PCT obbligatorio: in Gazzetta il D.L. 25 giugno 2014 n. 90

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Dal sito di magistratura democratica pubblichiamo un interessante articolo sul PCT obbligatorio.

“Una prima analisi delle norme che interessano il processo telematico
Come ampiamente previsto su questa rivista e preannunciato dal Ministro della Giustizia, sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 25 giugno è stato pubblicato il decreto-legge che conferma l’entrata in vigore della normativa sull’obbligatorietà del PCT, rimodulandone la tempistica, e apporta alcune novità procedurali e organizzative di assoluto rilievo.

Analizziamo in prima lettura le norme che interessano più da vicino il processo telematico.

art. 44: “Obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali”

L’art. 44 del d.l. 90 apporta modifiche all’art. 16 bis decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sancendo che:

1) nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale (c. 1), nei processi esecutivi dopo il deposito dell’atto con cui si inizia l’esecuzione (c. 2), nelle procedure concorsuali (ma solo per gli ausiliari del giudice – c. 3), gli atti e i documenti delle parti e degli ausiliari del giudice debbono depositarsi esclusivamente con modalità telematiche: a. da subito, per i procedimenti iniziati dopo il 30 giugno 2014; b. per tutti gli altri procedimenti, a decorrere dal 31 dicembre 2014.

2) a decorrere dal 30 giugno 2015, anche nei procedimenti civili e di volontaria giurisdizione presso le Corti d’Appello, gli atti e i documenti delle parti e degli ausiliari del giudice debbono depositarsi esclusivamente con modalità telematiche (nuovo art. 16-bis c. 9-ter).

3) è possibile, mediante decreto del Ministero della Giustizia (sentiti Avvocatura generale dello Stato, Consiglio nazionale forense e consigli dell’ordine degli avvocati interessati), anticipare l’obbligatorietà del deposito telematico, sia per il tribunale (per i vecchi procedimenti, prima del 31.12.2014), sia per la Corte d’Appello (“nei procedimenti civili iniziati prima del 30 giugno 2015”).

La norma riferita alla Corte d’Appello pone, a mio avviso, un problema interpretativo, in quanto sembrerebbe mettere in dubbio l’estensione a tutti i processi pendenti dell’obbligatorietà dei depositi endoprocessuali alla data del 30 giugno 2015, potendosi ipotizzare una distinzione tra procedimenti iniziati prima e dopo tale data: in realtà, tale distinzione non è rinvenibile dalla prima parte del comma 9-ter sopra citato e riterrei, quindi, che, al 30 giugno 2015, i depositi dovranno essere telematici per tutti i procedimenti pendenti in Corte (sempre limitatamente agli atti endoprocessuali).

4) I commi 1, 2 e 3 del d.l. 179/12 non sono stati modificati, con la conseguenza che l’obbligatorietà, nel procedimenti contenziosi e di volontaria giurisdizione, riguarda (e riguarderà) solo gli atti successivi alla costituzione in giudizio (e non, dunque, atto introduttivo del giudizio e comparsa di costituzione).

5) Per quanto riguarda il Tribunale, fin dal 30 giugno 2014, gli atti processuali ed i documenti (ma sempre solo quelli che poi saranno obbligatoriamente telematici, con esclusione – quindi – dell’atto introduttivo e della comparsa di costituzione) possono essere depositati con modalità telematiche e in tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.

La norma è di portata epocale, in quanto, per tutti i procedimenti, elimina (anche se solo per tali tipologie di atti) la possibilità dei singoli tribunali di scegliere se accettare o meno i depositi telematici da parte degli esterni ed elimina, dunque, la necessità di richiedere, allo scopo, il decreto ministeriale di autorizzazione ex art. 35 d.m. 44/2011. Tutti gli avvocati e tutti gli ausiliari, pertanto, potranno depositare gli atti endoprocessuali (e gli atti del processo esecutivo e delle procedure concorsuali) in qualunque tribunale d’Italia.

La norma, però, (a meno che, in sede di conversione – come riterrei auspicabile – non si tolga il riferimento ai “casi previsti dai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179”) non pare poter trovare applicazione per gli atti introduttivi del giudizio, per la comparsa di costituzione e per i depositi in Corte d’Appello.

