dei CIE che, al di là di ogni ragionevole dubbio, si è rivelato in sedici anni del tutto fallimentare sia dal punto di vista della tutela dei diritti umani sia nel contrasto dell’immigrazione irregolare”.

Sono in maggioranza tunisini e marocchini, i migranti rinchiusi nei Cie italiani. Mentre tra le donne la gran parte è costituite da nigeriane e da persone provenienti dall’Est Europa. Il Cie che ha ospitato il maggior numero di trattenuti è stato quello di Ponte Galeria, mentre i rimpatriati sono stati meno della metà dei reclusi.
Sono questi i principali dati dell’ultimo report sui Cie diffuso da Medu (Medici per i diritti umani), che completa così l’ultimo aggiornamento dei febbraio scorso.

Secondo il rapporto tra i 5.431 uomini reclusi nei dieci Cie operativi nel corso del 2013, i principali Paesi di provenienza sono stati la Tunisia (1.470), il Marocco (1.020), l’Albania (439), la Nigeria (371), l’Egitto (334), la Romania (314) e l’Algeria (314). Tra le 585 donne trattenute nei centri di Roma-Ponte Galeria, Torino e Bologna, le nazionalità più frequenti sono state la nigeriana (207), la rumena (81), la cinese (51), l’albanese (48) e l’ucraina (43). Mentre il tasso di migranti effettivamente rimpatriati sul totale dei trattenuti è stato del 45,7 per cento, risultando fortemente disomogeneo tra le varie nazionalità: tra i dieci principali Paesi di provenienza si passa dal 28 per cento dell’Algeria all’80 per cento dell’Albania. Inoltre, sottolinea Medu, tra i dieci Cie attivi nel corso del 2013, Ponte Galeria a Roma è stata la struttura che ha ospitato il maggior numero di trattenuti (1.287), seguita da Trapani Milo (1.166) che è anche risultato il centro più inefficace ai fini delle espulsioni con il 17 per cento di stranieri effettivamente rimpatriati e il 60 per cento di reclusi che si sono allontanati dalla struttura. Nel rapporto si ricorda che sul fronte legislativo, nell’ambito del disegno di legge europea 2013 bis, il Senato ha approvato lo scorso 17 settembre la riduzione del tempo massimo di trattenimento all’interno dei Cie da 18 mesi a 90 giorni. Un’ulteriore modifica prevista all’interno dello stesso provvedimento limita a trenta giorni il tempo massimo di trattenimento nel caso in cui lo straniero sia stato in precedenza detenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari ad almeno tre mesi, dal momento che si presuppone che l’identificazione debba avvenire già durante l’espiazione della pena. Il testo dovrà ora tornare al vaglio della Camera per l’approvazione definitiva. “Occorre sottolineare che queste misure rappresentano senz’altro una positiva inversione di tendenza rispetto a un lungo periodo che ha visto, prima, prevalere le strategie di governo volte a potenziare l’apparato dei Cie e a prolungare in modo irragionevole i tempi di trattenimento, poi, una sostanziale immobilità politica di fronte alle drammatiche criticità che emergevano dai centri sparsi in tutta Italia – sottolinea Medu – D’altro canto tali provvedimenti risultano comunque insufficienti a superare l’attuale sistema dei Cie che, al di là di ogni ragionevole dubbio, si è rivelato in sedici anni del tutto fallimentare sia dal punto di vista della tutela dei diritti umani sia nel contrasto dell’immigrazione irregolare”.

Secondo Medici per i diritti umani, dunque, la riduzione dei tempi massimi di trattenimento, pur rappresentando “un’evidente misura di buon senso rispetto al precedente limite di diciotto mesi, il quale negli ultimi tra anni ha avuto come unico effetto il grave peggioramento delle condizioni di vita all’interno dei centri senza incrementare in alcun modo l’efficacia delle espulsioni”, riporta sostanzialmente la situazione dei Cie al 2009 quando il limite per la detenzione amministrativa era fissato a 60 giorni. Inoltre – sottolinea ancora Medu – “i cinque Cie attualmente operativi, al pari degli altri temporaneamente chiusi, risultano del tutto inadeguati, sia dal punto di vista strutturale che funzionale, a garantire la dignità e i diritti fondamentali degli stranieri trattenuti”. Medici per i diritti umani torna pertanto a chiedere sia la chiusura definitiva di tali strutture sia la riduzione a misura di extrema ratio del trattenimento dello straniero ai fini del suo rimpatrio come stabilito dalla Direttiva rimpatri dell’Unione europea. “Nel 2014 la macchina della detenzione amministrativa sembra aver raggiunto la parabola più bassa della sua storia – si legge nel rapporto – la consistente diminuzione del numero dei trattenuti, il dimezzamento dei centri, la drastica riduzione dei tempi di trattenimento paiono indicare un’implicita presa d’atto del fallimento dei Cie anche da parte dei decisori politici. Per contro, il potenziamento di misure come il rimpatrio volontario assistito indicano come sia possibile oggi nel nostro Paese recepire non solo la forma ma anche lo spirito della Direttiva rimpatri prevedendo il ritorno volontario ed altre misure non coercitive come la regola e il trattenimento come l’eccezione. E’ dunque necessario che il Governo disegni oggi una chiara e coerente strategia volta al superamento del sistema dei Cie nell’ambito di una profonda riforma dell’attuale legge sull’immigrazione. Sarebbe un passo di civiltà importante ed anche un esempio, forse, per altri Paesi europei”.(fonte:immezcla.it)

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