Operando in un tribunale che da più di un anno è autorizzato ad accettare i depositi telematici anche degli atti introduttivi e delle comparse di costituzione, non credo che la limitazione normativa trovi giustificazione in ragioni tecniche o organizzative: il deposito esterno di atti introduttivi e comparse di costituzione non pare creare problemi particolari, né alla cancelleria, né al giudice e, anzi, consente di avere a disposizione nel fascicolo informatico tutti gli atti e i documenti di causa.

Qualche problema potrebbe sorgere per il deposito telematico dell’atto di citazione, che, se notificato nelle forme tradizionali, non potrebbe essere redatto e depositato telematicamente insieme alla nota di iscrizione al ruolo. In realtà, il problema non si pone per gli atti di citazione notificati dagli avvocati a mezzo PEC, che possono certamente essere formati come atti nativamente telematici e depositati in PCT insieme alla nota di iscrizione al ruolo e alla notifica a mezzo PEC. Per tutti gli altri, si potrebbe pensare ad un’iscrizione a ruolo telematica, mediante deposito della nota di iscrizione e della “velina”, costituita dalla copia scansionata dell’originale cartaceo dell’atto di citazione, da prodursi, come avviene oggi, alla prima udienza.

6) Nulla cambia in materia di procedimento per decreto ingiuntivo, che, dunque, sarà tutto obbligatoriamente e completamente telematico, dal ricorso al deposito di istanze e di integrazioni documentali, al provvedimento del giudice (unico caso di provvedimento del giudice obbligatoriamente telematico), alla richiesta e al rilascio dell’esecutorietà.

7) L’obbligatorietà, però, non si applica ai “dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente”, i quali potranno continuare a depositare in cartaceo.

Art. 52: “Poteri di autentica dei difensori e degli ausiliari del giudice”

Con una norma del tutto innovativa, che finalmente sfrutta le grandi potenzialità del PCT, superando principi che sembravano immodificabili, il legislatore sancisce che le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere e che il difensore e gli ausiliari del giudice possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui sopra ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico, copie autentiche che avranno la stessa efficacia dell’originale.

Il cancelliere, pertanto, perde il monopolio della possibilità di attestare la conformità all’originale delle copie degli atti processuali e dei provvedimenti del giudice, con evidente recupero di risorse da impiegare in altre attività.

D’altra parte, gli avvocati potranno fare a meno di recarsi in cancelleria e di sottoporsi ad attese a volte estenuanti, potendo estrarre comodamente dal proprio studio le copie autentiche per, ad esempio, notificare alle controparti il ricorso-decreto di fissazione udienza o il verbale di ammissione dell’interrogatorio formale per il contumace.

Importante, sul punto, è l’abolizione del diritto di copia, sia per le copie semplici, sia per le copie autentiche (la copertura finanziaria è stata, però, rinvenuta aumentando ulteriormente il contributo unificato).

Art. 45: “Modifiche al codice di procedura civile in materia di contenuto e di sottoscrizione del processo verbale e di comunicazione della sentenza”.

Oltre a sancire che il cancelliere deve ora comunicare all’esito del giudizio la sentenza in forma integrale, invece del solo dispositivo, la norma interviene per cercare di risolvere il problema della impossibilità tecnica per i testimoni e per le parti intervenute in udienza di sottoscrivere il verbale formato telematicamente.

Allo scopo, è stato riscritto il secondo comma dell’art. 126 c.p.c., in tema di contenuto del processo verbale (“Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale”), sopprimendo, così, ogni riferimento alla sottoscrizione da parte delle parti intervenute e alla possibilità che esse non possano o non vogliano sottoscrivere; e sono state eliminate dall’art. 207 c.p.c. le parole “che le sottoscrive”, di tal che, dell’assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice e le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante, senza che egli le debba sottoscrivere.

Non è stato, però, modificato l’art. 88 disp. att. c.p.c., in tema di verbale di conciliazione, che continua a prevedere che “La convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione davanti al giudice istruttore è raccolta in separato processo verbale, sottoscritto dalle parti stesse, dal giudice e dal cancelliere”. Non sarà possibile, pertanto, redigere un verbale di conciliazione interamente telematico.

La norma, se vale senz’altro a risolvere i problemi pratici di redazione del verbale telematico quando all’udienza partecipano testi o parti, ripropone ed attualizza il cronico problema della carenza di personale amministrativo che possa assistere il giudice in udienza.

Il legislatore del d.l. 90, pur senz’altro consapevole del fatto che le udienze civili si svolgono, per lo più, in assenza del cancelliere – e dunque in palese violazione degli artt. 126 e 207 c.p.c. – ribadisce (riscrivendo il secondo comma dell’art. 126 c.p.c. e non limitandosi a espungere le parole in eccesso) la centralità del ruolo del cancelliere nella redazione, lettura e sottoscrizione del processo verbale dell’udienza, che oggi non viene neppure più sottoscritto dalle parti per conferma delle dichiarazioni rese (circostanza che rende ancora più opportuno il rispetto rigoroso delle formalità prescritte dalla legge).

Come ricordato anche dal CSM (risposta a quesito del 14 febbraio 2007), l’attività di supplenza del magistrato che redige il verbale in prima persona “non può in alcun modo alterare la disciplina del riparto di competenze tra giudice e cancelliere e non costituire una fonte integrativa dei doveri di ufficio incombenti al magistrato. Né tale portata può avere l’orientamento della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui la presenza del cancelliere in udienza e la redazione da parte dello stesso del processo verbale non costituiscono adempimenti imposti a pena di nullità dell’udienza e degli atti nel corso della stessa compiuti”, Nell’esprimere tale posizione, il Consiglio fa leva proprio sulla circostanza che il legislatore non ha mai modificato (e oggi addirittura ha ribadito) la previsione “circa la presenza obbligatoria del cancelliere in udienza, ritenendola evidentemente un ausilio necessario al buon funzionamento del processo”.

La norma in commento, peraltro, si inserisce all’interno di altre norme del decreto legge 90/14 volte a riorganizzare profondamente il ruolo delle cancellerie: si pensi alla norma che prevede la costituzione di “strutture organizzative denominate «ufficio per il processo», mediante l’impiego”, in primis, del personale di cancelleria e poi dei tirocinanti, dei giudici ausiliari e dei giudici onorari, “al fine di garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (art. 50); alla norma che riduce l’orario di apertura al pubblico delle cancellerie a tre ore giornaliere (art. 51) e soprattutto alla norma che permette agli avvocati e agli ausiliari del giudice di estrarre ed autenticare copia degli atti e dei provvedimenti presenti nel fascicolo informatico (art. 52), che consentiranno di liberare energie lavorative del personale di cancelleria e renderanno meno ardua l’organizzazione di servizi di “assistenza all’esercizio delle funzioni giurisdizionali”, come più volte richiesto dal CSM.

In conclusione, meritano una segnalazione:

• l’art. 46 che, modificando la l. 53/1994, chiarisce definitivamente che “la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata” ed elimina, per la notifica a mezzo PEC, la necessità degli avvocati di ottenere specifica autorizzazione dal proprio Consiglio dell’Ordine e l’obbligo di apporre la marca;

• l’art. 48 (la cui efficacia è, con tecnica assai discutibile, differita al 30° giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione) che prescrive che le operazioni di vendita nelle esecuzioni mobiliari (art. 530 c.p.c.) avvengano con modalità telematiche “salvo che le stesse siano pregiudizievoli per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura”;

• l’art. 51 c. 2 che, come preannunciato, sancisce (abrogando implicitamente l’art. 13 d.m. 44/2011, che prevedeva che “il deposito telematico successivo alle ore 14 si intende effettuato il giorno successivo”) che il deposito telematico “è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile”.

La stessa norma, inoltre, recepisce la prassi, assai diffusa nei protocolli dei vari uffici, secondo cui, quando gli atti ed i documenti da depositare superano la dimensione massima consentita dalla PEC (attualmente 30 Mb) “il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata”, purché entro la fine del giorno di scadenza. In proposito appare assai opportuno che i documenti siano numerati e contengano nel nome una descrizione sintetica del loro contenuto (es. “01 – estratto autentico scritture contabili.pdf”) e che il primo messaggio PEC contenga un indice di tutti i documenti che si andranno a depositare anche con i messaggi successivi;

• l’art. 52 c. 1 lett. b) che introduce l’art. 16-sexies del d.l. 179/2012 e generalizza la notifica a mezzo PEC al difensore (agli indirizzi risultanti dai registri REGINDE e INIPEC), sancendo che la notifica presso la cancelleria (ovviamente nei casi in cui è prevista) è ammessa, in via del tutto residuale, solo quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notifica presso l’indirizzo PEC.” di Gianmarco Marinai
Referente informatico distrettuale Corte d’Appello di Firenze
(fonte: Questione Giustizia, magistraturademocratica.it)

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